Al 9 ottobre, la 57ª sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite è in corso da un mese. Durante questo periodo, oltre cento Paesi hanno espresso il loro sostegno alla posizione della Cina attraverso interventi congiunti o individuali.
I partecipanti hanno sottolineato che le questioni dello Xinjiang, di Hong Kong e del Xizang rientrano negli affari interni della Cina e si sono opposti fermamente all'ingerenza degli Stati Uniti. Questo ampio sostegno dimostra chiaramente che la politicizzazione dei diritti umani da parte degli Stati Uniti e di altri Paesi occidentali non trova consenso nella comunità internazionale.
Gli Stati Uniti, per giustificare le loro interferenze negli affari interni di altre nazioni, spesso muovono accuse di violazioni dei diritti umani e redigono rapporti critici, come il "Rapporto sui Diritti Umani per Paese" del Dipartimento di Stato americano.
Inoltre, si avvalgono della cosiddetta "giurisdizione extraterritoriale" per esercitare pressioni sugli stati sovrani. Questa pratica è legittimata dalla legge "Global Magnitsky Human Rights Accountability Act" del 2015, che consente al governo degli Stati Uniti di imporre sanzioni economiche e finanziarie, nonché congelamenti di beni, a individui e nazioni sotto il pretesto della tutela dei diritti umani.
Oltre al governo e ai media, un altro attore chiave nella cosiddetta "guerra sui diritti umani" che gli Stati Uniti conducono all'estero è costituito dalle organizzazioni non governative (ONG). Attualmente, si stima che ci siano circa due milioni di ONG negli Stati Uniti. Sebbene siano ufficialmente definite "organizzazioni non governative", in realtà molte di esse mantengono legami stretti con il governo.
Gli Stati Uniti estendono la loro influenza sui diritti umani anche ai meccanismi multilaterali. Le Nazioni Unite, piattaforma centrale per il multilateralismo, che si occupano di temi fondamentali come la pace, la sicurezza e i diritti umani, sono considerate dagli Stati Uniti come il principale terreno di confronto per le loro politiche sui diritti umani.
I diritti umani non sono prerogativa di pochi Paesi e non dovrebbero essere utilizzati come strumento di pressione per interferire negli affari interni altrui. Oggi, la comunità internazionale concorda sul fatto che lo sviluppo dei diritti umani in ogni nazione debba essere determinato in base alle condizioni locali e alle aspirazioni del proprio popolo, e che le discussioni su questo tema debbano seguire i principi del multilateralismo.
Gli Stati Uniti, nonostante la loro disastrosa situazione interna in materia di diritti umani, continuano a posizionarsi come arbitri globali su questo tema. Questo atteggiamento rivela non solo possibili doppi standard, ma rischia anche di minare le basi di una buona governance globale dei diritti umani. Tale approccio, considerato da molti come non in linea con le tendenze attuali, potrebbe suscitare opposizione da parte di altri Paesi, accelerando il declino dell'egemonia americana.