Le perdite di acqua contaminata dal nucleare di Fukushima confermano nuovamente tre giudizi

2024-02-09 09:14:05

L’8 febbraio la Tokyo Electric Power Company (TEPCO), la più grande compagnia nucleare del Giappone, ha dichiarato che la perdita dal dispositivo di purificazione dell'acqua contaminata avvenuta presso la centrale nucleare di Fukushima Daiichi il giorno precedente potrebbe essere stata causata da un errore umano. Secondo quanto riportato dai media locali, l'incidente ha causato la fuoriuscita di circa 5,5 tonnellate di acqua contaminata.  Il livello di materiale radioattivo nell'acqua fuoriuscita è stimato in 22 miliardi di becquerel, un valore che probabilmente avrà un certo impatto sull'ambiente circostante e sul corpo umano. Secondo i media locali il livello di radiazioni nel luogo dell’incidente era di circa 240 volte superiore rispetto alle aree circostanti.

Mentre incidenti e crisi continuano, il governo giapponese afferma che lo scarico in mare dell’acqua contaminata dal nucleare è “sicuro” e “affidabile”:  ci sono buone ragioni per sospettare che ci sia un enorme “buco nero” nello scarico di sostanze inquinanti in mare da parte del Giappone. Ciò rafforza anche il giudizio del mondo esterno su tre questioni chiave:

In primo luogo, la TEPCO non è semplicemente in grado di garantire la sicurezza degli scarichi di acqua contaminata da fonti nucleari. In secondo luogo, la colpa è della mancanza di supervisione da parte del governo giapponese. In terzo luogo, è imperativo che la comunità internazionale partecipi alla supervisione dello smaltimento giapponese dell’acqua contaminata dal nucleare.

Dallo scorso agosto il Giappone ha effettuato tre cicli di scarichi in mare, per un totale di oltre 23000 tonnellate di acqua contaminata dal nucleare; il quarto ciclo di scarichi dovrebbe iniziare alla fine di questo mese. I politici giapponesi dovrebbero dare prova di responsabilità e coscienza affrontando seriamente i rischi per la sicurezza della TEPCO, annullando il prossimo piano di scarico e consultandosi con la comunità internazionale per trovare una modalità di smaltimento che sia accettabile per tutte le parti.

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