Nessun gioco a somma zero o mentalità da Guerra Fredda. Per la Cina le relazioni internazionali sono il mezzo attraverso il quale imbastire cooperazioni di mutuo vantaggio con tutti quei Paesi desiderosi di collaborare al fine della risoluzione dei problemi globali che affliggono il pianeta. Il concetto di unire le forze per costruire una comunità umana dal futuro condiviso, la stessa nella quale vive quotidianamente l’intera popolazione mondiale, è valido più che mai oggi in un clima di crescenti tensioni. Il conflitto in Israele, con il rischio che le scintille generate nella Striscia di Gaza possano incendiare l’intero Medio Oriente; la crisi ucraina, che ha contribuito a polarizzare la posizione dei governi occidentali; nuovi raid Usa e GB in Yemen hanno aggravato la tensione nel Mar Rosso, con un impatto pesante sul commercio mondiale; le provocazioni degli Stati Uniti e dei loro partner nel Mar Cinese Meridionale e nella penisola coreana: questi sono soltanto alcuni degli epicentri delle principali crisi internazionali che, da un momento all’altro, in assenza di risoluzione diplomatica, potrebbero trascinare il mondo in una vera e propria apocalisse. È in un simile contesto che la Cina intende agire, da Paese responsabile, per evitare il sorgere di nuove crisi e disinnescare le minacce esistenti.
Lo ha fatto del resto capire chiaramente il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, che ha presentato nei giorni scorsi una sorta di road map diplomatica della Cina in vista dell’anno appena iniziato, intervenendo ad un simposio sulla situazione internazionale e sulle relazioni estere della Cina nel 2023. Il massimo diplomatico della Repubblica Popolare Cinese ha spiegato che anche nel 2024 Pechino continuerà ad impegnarsi in nome dell’apertura e dell’inclusività, e che rafforzerà (ed espanderà) la rete di partenariati globali. Come se non bastasse, la nazione asiatica farà di tutto per garantire il successo di eventi quali il Forum sulla cooperazione Cina-Africa, il Forum Boao per l'Asia, la China International Import Expo e il Forum sull’azione globale per lo sviluppo condiviso, piattaforme appositamente dedicate ad avvicinare più Paesi al fine di conseguire una cooperazione win-win in molteplici ambiti, dall’economia al commercio internazionale. Più nello specifico, ha affermato Wang, la Cina si batterà per un ambiente esterno favorevole per costruire un nuovo modello di sviluppo (di qualità) e assumerà le proprie responsabilità in merito alle principali questioni riguardanti l'unità, la cooperazione e i diritti legittimi dei Paesi in via di sviluppo, nonché in relazione alle tematiche inerenti il futuro e il destino dell’umanità.
Il 2024, inoltre, sarà un anno denso di potenziali e importanti stravolgimenti politici. Negli Stati Uniti, ad esempio, il presidente Joe Biden potrebbe non essere riconfermato in carica, sostituito da Donald Trump o da qualche altro conservatore di ferro. In Europa, il Parlamento europeo cambierà forma, così come faranno altrettanto le leadership di altre nazioni. In uno scenario così mutevole e condizionato da numerose variabili la Cina collaborerà con chiunque, senza alcun pregiudizio. Bisognerà capire se anche gli altri Paesi (occidentali) dimostreranno la stessa responsabilità o se, al contrario, si trincereranno dietro a guerre commerciali, chiusure e inasprimento delle relazioni diplomatiche, danneggiando i rispettivi popoli e, di riflesso, l’intera popolazione mondiale.
Nel frattempo lo stesso Wang Yi è volato in Africa, dove dal 13 al 18 gennaio sta in viaggio di lavoro in Egitto, Tunisia, Togo e Costa d'Avorio. In seguito, il ministro cinese proseguirà per il Brasile e la Giamaica, due nazioni che hanno una grande eredità africana. In ogni caso, la visita di Wang nel continente africano aiuterà a promuovere la cooperazione economica tra la Cina e l’intera regione e ad affrontare le sfide globali. Grazie al suddetto approccio cinese, inoltre, nel corso degli anni le relazioni tra le parti si sono rafforzate e progredite su più livelli, dal piano commerciale a quello culturale. Come se non bastasse, dato che Cina e Africa sono rispettivamente il più grande Paese e continente in via di sviluppo, i due attori geopolitici hanno molto in comune in termini di visione e sfide da affrontare.
Insomma, al netto di un mosaico così mutevole, la Cina ha iniziato a fissare i primi punti fermi. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, indipendentemente dal fatto che alla Casa Bianca resti Biden, Pechino continuerà ad attuare il consenso raggiunto da Xi Jinping e dallo stesso Biden a San Francisco, lo scorso novembre. Con la Russia, ha sottolineato Wang, il governo cinese approfondirà “la fiducia strategica reciproca e la cooperazione reciprocamente vantaggiosa” così da “consolidare la partnership strategica globale di coordinamento nella nuova era”. La Cina intende inoltre incrementare gli scambi ad alto livello e la comunicazione strategica con l’Ue, aumentare l’amicizia e la convergenza di interessi con i suoi “vicini” (esemplificativo l’esempio del Vietnam, che ha appena consolidato i rapporti con la Repubblica Popolare Cinese), lavorare fianco a fianco degli altri Paesi in via di sviluppo e con i Brics. Tutte queste dense relazioni diplomatiche – peraltro poste tutte sullo stesso piano d’importanza – sono propedeutiche alla costruzione di un nuovo ambiente diplomatico internazionale: un mondo multipolare equo e ordinato, capace di praticare un autentico multilateralismo e promuovere la democrazia nelle stesse relazioni internazionali. La Cina, dunque, si sta muovendo in una direzione ben precisa. Guidata da una bussola che rispecchia i principi della Carta delle Nazioni Unite, l’Iniziativa di civiltà globale, i valori comuni dell’umanità, la comprensione reciproca e l’amicizia tra le persone di tutti i Paesi, la strada è segnata e indicata. E tutti possono percorrerla.
L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali e Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia