Riequilibrio commerciale e cooperazione rafforzata: perché l’Italia ha bisogno della Cina

2024-04-15 14:54:43

L'Italia vuole "inaugurare una nuova fase nelle relazioni bilaterali" con la Cina nell'anno in cui si celebra il 20esimo anniversario del partenariato strategico globale istituito tra i due Paesi nel 2004, e a 700 anni dalla scomparsa di Marco Polo. Parola di Antonio Tajani, vice primo ministro e ministro degli Esteri italiano, presente al Forum di Dialogo Imprenditoriale Cina-Italia tenutosi a Verona. Un evento tanto atteso, quello andato in scena a Veronafiere, che ha coinvolto i rappresentanti di qualificate imprese cinesi e italiane, e che ha aperto un’importante finestra di dialogo tra Italia e Cina, in un periodo in cui le tensioni internazionali aumentano di giorno in giorno. Tajani ha inaugurato i lavori del forum il 12 aprile e presenziato, il giorno precedente, alla 15esima Commissione Mista Cina-Italia per la cooperazione economica e commerciale insieme ad un ospite d’onore: il ministro del Commercio cinese Wang Wentao.

Tajani ha lasciato intendere che l’Italia, un Paese fortemente orientato all'export, ha bisogno della Cina (il primo partner italiano in Asia e il secondo extra-Ue dopo gli Stati Uniti). La parola d’ordine di Roma, dunque, è una: maggiore cooperazione economica con la Repubblica Popolare Cinese. Nello specifico, il ministro italiano ha citato quattro ambiti nei quali approfondire il dialogo: l'agroindustria, l'e-commerce, gli investimenti e il settore farmaceutico e biomedico. È stato inoltre deciso di organizzare un roadshow in Italia delle più rilevanti piattaforme di e-commerce cinesi nell’ambito di un’iniziativa che mira a promuovere nuove opportunità per le PMI italiane.  

Il ministro cinese Wang ha promesso di coltivare ulteriormente le relazioni Cina-Italia, nella speranza che Roma svolga un ruolo nel richiamare l’Ue ad un atteggiamento razionale e di mentalità aperta nei confronti della nuova cooperazione energetica con la Repubblica Popolare Cinese. Wang ha inoltre affermato che la Repubblica Popolare Cinese è pronta a collaborare con l’Italia per promuovere il commercio bilaterale ereditando lo spirito della Via della Seta, nonché ottimizzando la struttura degli investimenti e promuovendo nuove forze produttive di qualità.

Wang ha inoltre spiegato che l’obiettivo è quello di espandere il commercio in nuovi settori, come quello delle energie rinnovabili, e che la Cina continuerà a promuovere un’apertura d’alto livello. Il Paese, non a caso, ha invitato le imprese italiane a continuare ad investire in Cina lanciando "Invest in China", una campagna per attrarre investimenti esteri e aiutare le aziende straniere a comprendere meglio le opportunità offerte dalla Repubblica Popolare Cinese. "Sentendo quali sono le aspettative delle aziende cinesi, queste sono molto elevate e questo dimostra una grande volontà di rafforzare il commercio bilaterale", ha affermato Wang, sottolineando che nel 2023 il commercio bilaterale tra Italia e Cina ha superato i 70 miliardi di dollari per il terzo anno consecutivo.

A proposito di numeri forniti dall’Istat, nel 2023 l’interscambio commerciale tra Italia e Cina hanno sfiorato 65,97 miliardi di euro, tra i quali le esportazioni italiane in Cina hanno raggiunto storicamente 19,16 miliardi di euro (+16,8%). Tra le principali voci dell'export italiano verso il Dragone, nello specifico, spiccano i macchinari e le apparecchiature, i prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici, i prodotti tessili e l'abbigliamento, le sostanze e i prodotti chimici. Anche se il saldo con la Cina resta negativo per il Belpaese, il deficit commerciale si è notevolmente ridotto, passando da quota -41,4 miliardi di euro del 2022 a quota -27,6 miliardi di euro.

Tra le ragioni del calo dell'import italiano dalla Cina durante il 2023 c'è sicuramente anche il calo della produzione industriale del nostro Paese rispetto al 2022 (-2,5%) e, più globalmente, il netto ridimensionamento dei ritmi di una crescita che dal +6,99% del 2021, nell'immediata ripresa post-pandemica, ha rallentato nel 2022 (+3,72%) per poi frenare bruscamente nel 2023 (+0,67%). Entrambe le tendenze sono il plastico effetto della crisi energetica in Italia ma anche in Germania, che ha creato ulteriori ripercussioni sulla meccanica, sulla chimica e sulla siderurgia del Nord Italia, strettamente connessa al mercato tedesco.

L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali e Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia

Our Privacy Statement & Cookie Policy

By continuing to browse our site you agree to our use of cookies, revised Privacy Policy. You can change your cookie settings through your browser.
I agree