Le falsità insite della speculazione americana sulla “sovracapacità”

2024-04-25 11:14:45

Il 24 aprile è iniziata la visita ufficiale in Cina del segretario di Stato americano, Antony Blinken. Prima della sua partenza, gli Stati Uniti hanno dichiarato che durante la sua visita il segretario di Stato avrebbe espresso le sue preoccupazioni per l’“eccesso di capacità” cinese nel campo delle nuove energie. Chiunque abbia qualche conoscenza economica di base, troverebbe questa argomentazione non degna di essere confutata. Tuttavia, visto che da un pò di tempo gli USA continuano a speculare su questa “sovracapacità”, facendone un nuovo strumento per portare avanti la loro “guerra cognitiva economica” contro la Cina, è necessario discernere un po’.

Innanzitutto, alcuni negli Stati Uniti collegano la capacità produttiva al commercio internazionale, affermando che un maggior numero di prodotti da esportazione equivale a una sovracapacità, ma si tratta di un errore. Equiparare le esportazioni di prodotti alla "sovracapacità" non è in linea con il buon senso economico ed è in contrasto con la tendenza alla globalizzazione. In un sistema economico caratterizzato da un’alta divisione del lavoro, la produzione e la domanda non possono essere limitate a un certo Paese o a una certa regione. Dalla pratica di vari Paesi si evince che una capacità produttiva di una certa industria superiore alla domanda interna, costituisce un fenomeno molto comune: i chip prodotti negli Stati Uniti e l'80% delle automobili prodotte in Germania vengono esportati, e anche un gran numero di aerei passeggeri prodotti da Boeing e Airbus vengono esportati.  Se si giudica dalla logica di tali persone degli Stati Uniti, ci si farà la stessa domanda fatta dal giornale svizzero Neue Zürcher Zeitung: “l’esportazione occidentale verso Asia rientra nel concetto di “sovracapacità”? Se un Paese producesse solo per il mercato interno, come si potrebbe parlare di commercio internazionale”?

Nel contempo, le speculazioni americane sono in contrasto con la teoria del vantaggio comparato dell’economia occidentale, di cui gli States sono forti propugnatori. Sulla base di questa teoria, se un Paese riesce a produrre un tipo di prodotto a un costo più basso, gli altri Paesi non devono imporre barriere doganali, ma devono importarlo ed esportare qualche prodotto proprio piuttosto vantaggioso. Il vantaggio comparato realizzato dai prodotti cinesi a nuova energia non dipende da qualche sovvenzione politica ma dall’innovazione autonoma delle imprese, dalle catene industriali e di approvvigionamento complete, da un mercato di enormi dimensioni e da abbondanti risorse umane. Invece di accusare la Cina di “distorcere il mercato globale”, converrebbe piuttosto agli USA ampliare i propri vantaggi comparati.

Inoltre, alcuni esponenti statunitensi accusano l’industria della nuova energia  cinese di avere impatti negativi sulle imprese e l’occupazione dei lavoratori degli USA,  ennesima piccola falsità: “quando gli USA sono ammalati, è la Cina a dover prendere la medicina”,  con l'intento di “scaricare le proprie responsabilità".

In un rapporto pubblicato recentemente sul sito web di Bloomberg, si specifica che negli USA la catena di approvvigionamento locale di quasi ogni componente complessa nei settori dell’energia eolica presenta dei colli di bottiglia; in Europa le stesse carenze inizieranno a diffondersi quest'anno e l'anno prossimo. Il rapporto sottolinea inoltre che solo in Cina la catena di approvvigionamento è abbastanza forte da impedire un rallentamento dello sviluppo dell'energia eolica. Questo esempio dimostra che lo sviluppo dell'industria delle nuove energie negli Stati Uniti e in Occidente ha dei problemi propri.

 

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