Johannesburg: evento storico sul futuro dell’umanità

2023-08-24 16:33:42

Atteso da diverse settimane, il vertice BRICS di Johannesburg non ha deluso le aspettative. Balzato agli onori delle cronache qualche mese fa per l'annuncio della partecipazione di Vladimir Putin, su cui pende ancora un mandato di cattura internazionale spiccato dalla Corte Penale Internazionale de L'Aja per presunti crimini di guerra in Ucraina. Tolto dagli imbarazzi il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, che non avrebbe mai potuto ordinarne l'arresto per ovvi motivi, il leader russo ha deciso di intervenire da remoto.

Il gruppo BRIC prese il via a livello informale nel settembre 2006, quando i ministri degli esteri di Brasile, Russia, India e Cina si incontrarono a margine dell'Assemblea Generale dell'ONU.Nel 2010, la nuova realtà accolse la richiesta del Sudafrica, entrato ufficialmente durante il vertice di Sanya, in Cina, dell'aprile 2011, modificando l'acronimo in BRICS.

Da allora, ogni anno, i cinque leader si incontrano a rotazione in uno dei Paesi coinvolti. L'agenda del vertice in corso era ovviamente densa di novità. Tra gli osservatori internazionali, c'era anche chi si attendeva un arretramento rispetto alle intenzioni, mai nascoste, di allargare il gruppo ad almeno qualcuno degli oltre trenta Paesi che hanno presentato richiesta di adesione nel corso degli ultimi anni. Tra questi, economie molto importanti, non necessariamente emergenti, come Arabia Saudita, Indonesia, Iran, Emirati Arabi Uniti, Algeria ed Egitto.

Secondo alcuni, infatti, la Cina, principale protagonista della piattaforma, starebbe spingendo per trasformare il gruppo BRICS in una piattaforma economico-finanziaria strutturata.

Durante il suo intervento al BRICS Business Forum 2023, il presidente cinese Xi Jinping ha descritto il mondo odierno come una "comunità dal destino condiviso", termine utilizzato già da molti anni dal leader cinese per esaltare la base di interessi comuni all'intera umanità e favorire la cooperazione internazionale. Xi ha sottolineato che i popoli dei vari Paesi non vogliono una nuova Guerra Fredda o l'emersione di un piccolo blocco esclusivo di governi, bensì un mondo aperto, inclusivo, pulito e bello che goda dei frutti di una pace duratura, della sicurezza universale e della prosperità comune.

"Dobbiamo promuovere lo sviluppo e la prosperità per tutti", ha affermato Xi, aggiungendo che con la perseveranza, il duro lavoro e un enorme sacrificio, molti mercati emergenti e nazioni in via di sviluppo sono riuscite ad ottenere l'indipendenza. "Ogni Paese ha il diritto allo sviluppo e le persone di ciascun Paese sono libere di ricercare una vita felice", ha anche osservato il leader cinese, citando lo spirito e gli obiettivi dell'Iniziativa di Sviluppo Globale (GDI), presentata dallo stesso Xi all'Assemblea Generale dell'ONU nel settembre 2021.

Puntando il dito contro i pericoli nascosti dietro una visione manichea del mondo, come quella impostata dall'Amministrazione Biden attraverso la fittizia suddivisione del pianeta tra nazioni "democratiche" e nazioni "autoritarie", Xi Jinping ha ribadito il rifiuto della Cina verso qualsiasi prospettiva di contrapposizione e scontro tra civiltà.

Vanno qui considerati due fattori. Il primo, di carattere strategico, risiede nella necessità di rispondere alle politiche di de-risking annunciate dai Paesi occidentali per cercare di ridurre la dipendenza dalla Cina in alcuni settori sensibili. Più volte denunciate da Pechino come tentativi di boicottaggio e isolamento, col sospetto che Washington voglia preparare i presupposti per uno scontro militare vero e proprio, le decisioni adottate, sebbene in modi e tempi diversi, da USA e UE mettono a rischio il commercio estero del gigante asiatico, che ha dunque bisogno di maggiori garanzie in mercati alternativi.

Il secondo, di carattere storico e geopolitico, guarda alle dinamiche globali e alle tendenze da qui ai prossimi cinquant'anni, quando il mondo sarà molto diverso da come l'abbiamo conosciuto nel secolo scorso e all'inizio di questo. Secondo le stime di Goldman Sachs, pubblicate lo scorso giugno, nel 2050 le prime cinque economie del mondo saranno Cina, prima già a partire dal 2035, Stati Uniti, India, Indonesia e Germania. Per allora, l'Italia, già settima nel 2000 e decima lo scorso anno, sarà addirittura sparita dalla top-15.

Nel 2075, gli Stati Uniti saranno scalzati al secondo posto dall'India mentre la Germania sarà sostituita al quinto dalla Nigeria. A differenza di quella statunitense, per l'economia tedesca non si tratterà di perdere una sola posizione bensì quattro, scivolando al nono posto dietro a Pakistan, Egitto e Brasile. Delle prime quindici economie mondiali, soltanto quattro saranno quelle occidentali (USA, Germania, Regno Unito e Francia), riducendo in modo decisivo il peso politico ed economico del G7.

Per gli analisti della nota banca d'affari, malgrado le difficoltà e gli impatti di pandemia, guerra e crisi finanziarie, la convergenza tra le economie emergenti e quelle avanzate proseguirà la sua marcia. Questo indica che la quota del PIL globale rappresentata dalle prime continuerà a crescere nel tempo, che i loro redditi colmeranno gradualmente il divario rispetto ai livelli dei Paesi sviluppati e che la distribuzione del reddito globale si sposterà verso tale crescente gruppo di economie a medio reddito.

L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali e Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia

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