Ritrovare il mutuo rispetto nell’incontro Xi-Biden

2023-11-15 09:11:56

In queste ore il presidente cinese Xi Jinping è appena arrivato a San Francisco, dove incontrerà prossimamente l'omologo statunitense Joe Biden a margine dei lavori dell'annuale vertice APEC.

Attesissimo, il summit bilaterale tra i due capi di Stato, richiesto da Washington, dovrà produrre le linee guida delle relazioni bilaterali per i prossimi anni. Sebbene Biden stia entrando nel suo ultimo anno di mandato, le aspettative di questo primo importante faccia-a-faccia tra i due presidenti sono molto elevate.

Dopo cinque anni di dazi commerciali sulle importazioni dalla Cina, manovre militari azzardate nel Mar Cinese Meridionale e accuse infondate di vario tipo su diversi temi (pandemia, crisi ucraina ecc.), la parte americana dovrà necessariamente cercare di stemperare le tensioni e scendere a più miti consigli.

Il netto indebolimento del fronte in Ucraina potrebbe aver definitivamente mostrato agli strateghi della Casa Bianca che lo scontro frontale con i competitor geopolitici non è più un'opzione praticabile. Già da qualche mese la politica dei dazi contro la Cina voluta da Donald Trump e confermata dal suo successore è oggetto di revisione. Le conseguenze patite dall'industria e dai consumatori americani sono diventati ben presto un peso insostenibile per il Paese.

Giunta a questo punto, anche Pechino conferisce la massima importanza a questo vertice bilaterale ma chiederà con forza che gli Stati Uniti accettino precise condizioni, a partire dal rispetto del diritto internazionale, anzitutto sulla questione di Taiwan, accettando pienamente il principio di "Una sola Cina", ma anche evitando interferenze politiche in regioni sensibili della Cina continentale quali Xinjiang, Tibet e Hong Kong, dove Washington e le sue organizzazioni si sono spesso inserite con accuse fabbricate ed il pretesto di tutelare i "diritti umani".

Il vertice di San Francisco potrebbe insomma sancire una svolta storica nei rapporti diplomatici tra Cina e Stati Uniti, cambiando per sempre anche la percezione del colosso asiatico nel mondo occidentale: da "rivale sistemico" a "partner globale". Del resto non è pensabile che la seconda economia mondiale possa essere esclusa o comunque ancora a lungo relegata in una condizione di eccezionalità geopolitica, continuamente indicata come una minaccia di cui diffidare o da cui prendere le distanze. La suddivisione del mondo tra "democrazie" e "autocrazie" operata da Biden all'inizio del proprio mandato anziché rafforzare l'Occidente, rilanciandone il ruolo globale, lo sta infatti progressivamente isolando in una sorta di compartimento stagno all'interno del quale, mentre si pensa di potersi proteggere, si sta in realtà perdendo competitività industriale, fiducia politica e credibilità internazionale nel resto del mondo.

La transizione verso un ordine multipolare è ormai un fenomeno irreversibile. Washington, e di conseguenza anche Bruxelles, dovranno capirlo in fretta prima che l'innalzamento delle tensioni, già esplose o riesplose in grande quantità in giro per il pianeta, raggiunga un punto di non ritorno conducendo il mondo verso un nuovo oscuro ed imprevedibile conflitto globale. E’ il motivo per cui sempre più persone sono convinte che i due paesi debbano raggiungere relazioni stabili, di mutuo rispetto e giungere a posizioni comuni per il bene dell’umanità: queste posizioni sono emerse da sondaggi recenti che considerano saggiamente i rapporti sino-statunitensi.

La Cina, dal canto suo, continua a chiedere fiducia e rispetto, pari condizioni di trattamento rivendicando, com'è logico che sia, un ruolo ed un'autorevolezza internazionale commisurati al suo peso politico, economico e commerciale. L'incontro tra Xi e Biden potrebbe dunque - e si spera sia così - avviare una nuova fase di dialogo e reciproca comprensione non soltanto tra i due Paesi coinvolti ma, più estesamente, anche tra l'Occidente collettivo e il mondo emergente.

Questo ovviamente non si limiterebbe a rendere più cordiali i rapporti tra le nazioni del G7 e quelle dei BRICS ma renderebbe necessaria una decisa riforma dell'architettura internazionale da discutere, approntare ed implementare insieme in diverse sedi internazionali, in primis l'ONU e il G20. 

L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali e Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia

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