“Le buone intenzioni dovranno ovviamente tradursi in impegni precisi sul campo”. Dopo aver seguito online l’incontro a San Francisco tra Xi Jinping e Joe Biden, Andrea Fais, direttore responsabile di “Scenari Internazionali - Rivista di Affari Globali” ha espresso così le sue aspettative per le future relazioni tra le prime due economie al mondo. Continuiamo il dialogo con Fais per seguire da vicino il colloquio tra i due capi di Stato e la futura governance globale.
San Francisco ha ospitato, il 15 novembre, un incontro di grande importanza tra Xi Jinping e Joe Biden, che ha catturato l'attenzione di tutta la stampa mondiale. In qualità di direttore responsabile di "Scenari Internazionali - Rivista di Affari Globali", qual è la sua osservazione in seguito a questo incontro diplomatico, ritenuto il più importante dell'anno?
Nell'incontro presso la residenza storica Filoli, a San Francisco, Xi Jinping ha ribadito a Joe Biden quella che è la visione globale di Pechino: ferme restando le differenze oggettive tra i Paesi in termini storici, culturali, di sistema sociale e percorso di sviluppo, questi possono comunque rispettarsi a vicenda, coesistere in pace e perseguire una cooperazione dal mutuo vantaggio. Fintanto che lo faranno, le due potenze saranno pienamente capaci di superare le differenze ed individuare la giusta direzione per andare d'accordo. Dal canto suo, il presidente statunitense ha sottolineato l'importanza del faccia-a-faccia al fine di evitare fraintendimenti o incomprensioni. Biden ha precisato che la competizione tra Cina e Stati Uniti non può portare al conflitto e che i suoi precedenti incontri con Xi sono stati schietti, diretti e utili.
Nei giorni precedenti, molti media in tutto il mondo avevano provato a prevedere i principali dossier che sarebbero stati messi sul tavolo del vertice. I diversi analisti avevano ipotizzato discussioni in materia di cambiamenti climatici, questione taiwanese, comunicazione militare, commercio, lotta al narcotraffico, intelligenza artificiale ed altro ancora. Al di là dei singoli argomenti affrontati durante l'incontro, il primo risultato fondamentale è tuttavia il ritorno ad una prima condizione di normalità nelle relazioni tra le prime due economie mondiali, dopo mesi di forti tensioni.
Le buone intenzioni dovranno ovviamente tradursi in impegni precisi, sul campo. Come ho già spiegato, Taiwan rappresenta una linea rossa invalicabile non solo secondo Pechino ma anche per il diritto internazionale, che dal 1971 riconosce quel territorio come parte integrante della Repubblica Popolare Cinese. Washington dovrebbe inoltre cambiare approccio in relazione alle questioni riguardanti la democrazia e i diritti umani, termini spesso utilizzati all'estero in modo strumentale o secondo un doppio standard di giudizio.
C'è bisogno di rivedere complessivamente l'intera architettura della governance globale: un processo epocale ma necessario, che va oltre la dimensione bilaterale delle relazioni sino-statunitensi e che dovrà estendersi a tutto il mondo, promuovendo nuove o rinnovate piattaforme di dialogo paritario tra potenze avanzate e potenze emergenti.
Parlando della governance globale, nel periodo tra il 2021 e il 2023, la Cina ha proposto rispettivamente le Iniziative Globali per lo Sviluppo, per la Sicurezza e per la Civilizzazione. Qual è il significato di queste tre importanti iniziative per la governance globale?
Le tre iniziative lanciate tra il 2021 e il 2023 dal presidente Xi Jinping sono, al momento, gli unici documenti internazionali presentati in occasione degli importanti eventi multilaterali a cogliere in profondità i problemi del pianeta adottando un approccio olistico. Sviluppo, sicurezza e cultura sono gli argomenti-chiave per comprendere le esigenze globali. Non è un caso che la prima di queste iniziative, cioè la Global Development Initiative (GDI), introdotta nel settembre 2021, abbia stimolato la nascita di un Gruppo di Amicizia internazionale cui hanno fin'ora aderito circa settanta Paesi, già al lavoro su ambiti prioritari: riduzione della povertà, sicurezza alimentare, sicurezza sanitaria, finanziamento allo sviluppo, contrasto ai cambiamenti climatici e sviluppo verde, industrializzazione, economia digitale e connettività.
