Lo scorso 18 agosto, la stampa internazionale dava grande risalto alla notizia dell'istanza fallimentare presentata a New York da Evergrande, dopo due anni di crisi societaria. Nell'autunno 2021, i circa 300 miliardi di dollari di debiti fin lì accumulati dal colosso immobiliare cinese erano finiti sotto i riflettori del resto del mondo. Alcuni analisti e opinionisti erano già allora pronti ad ipotizzare catastrofici scenari, preconizzando un rapido contagio all'intero settore, con altri importanti attori del real estate pronti a seguire un destino analogo.
Anche il mese scorso, puntualmente, le previsioni più pessimistiche hanno riempito migliaia di pagine, cartacee e digitali. Quasi un inconfessabile feticismo o comunque un desiderio indicibile, che ormai si ripresenta con regolarità da almeno vent'anni, verso un ipotetico crollo del sistema cinese, malgrado la storia abbia sin qui sempre smentito i portatori di sventura, indifferenti al fatto che dall'andamento dell'economia del Dragone dipendono più o meno tutti i mercati del mondo, inclusi quelli occidentali.
Dopo qualche giorno di allarmismo, impropriamente condito con i dati sul commercio estero e sulla disoccupazione giovanile, si è improvvisamente smesso di parlare di Evergrande. Perché? Perché i dati di agosto, pubblicati come di consueto a fine mese, ci raccontano un settore edilizio cinese in forte fiducia, con il sottoindice PMI relativo pari a 53,8 punti: in netta crescita rispetto ai 51,2 del mese precedente. L'ottimismo dei costruttori cinesi, che senz'altro conoscono il mercato interno molto meglio degli osservatori stranieri, mostra una situazione completamente diversa dalla narrazione manistream occidentale. Tra l’altro come dicevamo quasi due anni fa il governo è intervenuto per ristrutturare Evergrande, tutelando i risparmiatori e legittimi acquirenti di case e lasciando al destino fallimentare gli speculatori.
Questo significa assenza di problemi e rischi? Assolutamente no. Ma la leadership ne è pienamente consapevole già da tempo e sta agendo per risolverli o scongiurarli. Sicuramente, intorno al settore immobiliare cinese non si sono sviluppate quelle politiche di estrema finanziarizzazione che hanno dato il via alla più grande crisi finanziaria di tutti i tempi, quella del 2008.
Tornando alla Cina, ricordiamo che proprio alla fine del mese scorso, le autorità finanziarie cinesi hanno annunciato che "le politiche del credito immobiliare saranno adeguate e ottimizzate". I tassi di interesse dei mutui già attivi per l'acquisto della prima casa potranno essere abbassati a partire dal 25 settembre, tramite una rinegoziazione del contratto o la sostituzione con un nuovo mutuo.
La decisione - comunicano dall'Ufficio Informazione del Consiglio di Stato - ridurrà la spesa per gli interessi dei mutuatari e contribuirà a stimolare i consumi e gli investimenti. "Banche e mutuatari saranno orientati a negoziare in modo indipendente secondo i principi di mercato e lo stato di diritto per ridurre i tassi di interesse dei prestiti immobiliari esistenti in modo ordinato e mantenere l'equilibrio della concorrenza di mercato", si legge nella nota. Le nuove direttive potranno essere recepite dai governi locali per modificare le politiche del credito immobiliare nei rispettivi contesti metropolitani o provinciali, adattandole alla situazione specifica.
L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali e Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia