UE-Cina: la visita del premier belga è un'opportunità per rafforzare il rapporto

2024-01-15 16:41:31

Venerdì scorso il primo ministro belga è atterrato a Pechino per una serie di incontri di alto livello e per rilanciare le relazioni bilaterali tra i due paesi. Alexander De Croo ha scelto Pechino come tappa di una missione all’estero che avviene appena 11 giorni dopo che il suo governo ha assunto la presidenza semestrale di turno dell'Unione Europea. Ed è proprio al miglioramento delle relazioni con l’UE che Pechino guarda con grande interesse e favore, anche alla luce delle aperture espresse dal premier belga che spera che la sua vista: «sia il primo passo per spingere le relazioni ad un livello superiore».

Sempre a Pechino lo scorso 7 dicembre si è svolto il vertice UE-Cina alla presenza dei massimi vertici cinesi e della politica estera europea: il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la presidentessa della Commissione europea Ursula von der Leyen, accompagnati dall'Alto rappresentante Josep Borrell. Solo pochi mesi prima (30 giugno), nelle conclusioni del Consiglio europeo che ha discusso della Cina, si è ribadita la linea scelta dal 2019 di considerare Pechino «contemporaneamente partner, concorrente e rivale sistemico», pur ribadendo che «l'Unione europea non intende disaccoppiarsi o ripiegarsi su sé stessa». Dimostrando in questo modo una dialettica sia interna all’UE stessa che un marcato confronto in ambito atlantico, del quale abbiamo parlato a lungo l’anno scorso. Le relazioni insomma non sono semplici e si sono deteriorare proprio negli ultimi anni. Nel documento succitato, ad esempio, non era mancata una certa dose di supponente pretenziosità allorquando i vertici europei hanno stilato una lista di comportamenti alla quale la Cina dovrebbe attenersi sia in politica estera che domestica, dimostrando in fondo poca pratica con l’arte delle relazioni diplomatiche ed internazionali. 

Quest’anno poi, è inutile nasconderselo, è particolare dal punto di vista politico: le elezioni europee ma soprattutto le presidenziali americane peseranno dal punto di vista delle relazioni con la Cina, scelta spesso a bersaglio durante le campagne elettorali, a discapito degli interessi politici ed economici. Se si guardasse a questi aspetti le posizioni probabilmente sarebbero diverse, ma avere un certo grado di simpatia dai media che influenzano l’opinione pubblica e cercare di raccogliere quanti più voti dell’avversario diventa una priorità per chi scende nell’agone delle competizioni elettorali, anche a scapito – a volte - dell’interesse nazionale o continentale.

Proprio dai dati economici emergono alcuni aspetti importanti. È interessante notare come si registri un significativo trend economico nell’import europeo dalla Cina: da 342,6 miliardi di euro nel 2018 a 626,5 miliardi di euro nel 2022 ed un incremento dei volumi del 34% (secondo i dati forniti dal Parlamento Europeo).

Anche la notizia, ripresa da tutti i giornali economici, del primo sorpasso da parte del colosso cinese delle auto elettrice BYD su Tesla nell’ultimo trimestre ha un riflesso nelle relazioni sino-europee. Guardando complessivamente al settore emerge che le importazioni cinesi di veicoli elettrici nell'UE nei primi sette mesi del 2023 sono aumentate del 112% rispetto all'anno precedente e del 361% rispetto al 2021. E questo nonostante la campagna contro le auto elettriche Made in China alimentata proprio dalla Presidente della Commissione von del Leyen che il 13 settembre scorso ha annunciato un’indagine anti-sovvenzioni. Un vero a proprio ballon d’essai. La von der Leyen, infatti, aveva parlato di mercati «inondati da auto elettriche cinesi ultra economiche, con prezzi mantenuti artificialmente bassi grazie a enormi sussidi statali» una circostanza impossibile da confermare, semplicemente perché non è vera. Le auto cinesi presenti sul mercato europeo infatti, sono disponibili nella stessa fascia di prezzo dei produttori europei ed americani, per cui caduta la possibilità che ci troviamo di fronte a politiche di dumping da parte cinese, resta in piedi la consapevolezza che abbiamo a che fare con politiche aggressive di alcuni settori della classe dirigente europea che sta isolando il vecchio continente dal resto del mondo.

E questo è il rischio vero che corriamo: continuare a chiuderci a quel pezzo di mondo rappresentato dai paesi emergenti, aumentando il nostro solipsismo. Così facendo, nell’illusione che restando “chiusi” e “tra simili” difenderemo meglio il nostro status, non faremo invece altro che accelerare la nostra crisi perdendo ogni capacità di interlocuzione ed influenza nel mondo. Un tema, questo, di stringente attualità e che speriamo trovi spazio per un’adeguata riflessione tra una campagna elettorale e l’altra.

L'autore Francesco Maringiò è il presidente dell’Associazione italo-cinese per la promozione della Nuova Via della Seta


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