Il vertice tanto atteso tra Biden e Xi a San Francisco, in occasione dei lavori dell'APEC, è stato cruciale nel processo di normalizzazione delle relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Cina. Dopo mesi di segnali positivi, gli osservatori concordavano sul fatto che questo incontro rappresentasse un'opportunità fondamentale per superare le tensioni degli anni precedenti. E le aspettative non sono state deluse.
Partiamo dai risultati: Usa e Cina hanno deciso di riprendere le comunicazioni militari ad alto livello, così come quelle tra i comandanti di teatro. E questo è un risultato importante. Non solo perché rappresenta la condizione essenziale per evitare incidenti che possono far degenerare le relazioni in modo drammatico, ma perché ristabilisce un modus operandiche inserisce la relazione bilaterale sino-americana nel più ampio quadro delle relazioni internazionali, oggi così gravemente scosse da conflitti e crisi. È dovere delle due parti quindi – come si legge spesso nelle prese di posizione ufficiale della diplomazia cinese – dare un contributo stabilizzatore al quadro mondiale.
Accanto a questo, i risultati più tangibili dell’incontro sono l’istituzione di un dialogo intergovernativo sull’IA e la costituzione di gruppi di lavoro sino-statunitensi su temi quali il cambiamento climatico ed il traffico di stupefacenti. Un ulteriore accordo è stato raggiunto sull’intensificazione degli scambi interpersonali, con la decisione di accrescere il numero di voli che collegano i due paesi ed espandere tra persone, con l’invito diretto da parte cinese ad accogliere 50.000 giovani americani in Cina per programmi di scambio e studio nei prossimi cinque anni. Non è un dettaglio: da quando Trump ha avviato un confronto muscolare con Pechino, a farne le spese non sono stati soltanto gli scambi commerciali e tecnologici, ma anche le persone a cui è diventato via via più difficile fare la spola tra i due paesi. Un segnale in controtendenza non può quindi che essere positivo.
Un altro risultato importante, non in elenco nei resoconti ufficiali ma sicuramente annotato sul taccuino degli osservatori internazionali, è proprio il fatto che con questo vertice si sia lavorato per creare un certo grado di prevedibilità e stabilità nelle relazioni bilaterali, segnando una sorta di punto d’arresto del vorticoso declino delle relazioni tra Stati Uniti e Cina. Del resto, la stabilità nei rapporti è un tema molto importante per Pechino, soprattutto in vista della potenziale volatilità della politica americana, nel prossimo anno, a causa delle elezioni.
Certo, nel lungo incontro durato più di quattro ore di Woodside, in California, non sono certo mancati accenti e differenti visioni. Mentre Biden ha sottolineato che Stati Uniti e Cina “sono competitor”, Xi ha rimarcato come la competizione tra grandi potenze non risolve i problemi che sia gli Usa, che la Cina ed anche il mondo intero stanno affrontando. Stesso approccio sulla tecnologia, con il presidente americano che rimarca la strategia del così detto “de-risking” tecnologico (ammantando ragioni di sicurezza di stato) ed il suo omologo cinese che gli ricorda che «sopprimere la scienza e la tecnologia cinese significa frenare lo sviluppo di alta qualità della Cina e privare il popolo cinese del suo diritto allo sviluppo».
È proprio in questi accenni che si comprende la diversa visione che i due paesi hanno di sé e della relazione col mondo esterno. Diversità che questo dialogo di alto livello è riuscito a gestire strategicamente salvaguardando i rispettivi interessi, senza interrompere un confronto indispensabile.
Il resoconto rilasciato dal Ministero degli Affari Esteri cinese riporta un passaggio chiave della concezione di Pechino delle relazioni internazionali in questa fase del mondo. Leggiamo: «la Cina e gli Stati Uniti hanno due opzioni: una è quella di rafforzare la solidarietà e la cooperazione, lavorare insieme per affrontare le sfide globali e promuovere la sicurezza e la prosperità globale. L'altra è adottare una mentalità a somma zero, provocare conflitti tra le parti e portare il mondo a disordini e divisioni. Le due scelte rappresentano due direzioni che determineranno il futuro dell'umanità e del pianeta. (…) È irrealistico – continua ancora Xi Jinping - che una parte cambi l'altra e il conflitto e lo scontro avranno conseguenze insopportabili per entrambe le parti». E conclude dicendo: «Questa terra può ospitare sia la Cina che gli Stati Uniti, e il successo di un Paese è un'opportunità per l'altro».
Un’ultima considerazione: negli ultimi anni la strategia americana nel mondo sta incontrando alcuni intoppi. Dall’Ucraina alla vicenda palestinese, dalle enormi difficoltà di condurre un decoupling commerciale e tecnologico con la Cina al fallimento della strategia economica «Indo-Pacific Economic Framework» (che Biden avrebbe voluto presentare proprio a questo vertice Apec) sono segnali che rendono evidente che una strategia aggressiva non porta successi duraturi. È in questa cornice che va letto il bilaterale tra i Biden e Xi, perché capace di segnare, se non proprio un nuovo inizio, almeno un ripensamento sulle decisioni future in casa americana. È un tema questo, che riguarda il mondo intero.
L’autore Francesco Maringiò è il presidente dell’Associazione italo-cinese per la promozione della Nuova Via della Seta