Prosegue il rilascio in mare aperto delle acque contaminate di Fukushima: la responsabilità della Cina contro l'irresponsabilità del Giappone

2024-03-18 15:10:28

Sono ormai passati 13 anni da quando, l'11 marzo del 2011, un terremoto di magnitudo 9 ha colpito la costa nord-orientale del Giappone, provocando uno tsunami e un disastro senza precedenti nella tristemente nota prefettura di Fukushima. La centrale nucleare di Fukushima Daiichi è stata teatro di un incidente nucleare di livello 7, il più alto nella scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici. La struttura ha dovuto fare i conti con le fusioni dei noccioli di tre dei suoi reattori, con una conseguente corsa contro il tempo per bloccare il rilascio delle radiazioni. In mezzo a errori umani, ritardi e inefficienze varie, le autorità giapponesi hanno evitato guai peggiori ma l'impianto ha generato (e continua a generare) un'enorme quantità di acqua contaminata da sostanze radioattive. Quel liquido è adesso immagazzinato in appositi serbatoi che vengono progressivamente svuotati in mare aperto.

Lo scorso 28 febbraio, in mezzo a polemiche e preoccupazioni, il Giappone ha avviato il quarto rilascio nell'Oceano Pacifico, che è durato fino al 17 marzo e che è stato coinvolto un ammontare complessivo di 7.800 tonnellate di liquido. Le operazioni, gestite dalla Tokyo Electric Power Company (TEPCO), sono iniziate nell'agosto del 2023 nonostante le numerose e ripetute obiezioni da parte dei governi dei Paesi limitrofi, dei gruppi ambientalisti, di ong e movimenti anti nucleari.

La Cina, da nazione responsabile e attenta alla salvaguardia dell'ambiente e della biodiversità, ha fin da subito e ripetutamente ribadito ferma opposizione ad un simile procedimento. A poco sono servite simili rimostranze, perché, ignorando le preoccupazioni della comunità internazionale, finora il Giappone ha scaricato arbitrariamente nell'oceano oltre 23.000 tonnellate di acque reflue contaminate dal nucleare. E poco fa, come detto, Tokyo ha avviato il quarto ciclo. La situazione è particolarmente delicata, visto che la centrale nucleare genera ogni giorno 130 tonnellate di acque reflue contaminate da sostanze radioattive provenienti dal raffreddamento del combustibile nucleare negli edifici del reattore, raccolte e immagazzinate in circa 1.000 serbatoi. I serbatoi sono pieni per oltre il 96% e si prevede che presto raggiungeranno la loro capacità di 1,37 milioni di tonnellate, in attesa di ulteriori recipienti.

Lo scorso 4 marzo, Li Song rappresentante permanente della Cina presso l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA), è intervenuto durante la riunione del consiglio dei governatori dell'AIEA, definendo lo scarico in mare aperto delle acque reflue del Giappone una mossa senza precedenti che impone il rischio di contaminazione nucleare per il mondo intero. Li ha fatto presente che gli effetti di questa azione si estendono ben oltre il territorio controllato dal governo giapponese, e che quindi non è una questione privata del Paese. Insomma: utilizzando l'AIEA per approvare il suo piano di scarico, il Giappone ha seriamente minato la credibilità dell'agenzia, messo a repentaglio la salute umana e l'ambiente marino. È per questo che, in modo scientifico e responsabile, la Cina ha sollevato dubbi sulla sicurezza del piano, sui potenziali rischi a lungo termine, sull'accuratezza dei dati e sull’efficacia delle attuali disposizioni di monitoraggio. Anche perché la gestione confusionaria e la pessima supervisione dalla TEPCO, il gestore dell'impianto di Fukushima, hanno minato la credibilità di Tokyo e dello scarico delle acque reflue.

L'acqua contaminata, hanno spiegato diversi esperti, contiene trizio e varie sostanze radioattive. Anche dopo il trattamento con l'Advanced Liquid Processing System, è pressoché impossibile rimuovere completamente tutte queste sostanze prima di rilasciare l'acqua contaminata nel mare. Lo scarico del liquido contaminato va quindi ad influenzare l'intera biosfera, dal momento che gli elementi radioattivi si accumulano lungo la catena alimentare. Il piano del Giappone dovrebbe durare 30 anni o anche di più. "Può il governo giapponese garantire sicurezza e affidabilità nella futura gestione? Il sistema di purificazione dell'acqua contaminata dal nucleare di Fukushima e gli impianti di scarico negli oceani possono funzionare in modo stabile ed efficace a lungo termine? Abbiamo motivo di essere preoccupati e abbiamo dubbi al riguardo", ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin. Da una parte, dunque, abbiamo un Paese, il Giappone, che con le sue azioni irresponsabili rischia di arrecare un grave danno all'ambiente. Dall'altro ne abbiamo un altro, la Cina, che sta facendo di tutto affinché ciò non avvenga.


L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali e Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia

 

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