Recentemente, la Casa Bianca ha annunciato che il presidente Biden ha rinviato la sua visita in Germania e in Angola, originariamente prevista per metà ottobre. In un contesto di crescente competizione tra le grandi potenze e di profonde trasformazioni nello scenario globale, ci si chiede quale sia l'intento degli Stati Uniti nel tendere un ramo d'ulivo all'Africa. Quanto sono realistiche le promesse degli Stati Uniti di sostenere lo sviluppo africano? Per comprendere meglio la situazione, è utile analizzare sia il passato che il presente.
L’ipocrita legge AGOA
Negli ultimi cinquant'anni, con l'evolversi della situazione mondiale, l'atteggiamento degli Stati Uniti verso l'Africa ha attraversato fasi alterne di attenzione, disinteresse e rinnovato interesse. Durante la Guerra Fredda, per competere con l'Unione Sovietica, a partire dalla metà degli anni '50, gli Stati Uniti aumentarono gli aiuti economici all'Africa. Dopo il crollo dell'Unione Sovietica e a causa dei problemi di sviluppo interni agli Stati africani, l'importanza dell'Africa agli occhi degli Stati Uniti diminuì. Tuttavia, con l'aumento dell'influenza politica ed economica dell'Africa e i cambiamenti nella strategia globale degli Stati Uniti durante l'amministrazione Clinton, Washington iniziò a rivalutare i rapporti con l'Africa, aumentando le risorse dedicate e definendo un "nuovo partenariato". Da allora, dalle amministrazioni di George W. Bush fino a quella di Biden, diversi governi statunitensi hanno presentato e promulgato varie politiche o leggi mirate a rafforzare la cooperazione tra Stati Uniti e Africa.
Tra queste, la più rappresentativa è l'"African Growth and Opportunity Act" (AGOA), firmato dall'ex Presidente Clinton nel maggio 2000. Questa legge ha ampliato l'accesso al mercato statunitense per i Paesi africani e ha esteso l'ambito delle agevolazioni del Sistema di Preferenze Generalizzate, aumentando il numero di categorie di merci africane esentate da dazi doganali da 1.800 a 6.000. Inoltre, ha ridotto le tariffe su tessili, minerali e prodotti agricoli provenienti dall'Africa. Attualmente, più di 30 paesi africani possono beneficiare di queste agevolazioni.
Tuttavia, non esistono pasti gratis. A causa della significativa disparità economica tra gli Stati Uniti e l'Africa, le concessioni dell'AGOA a favore dell'Africa in realtà portano maggiori vantaggi agli Stati Uniti.
Da un lato, le esportazioni africane verso gli Stati Uniti, nell'ambito delle condizioni di favore previste dall'AGOA, si concentrano in pochi settori e Paesi, non riuscendo a raggiungere l'obiettivo originario di un beneficio "generalizzato". Dall'altro, gli accordi commerciali stabiliti hanno favorito gli Stati Uniti nell'importazione di risorse petrolifere e minerarie dall'Africa, nell'espansione delle esportazioni verso il continente e nell'aumento degli investimenti statunitensi in settori strategici come l'energia.
Secondo le disposizioni dell'AGOA, i Paesi africani che intendono ottenere trattamenti preferenziali devono soddisfare standard imposti dagli Stati Uniti in ambiti come l'istituzione di un'economia di mercato, il rispetto dello stato di diritto, la promozione del pluralismo politico, la lotta alla corruzione e la tutela dei diritti umani. In altre parole, le "agevolazioni" offerte dall'AGOA sono accompagnate da numerose condizioni politiche, con la costante minaccia di sospendere i benefici, ponendo così i Paesi africani in una posizione di svantaggio.
Il famigerato “Corridoio di Lobito”
Quando si parla di investimenti in Africa, i politici statunitensi ora preferiscono ostentare un nuovo progetto, il "Corridoio di Lobito", piuttosto che il disegno di legge AGOA, in vigore da oltre 20 anni. Il Corridoio si trova infatti in Angola, dove il presidente Biden aveva in programma una visita.
