Imparare a leggere i dati sul debito

2023-10-08 09:36:26

Lo scorso luglio, Bloomberg ha stimato il debito aggregato della Cina al 282% del PIL. Chiaramente stiamo parlando della somma tra debito pubblico e privato, un dato che in sé, fornito algidamente, non è molto significativo, ma emblematico di una tendenza: quella dei media occidentali a trovare qualsiasi statistica possibile pur di insinuare la presenza di gravi problemi strutturali nell'economia del Dragone. Abbiamo già visto che, al contrario da quanto si narra, i fondamentali del modello economico cinese sono solidi e lo stesso si può dire quando andiamo ad analizzare, anche in chiave comparativa, la questione del debito.

Il rapporto del debito aggregato sul PIL viene infatti riproposto periodicamente dalla stampa mainstream estera con titoli e toni allarmistici, senza considerare un fattore fondamentale di qualsiasi debito, ovvero il suo grado di sostenibilità. Era già avvenuto, ad esempio, nell'estate 2019 quando tale valore aveva raggiunto il 300%, cioè più di oggi. Eppure, la Cina non è certo da sola nel novero dei Paesi ad elevato indebitamento complessivo, anzi. Il rapporto tra debito aggregato e PIL è infatti al 340% in Francia, al 263% in Spagna, al 254% in Italia e al 193% in Germania, per non parlare degli Stati Uniti e del Giappone, con valori "debito pubblico+privato" rispettivamente del "129%+218%" e del "264%+247%"

Ogni grande economia avanzata, o in via di avanzamento, registra elevati livelli di indebitamento. Tuttavia, ogni Paese ha una situazione specifica. Le statistiche anglosassoni calcolano il debito aggregato sommando tre voci: debito governativo (pubblico), debito delle imprese e debito delle famiglie. Nel caso della Cina, a partire dal 2008, è stato quello delle imprese a crescere di più e più velocemente, in concomitanza col boom immobiliare, mentre quello pubblico e quello delle famiglie hanno registrato aumenti significativi soltanto negli ultimi cinque anni, complice anche la pandemia e le incertezze globali che ne sono seguite, pur restando entro la soglia di guardia: intorno al 77% del PIL il debito pubblico e al 63,5% del PIL il debito delle famiglie. Se raffrontato al debito pubblico di alcune delle maggiori economie del mondo, quello cinese risulta essere la metà o molto meno della metà, mentre il tasso di risparmio cinese rimane tra i più alti al mondo.

Se il dato del debito pubblico, che pure desta qualche preoccupazione, andrà valutato nel medio/lungo periodo, quando cioè sarà portata a termine la riforma delle grandi imprese di proprietà statale, il secondo, quello delle famiglie, richiama un aspetto significativo, che riguarda la capacità di risparmio e la ricerca di sicurezza, caratteristica tradizionale nella società e nella mentalità cinesi. Tra le grandi economie, la Cina è quella con la più alta percentuale di abitazioni occupate dai proprietari (90%) ed oltre il 20% delle famiglie possiede più di una casa. Negli Stati Uniti, per fare un confronto, il tasso di proprietà degli immobili si ferma al 66% e in Giappone era al 61,2% nel 2018, con minimi del 6-7% tra i giovani.

Quella cinese, insomma, è una dinamica che ricorda molto l'Italia di qualche decennio fa: un fenomeno di cui il nostro Paese sta ancora beneficiando quale unica fonte certa di stabilità e reddito per la classe media in un contesto attuale di forte erosione del risparmio. I fattori di rischio sistemico e sociale emersi con la crisi del settore immobiliare cinese sono stati per ora scongiurati, attraverso misure per l'agevolazione del credito e nuove regole per determinare i prezzi delle abitazioni in quei contesi locali dove la speculazione aveva colpito più duramente e dove alcune amministrazioni locali si erano indebitate più del dovuto.

L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali e Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia

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