La tragedia delle Hawaii è le responsabilità politiche

2023-08-21 17:40:07

Lo scorso 8 agosto, il territorio delle Isole Hawaii è stato colpito da gravissimi incendi che in pochi giorni hanno letteralmente spazzato via la città di Lahaina, sull'isola di Maui, interessando un'area di quasi 7.000 ettari. Secondo le stime del Pacific Disaster Center (PDC) e della Federal Emergency Management Agency (FEMA), le fiamme hanno distrutto oltre 2.200 edifici, prevalentemente residenziali ma anche alcuni siti storico-culturali, cari alle popolazioni indigene.

L'evento calamitoso, ancora non del tutto domato, ha provocato un vespaio di polemiche sull'intempestività dei soccorsi e sulla scarsa efficienza delle misure emergenziali messe in campo sia dalle autorità locali che da quelle federali statunitensi. In seguito alle due critiche rivoltegli dalla popolazione, lo scorso 18 agosto, il capo dell'agenzia per l'emergenza di Maui, Herman Andaya, si è dimesso. In particolare, Andaya è stato accusato di non aver fatto suonare le sirene d'allarme durante l'incendio che ha devastato la città di Lahaina.

Nei giorni precedenti, il responsabile per le emergenze aveva difeso la sua decisione sostenendo che la popolazione, abituata ad essere allertata in caso di pericolo tsunami, avrebbe dunque subito cercato una via di fuga verso l'interno, anziché verso la costa, finendo così proprio in bocca alle fiamme.

Comunque siano andate le cose e chiunque siano i principali responsabili, è ormai opinione diffusa tra la popolazione che l'inefficienza sia alla base della propagazione degli incendi. Stando all'ultimo bollettino, diffuso dalla Contea di Maui lo scorso 18 agosto, le vittime accertate sono sin qui 114, ma secondo testimoni locali contattati nelle stesse ore dal Daily Mail hanno parlato invece di 480 morti aggiungendo che gli obitori dell'isola erano pieni. A parziale conferma di quanto riportato, lo scorso 15 agosto, il governatore delle Hawaii Josh Green aveva affermato ai microfoni della CBS che c'erano già moltissimi dispersi: un numero incerto che oscillava tra le 1.300 e le oltre 2.000 unità.

Le immagini che provengono dall'isola di Maui è dunque devastante: case bruciate, cadaveri carbonizzati, molti dei quali irriconoscibili al momento, e quartieri fantasma. Lahaina fu la capitale del Regno delle Hawaii, annesso dagli Stati Uniti nel 1898, per poi diventarne ufficialmente uno stato interno nel 1959. Una conquista in pieno stile, quindi, proprio mentre le potenze europee stavano vivendo l'ultima drammatica fase del loro dominio coloniale.

Non va dimenticato, in tal senso, che Washington possiede tutt'ora anche quattordici territori d'oltremare, tra incorporati e non-incorporati, organizzati e non-organizzati, sparsi tra Mar dei Caraibi e Oceano Pacifico. Cinque di questi sono abitati in modo permanente da una popolazione civile indigena: Guam, Porto Rico, Isole Marianne Settentrionali, Samoa Americane ed Isole Vergini Americane. Sugli altri c'è invece soltanto personale militare, dunque non permanente.

Secondo Fox News, complice il declino dell'economia agricola locale in favore di un massiccio sfruttamento del luogo in chiave turistica e balneare, molte piantagioni presenti sull'isola di Maui sono state abbandonate lasciando i terreni incolti. Questa trasformazione del territorio ha indubbiamente favorito la diffusione degli incendi ad un ritmo talmente rapido da non lasciare praticamente scampo agli abitanti.

Maui è anche colpita da forti diseguaglianze sociali e da un elevato divario reddituale. Da un lato, le multinazionali proprietarie dei resort e delle strutture ricettive di lusso presenti sulle spiagge. Dall'altro, le strade e le case fatiscenti della vecchia Lahaina, dove vive gran parte della popolazione indigena, senza contare l'elevato numero dei senzatetto.

NBC News ha riportato lo scorso 16 agosto che molti nativi preferiscono persino restare tra le rovine degli incendi piuttosto che recarsi nei centri di soccorso istituiti dal governo degli Stati Uniti. La spiegazione per un simile comportamento, apparentemente senza senso, giace nelle ferite storiche lasciate dal colonialismo nordamericano e nella discriminazione percepita dalle comunità indigene hawaiane. Addirittura c'è chi teme che Washington possa sfruttare la tragedia di Maui per spostare altrove i nativi ed utilizzare i terreni distrutti dagli incendi per scopi di profitto.

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