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e l'aura le faceva lascivo assalto. (Orlando Furioso, canto VIII, 36)
Questa bella ragazza esposta a tutti i pericoli, la cui virtù è insidiata persino dalla forze della natura,
mi fa venire subito in mente uno dei racconti più movimentati - e più marittimi - della tradizione
novellistica italiana: facciamo un salto indietro nel tempo. Siamo nel Trecento, a metà della
Seconda Giornata del Decamerone di Boccaccio, e nella Novella Settima incontriamo la figlia del
sultano di Babilonia, "la più bella femmina che si vedesse in quei tempi nel mondo", la giovanissima
e innocente Alatiel. Promessa in sposa al re del Garbo (cioè del Marocco, all'altro capo del
Mediterraneo rispetto al Cairo dove suo padre regna), Alatiel vi viene mandata per nave, ma la
nave è sconquassata da una tempesta, i marinai si danno alla fuga abbandonando a bordo le donne,
che si ritrovano naufraghe e sole sulla spiaggia dell'isola di Maiorca. Dove Alatiel viene trovata dal
nobile Pericone che se ne innamora, se la porta a casa, la fa ubriacare e fa l'amore con lei. Ma anche
suo fratello Marato si innamora della bella, e ucciso il fratello se la porta via sulla nave di due
giovani genovesi, i quali però innamoratisi entrambi di Alatiel uccidono Marato, e poi uno di loro
uccide l'altro, e così via e così via, il racconto procede e Alatiel continua a passare di mano di mano,
da un uomo all'altro, da un'isola all'altra, sempre più bella, sempre meno virtuosa, fino a che
qualcuno la riconosce come figlia del sultano e al sultano la restituisce, consigliandole di non dire
una parola sulle cose che le sono successe. Saggiamente, Alatiel racconta di essere stata per tutto il
tempo al sicuro in un convento di monache. Ed è così che "essa che con otto uomini forse diecimila
volte giaciuta si era", viene creduta da tutti ancora vergine e può sposarsi con il suo re e vivere
felice e contenta, dimostrando, come conclude Boccaccio, che
"Bocca baciata non perde ventura, anzi rinnuova come fa la luna".
Mi sono soffermata su questo sorridente racconto perché Alatiel appare come una straordinaria
eccezione allo stereotipo del "marinaio con una donna in ogni porto": è lei che finisce per avere un
uomo dovunque vada, anzi, di uomini ne fa strage alla lettera. E nemmeno tanto involontariamente.
Certo sarebbe sbagliato vederci un proclama femminista in anticipo sui tempi, cosa che non poteva
essere, però non c'è dubbio che Alatiel, dietro il suo aspetto fragile di bella preda conquistata e
portata via dal primo che se la prende, abbia un comportamento che ricorda le potenze femminili
del Mediterraneo antico, Circe, Calipso, la stessa Afrodite, le grandi dee e le piccole Sirene che
affascinavano gli uomini e, sotto sotto, li spaventavano a morte.
Di femmine così temibili ce ne sono anche nell'Orlando Furioso, nonostante tutte le dichiarazioni di
Ariosto a favore delle donne. "Le donne antique hanno mirabil cose / fatte ne l'arme e ne le sacre
muse/... / Le donne son venute in eccellenza / di ciascun'arte ove hanno posto cura...", sì, certo, ma
di Amazzoni assassine che fanno a fette i maschi ce n'è una città intera. Nel Diciannovesimo Canto
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