La Global Security Initiative (GSI), introdotta nell'aprile 2022, e fin'ora supportata da oltre ottanta tra Paesi e organizzazioni internazionali, parte invece dal concetto di pace come naturale aspirazione comune dei popoli, messa tuttavia costantemente a repentaglio da numerose turbolenze geopolitiche. Pur nella consapevolezza che non sempre funziona né riesce a dirimere ogni questione, è fondamentale ripristinare la centralità del diritto internazionale quale riferimento per la risoluzione delle controversie e dei conflitti.
Nulla, in ogni caso, sarebbe davvero possibile se il lavoro diplomatico internazionale non poggiasse su una visione nuova, imperniata sul concetto di dialogo tra civiltà, quanto più possibile lontano dalla vecchia mentalità da Guerra Fredda. La civiltà come fondamento della modernizzazione è un concetto indubbiamente non di immediata e facile comprensione nel mondo liberale occidentale, dove lo strappo della Rivoluzione francese ha imposto una cesura storica piuttosto netta tra un "prima" e un "dopo". In Asia, e soprattutto in Cina, prevalgono invece forti elementi di continuità storica secondo il paradigma filosofico "Essenza-Funzione" del tǐ yòng, che distingue, pur mantenendole unite, la realtà assoluta e la sua manifestazione concreta, il principio e la sua applicazione. Di conseguenza, secondo la comune mentalità cinese è possibile, o addirittura necessario, sviluppare la tecnica strumentale preservando al contempo i valori tradizionali della società. L'armonia, concetto-chiave del pensiero confuciano, torna di grande attualità anche nella visione che la Cina ha del resto del pianeta: dall'idea di "mondo armonioso" (héxié shìjiè) deriva dunque l'idea di "comunità dal futuro condiviso per l'intera umanità", che si concretizza nel rispetto delle differenze tra civiltà, nell'individuazione dei valori comuni e negli scambi culturali.
Oggi la ripresa economica globale risulta debole, e il contesto internazionale è caratterizzato da crescenti incertezze. In questo contesto, la Cina ha adottato una serie di misure politiche, mostrando segnali di apertura di alto livello verso l'estero e promuovendo la cooperazione con tutti i paesi del mondo a vantaggio comune. Come valuta l'importanza di queste iniziative cinesi per la crescita mondiale?
La politica di riforma e apertura, inaugurata da Deng Xiaoping nel 1978, è arrivata ormai ad un livello estremamente avanzato. Ne sono una rappresentazione significativa le ventuno zone-pilota di libero scambio aperte in tutto il Paese nel corso degli ultimi dieci anni, che hanno sostituito le vecchie zone economiche speciali. Non si tratta ovviamente di un mero cambio di denominazione ma di una forte modernizzazione concettuale e pratica, che coinvolge tutti i livelli: giuridico, amministrativo, fiscale ed infrastrutturale. C'è ancora molto da lavorare ma, proseguendo di questo passo, la Cina si candida a diventare, entro il 2035, la più grande destinazione per gli investimenti esteri al mondo, attraendo sempre più imprese in settori fortemente innovativi.
D'altronde, il messaggio lanciato da Pechino al resto del pianeta è chiaro: 'Noi siamo fondamentali per voi e voi siete fondamentali per noi'. Una simbiosi non certo inedita ma ovviamente diversa rispetto al passato, quando la Cina era da tutti considerata la "fabbrica del mondo". Già da qualche anno, infatti, la crescita del Paese asiatico non è più trainata dall'export, bensì dai consumi interni. Non è un caso, quindi, che grandi eventi pensati per promuovere l'accesso dei partner stranieri al mercato cinese, come la CIIE, la CICPE o la più storica CIEF, abbiano ormai assunto un'importanza apicale.
Sebbene di natura più istituzionale, il Forum Belt and Road per la Cooperazione Internazionale rientra nel novero degli appuntamenti di grande richiamo internazionale. Questa terza edizione, non è certo passata inosservata.