10
signora che, nel racconto "L'avventura di una bagnante", ha perso il pezzo di sotto del suo bikini ed
è costretta a rimanere in acqua per ore e ore perché non ha il coraggio di risalire sulla spiaggia in
quell'abbigliamento sconveniente.
Ma il racconto che a me piace più di tutti è uno dei racconti "scientifici" della raccolta Ti con zero
(1967), il racconto intitolato "Il sangue, il mare", ispirato a Calvino dalla tesi per cui il nostro
sangue ha la stessa composizione chimica del mare delle origini, quello in cui nuotavano i primi
organismi cellulari.
In fondo non è che sia cambiato molto: nuoto, continuo a nuotare nello stesso
caldo mare [dice il narratore dal nome impronunciabile, Qfwfq, l'uomo che c'è
sempre stato, il testimone senza tempo ] ossia non è cambiato il dentro, quello
che prima era il fuori in cui nuotavo, sotto il sole, e in cui nuoto, nel buio,
anche adesso che sta dentro: quel che è cambiato è il fuori, il fuori di adesso
che prima era il dentro di prima [...]
e così ora [...]. nel momento in cui ho posato una mano[...] sul suo ginocchio, o
è stata lei che ha cominciato a toccarmi, non ricordo, tanto i fatti di fuori
tendono a confondersi, quello che ho sentito, dico la sensazione che veniva dal
di fuori, era davvero una povera cosa, in confronto a quello che mi passava per
il sangue e che avevo sentito fin da allora, dal tempo che nuotavamo insieme
nello stesso oceano torrido e fiammeggiante, Zylphia e io. (Italo Calvino, "Il
sangue, il mare".)
E con questo siamo davvero arrivati al termine di un viaggio: il mare dentro di noi è lo stesso mare
che crediamo di guardare dall'esterno. Lucrezio non può starsene al sicuro sulla costa, perché il
navigante che si dibatte nella tempesta sotto i suoi occhi è lui stesso. E dunque non gli resta che
affidarsi fiducioso alla sua Venere genitrice, all'acqua come elemento femminile eterno, in cui
perdere ogni percezione di sé come essere finito e limitato. Perdersi per potersi ritrovare nell'altro
da sé. Per poter concludere come fece Leopardi, in uno dei versi più felici e più amati della
tradizione letteraria italiana:
"e il naufragar m'è dolce in questo mare". 1 2 3 4 5 6 7 8 9 |