La restrizione degli investimenti degli Usa verso la Cina è un boomerang

2023-08-10 23:01:32

La mattina del 10 agosto, il presidente americano Joe Biden ha firmato un decreto per istituire il meccanismo di revisione degli investimenti all’estero, al fine di limitare gli investimenti degli Stati Uniti nei settori cinesi dei semiconduttori e della microelettronica, della tecnologia dell'informazione quantistica e dell'intelligenza artificiale. Secondo quanto riportato dai media statunitensi, questo decreto entrerà in vigore fra circa un anno; in questo periodo, l’amministrazione Biden riceverà il feedback del pubblico e nel frattempo apporterà le dovute modifiche. In realità, l’emanazione del decreto rappresenta un segnale negativo: con l’intento di “recidere il legame economico che lega gli Stati Uniti alla Cina” adducendo come pretesto di “de-risking”, non porterà altro che fattori d’incertezza in tutto il mondo.

Le personalità del settore economico statunitense hanno in un primo tempo espresso preoccupazione. L’Associazione dell’Industria dei Semiconduttori degli Usa ha detto che fornirà un feedback e spera che la norma finale consenta alle aziende statunitensi di chip "l'accesso ai principali mercati globali, compresa la Cina". Anche la National Venture Capital Association ha affermato di seguire con grande attenzione all’evolversi del decreto, per assicurarsi che l'ordine esecutivo "non abbia conseguenze indesiderate sugli investimenti delle aziende americane”.

Secondo quanto rivelato dai media americani, l’elaborazione di questo ordine esecutivo ha impiegato quasi due anni. Sono circolate voci americane secondo cui questo documento si sarebbe dovuto firmare nello scorso maggio, prima del Summit G7; ma poi è stato rinviato di alcuni mesi. È facile notare un intenso confronto tra le varie forze in gioco. Secondo gli analisti, la firma del decreto sembra più essere un “trucco politico”, che riflettere l'ecologia politica malata di Washington, ovvero, nel radicato pensiero di "contenimento", la durezza nei confronti della Cina è diventata la cosiddetta "correttezza politica" di Washington! ". In vista delle elezioni americane del prossimo anno, l’amministrazione Biden, al fine di guadagnare più volti, sta facendo il possibile per reprimere la Cina; in questo contesto, non sorprende l'introduzione di restrizioni agli investimenti nell'ordine esecutivo cinese.

Un paio di giorni fa la Fitch Ratings ha declassato il rating del credito USA, esprimendo preoccupazione per l'economia statunitense. Questa volta, se verranno attuate le restrizioni agli investimenti USA nel mercato cinese, si teme che l'economia degli Stati Uniti sarà ulteriormente trascinata verso il basso e diventerà un "boomerang" per se stessa.

Se il decreto americano verrà messo in atto, eserciterà forti impatti alla catena industriale e alla supply chain del mondo, che non costituirà neanche un vantaggio agli Stati Uniti. Prendiamo ad esempio l'industria dei chip, un'industria altamente globalizzata che richiede la divisione del lavoro tra i vari paesi. Secondo le statistiche del settore, la produzione di alcuni chip avanzati richiede oltre mille processi e necessita di oltre 70 cooperazioni transnazionali. Come possono gli Stati Uniti stare da soli quando violano le leggi di mercato e promuovono forzatamente il “decoupling”?

 

 

 


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