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Mediterraneo. Il mare delle donne.
2007-10-26 18:12:37 cri     

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possibile, evitare, limitandosi a guardare da lontano le tempeste, restando sulla riva; come racconta

Lucrezio nel suo meraviglioso poema scientifico Sulla Natura:

È dolce, quando i venti sul grande mare sconvolgono le acque,

stare a guardare da terra i grandi tormenti di un altro,

non perché sia un piacere e un'allegria che qualcuno stia male,

ma perché constatare che in quei guai non sei tu è dolce.

(De rerum Natura, libro II)

È di qua, dalla letteratura grecoromana, che vorrei partire per il breve viaggio che faremo assieme,

un viaggio in alcuni dei modi in cui la letteratura italiana ha percepito il mare e ha cercato di

esprimerne il fascino: un fascino, diciamolo subito, ambiguo e pericoloso come l'amore tra gli

uomini e le donne.

La letteratura dell'antichità immagina il mare popolato di donne. Risiedono nelle isole, sulle coste,

ma anche nelle profondità stesse delle acque, come le ninfe marine, le Nereidi che accompagnano il

carro del dio del mare Poseidone; la superficie del Mediterraneo è piena di belle ragazze che

vengono rapite e trasportate altrove contro la loro volontà, come la bella Europa che nella mitologia

greca il dio Zeus sotto forma di toro rapisce in mezzo al mare; oppure vengono abbandonate

dall'amante su una spiaggia deserta, come Arianna a Nasso. La stessa dea dell'amore, la greca

Afrodite, Venere per gli antichi romani, nasce dalla schiuma del mare. Nel Rinascimento Botticelli

la dipinse come un'astrazione di bellezza perfetta, leggiadra, apparentemente innocua mentre

veleggia sul mare nella sua conchiglia spalancata, ma Venere nell'antichità era una grande dea

potente, temibile, una forza che non perdona chi osa opporle resistenza, l'istinto della sessualità che

travolge gli uomini come uno tsunami. Soltanto raramente in questa dea emergono gli aspetti più

gentili dell'amore: Lucrezio dedica il suo poema a Venere genitrice, forza produttiva della Natura,

senza la quale "nulla si compie di amabile e di gioioso", una dea che porta la primavera nei cuori e

convince alla pace anche il guerriero più sanguinario, insomma eccola qui la Venere di Botticelli, è

quella di Lucrezio, al cui arrivo "sorridono le distese del mare e il cielo placato risplende di luce

radiosa". E non è un caso che proprio nel secolo di Lucrezio, il I secolo avanti Cristo, si stesse

affermando nel Mediterraneo una nuova Grande Madre, l'egiziana Iside, la pacifica dea dell'affetto

coniugale, spesso rappresentata con il suo bambino in braccio. Ma Iside è anche rappresentata in

barca, o mentre impugna un timone: infatti tra i suoi molti aspetti aveva quello, importantissimo, di

protettrice della navigazione. All'inizio della primavera la festa di Iside Pelagia inaugurava la

stagione in cui ci si poteva mettere in viaggio con sicurezza. È durante questa festa che Lucio, il

protagonista del grande romanzo di Apuleio intitolato Le metamorfosi, o L'Asino d'oro, riesce

finalmente a tornare uomo dopo aver vissuto mille avventure sotto forma di asino.

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