Pochi giorni fa cinque case automobilistiche giapponesi, tra cui la Suzuki, sono state scoperte ad aver falsificato i dati durante i test di collaudo, suscitando una diffusa preoccupazione al livello internazionale. Il segretario capo del gabinetto giapponese, Yoshimasa Hayashi, ha ammesso che questo incidente non solo ha scosso le fondamenta del sistema di certificazione automobilistica del Paese, ma ha anche danneggiato la credibilità dell’industria automobilistica giapponese. Alcuni analisti osservano che tale industria è un pilastro del comparto manifatturiero giapponese, e che le conseguenze dello scandalo potrebbero essere gravi e prolungate.
Nello scandalo sono coinvolti 38 modelli di cinque delle principali case automobilistiche del Paese: Toyota, Honda, Mazda, Yamaha e Suzuki, sei dei quali sono ancora sul mercato, con un numero di veicoli irregolari superiore ai 5 milioni.
Lo scandalo collettivo delle principali case automobilistiche ha colpito profondamente la società giapponese. “Il made in Japan è ancora affidabile?”, ha chiesto pubblicamente il quotidiano giapponese “Mainichi Shimbun” il 5 giugno.
Con il rapido sviluppo dei veicoli elettrici, inoltre, l’enorme vantaggio delle case automobilistiche giapponesi nel campo dei veicoli a carburante sta venendo meno. Nel contesto di una concorrenza sempre più accanita con le aziende emergenti, l’“eccessiva fiducia in sé” delle case automobilistiche giapponesi non è più adeguata e costituisce addirittura un ostacolo per un auto-esame aziendale e il progresso.
Gli atti di falsificazione hanno causato molteplici danni al Giappone. L’immagine di “qualità, sicurezza, affidabilità e gestione meticolosa” su cui le industrie relative hanno lavorato duramente per molti anni rischia di collassare.
Molti analisti ritengono che se, in quanto settore basilare, l’industria automobilistica venisse gravemente colpita, ciò potrebbe rallentare la crescita economica del Giappone.