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È dunque a Iside Pelagia che ci affideremo per cominciare il nostro viaggio: un viaggio che sarà
piuttosto un andirivieni su e giù per il tempo, come in un moto ondoso.
In principio c'è l'Odissea, il poema greco sulle avventure di un uomo "che molto viaggiò", l'astuto
Ulisse, che, reduce dalla guerra di Troia, viene trascinato per anni da un punto all'altro del
Mediterraneo mentre tutto quello che vorrebbe (a sentir lui) è tornarsene a Itaca da sua moglie
Penelope. Archetipo di tutti i romanzi d'avventura e di tutte le storie di mare, l'Odissea è un'opera
letteraria che ha creato figure potentemente mitiche, capaci in quanto tali di continuare a vivere non
solo in altre opere ma nella realtà stessa. Andate oggi nel sud dell'Italia e troverete coste, spiagge e
alberghi intitolati alle Sirene, la maga Circe, la ninfa Calipso, i Ciclopi, lo stesso Ulisse, con le
guide turistiche pronte a giurare che è proprio quella la località dove lui si è fermato... dove lei lo ha
incantato...
Tra le tante letture possibili dell'Odissea, infatti, le due letture più popolari si potrebbero etichettare,
semplificando, come "Ulisse eroe della conoscenza" e "Ulisse marinaio con una donna in ogni
porto".
La prima la conoscono tutti gli italiani: è la lettura che ne fa Dante nella Divina Commedia, è
l'Ulisse titanico del ventiseiesimo canto dell'Inferno, quello che affronta l'ultimo viaggio oltre i
confini del mondo conosciuto, dicendo ai suoi compagni, e a tutti noi,
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza.
Questo Ulisse eroe della conoscenza - e quindi della scienza - ha avuto molto successo in epoca
moderna. La sua citazione più famosa, e più profondamente emozionante, è sicuramente quella che
ne ha fatto Primo Levi nel suo libro sui campi di sterminio nazisti, Se questo è un uomo. Qui il
Canto di Ulisse diventa una lezione di lingua italiana e contemporaneamente una lezione di umanità
all'interno di uno scenario disumano: nel breve tragitto per andare a prendere la zuppa nelle cucine
del campo, il prigioniero protagonista cerca di spiegare i versi del poeta a un altro prigioniero di
lingua francese:
... Ma misi me per l'alto mare aperto... Di questo sì, di questo sono sicuro, sono
in grado di spiegare a Pikolo, di distinguere perché "misi me" non è "je me
mis", è molto più forte e più audace, è un vincolo infranto, è scagliare se stessi
al di là di una barriera, noi conosciamo bene questo impulso. L'alto mare
aperto: Pikolo ha viaggiato per mare e sa cosa vuol dire, è quando l'orizzonte si
chiude su se stesso, libero diritto e semplice, e non c'è ormai che odore di mare:
dolci cose ferocemente lontane. (Se questo è un uomo, 1956)
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