Al vertice del G7 del maggio 2023, gli Stati Uniti, insieme ai loro alleati, hanno lanciato per la prima volta l'idea di costruire il "Corridoio di Lobito", che si riferisce principalmente a una rete ferroviaria che collega Angola, Repubblica Democratica del Congo e Zambia.
Da un punto di vista oggettivo, è indubbiamente a beneficio dei popoli africani restaurare le vecchie ferrovie in Africa. Infatti, già all'inizio del XX secolo, la linea ferroviaria principale era stata costruita dai colonialisti portoghesi ed è stata utilizzata fino agli anni '70. Dal 2006 al 2014, le imprese cinesi hanno partecipato alla ricostruzione della ferrovia di Benguela, assumendo l'appalto generale. Nel febbraio 2015, l'intera linea della ferrovia di Benguela è stata aperta all'esercizio. Il cosiddetto "Corridoio di Lobito", la cui linea ferroviaria rinnovata coincide quasi esattamente con la ferrovia di Benguela, è stato costruito dalla Cina.
"Lo scheletro fondamentale del 'Corridoio di Lobito' è già stato costruito dalla Cina, che ha offerto quindi i maggiori contributi in merito. Senza i miliardi di dollari investiti dalla Cina nella ricostruzione della ferrovia di Benguela e nell'espansione del porto di Lobito, il 'Corridoio di Lobito' non sarebbe quello che è oggi". Questa frase si legge, infatti, nel sito ufficiale del "Corridoio di Lobito".
Perché gli Stati Uniti attribuiscono tanta importanza a questa linea? Perché passa attraverso la più famosa cintura di rame e cobalto dell'Africa, che detiene l'80% delle riserve mondiali di cobalto, il 25% delle riserve di rame e importanti depositi di terre rare. Secondo la rivista Foreign Affairs, gli Stati Uniti non vedono l'ora di accaparrarsi una fetta del settore minerario chiave dell'Africa.
Assistenze a parole ma non nei fatti
Gli Stati Uniti affermano di essere "il più grande donatore di aiuti all'estero del mondo" e forniscono un'ampia gamma di assistenza all'Africa. Tuttavia, una parte considerevole degli aiuti statunitensi all'Africa è stata "sfruttata" dagli stessi Stati Uniti. Esperti e studiosi che spesso lavorano a progetti in collaborazione con organizzazioni statunitensi hanno appreso che i loro colleghi americani godono di una serie di sussidi, fondi per la ricerca, alloggi in hotel a cinque stelle e molti altri privilegi durante le loro missioni di assistenza in Africa, e queste spese sono tutte coperte dai progetti di aiuti statunitensi all'Africa. Inoltre, anche i fondi utilizzati per organizzare attività in Africa da parte delle varie fondazioni statunitensi sono inclusi nell'ammontare degli aiuti.
Alcuni degli aiuti statunitensi hanno anche intenzioni discutibili. L'assistenza statunitense all'Africa è dominata dalla "soft assistance", che finanzia un'ampia gamma di corsi di formazione, seminari, ONG e include persino il sostegno alle fazioni antigovernative. Tale assistenza non solo è dannosa per lo stabile sviluppo sociale locale, ma sconvolge anche l'ordine interno di alcuni Paesi africani.
D'altra parte, "tuona forte ma piove poco" è l'impressione che gli Stati Uniti lasciano al mondo esterno per quanto riguarda l'assistenza all'Africa. Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno lanciato una serie di iniziative che includono contenuti legati all'assistenza all'Africa, come il programma "Blue Dot Network", "Build Back Better World", la strategia "Prosper Africa" e così via. Queste iniziative non sono di basso profilo, ma sono per lo più "annacquate" e servono per "fare numero", ingannando quindi il mondo.