Incertezza economica nell’Eurozona e crescita poderosa dei BRICS: un’opportunità strategica per l’Italia

2023-08-04 16:38:50

La crescita economica dell’eurozona è stata caratterizzata da una contrazione nell’ultimo trimestre dell’anno scorso, da una lieve crescita nei primi tre mesi di quest’anno e da una sostanziale stagnazione nell’ultimo trimestre. Ma la sua recente ripresa è più debole di quella degli Usa e delle economie dei paesi emergenti, a partire dalla Cina.

Volendo poi fare un focus sull’Italia si nota una netta frenata, con il Pil che è diminuito dello 0,3% rispetto alla lieve crescita dello 0,6% del trimestre precedente. L’Istat rileva come questo calo sia dovuto principalmente dalla flessione del settore primario e dell’industria. A questo si aggiunge un calo di consumi interni ed un export al palo. Non va meglio l’import, che è calato di quasi 40 punti nei principali paesi partner extra UE, dalla Cina agli Stati Uniti, passando per i paesi Asean ed Opec. Se a questo aggiungiamo la decisione della Bce di alzare i tassi di interesse che, secondo molti analisti non farà altro che spingere in recessione altri paesi europei oltre alla Germania, la prospettiva è di una crescita pressoché nulla.

Un quadro non idilliaco, confermato dalla contrazione del settore manifatturiero e dalla erosione dei risparmi di famiglie ed imprese.

Contemporaneamente a questo, dal 22 al 24 del mese si terrà in Sudafrica il vertice dei paesi BRICS, la cui importanza è cresciuta negli anni e che potrebbe apprestarsi a coniare una moneta unica, fondamentale per creare un sistema monetario internazionale che favorisca gli scambi commerciali bypassando la centralità del Dollaro.

Guardando al contributo che i paesi del G7 e di quello dei BRICS all’economia mondiale in termini di Pil a parte di potere d’acquisto (PPP), si nota come nel 1992 la quota in capo al G7 era pari al 45,8% mentre quella dei paesi BRICS al 16,45%. Trenta anni dopo, i BRICS contribuiscono per il 31,67% mentre i paesi del G7 sono scesi al 30,31% segnando quindi un sorpasso significativo dei paesi emergenti sulle economie dei paesi a capitalismo maturo. I calcoli in base al PPP riflettono meglio la forza delle valute e dei prezzi locali, potenziando il Pil dei paesi in via di sviluppo, dove il costo di beni e servizi è più conveniente di quelli dei paesi del G7. Stando alle proiezioni del FMI, nel 2023 i Paesi BRICS costituiranno una quota maggiore dell'economia mondiale (56.000 miliardi di dollari) rispetto al G7 (52.000 miliardi di dollari) e entro il 2028 i Paesi BRICS rappresenteranno un terzo dell'economia globale.

Ed il crescente peso economico si accompagnerà alla richiesta di un maggior peso anche in termini politici. Nel 2021 i paesi BRICS hanno adottato una dichiarazione congiunta che prevedeva un rafforzamento del sistema multilaterale e la sua riforma, auspicando un quadro più equilibrato e sfaccettato di come si presenta oggi l’ordine mondiale. Non è certo un mistero che molti paesi (come l’India) chiedano una riforma del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ed altri si sentano sotto-rappresentati in istituzioni globali quali la partecipazione azionaria della Banca Mondiale e del FMI.

Di fronte a questo cambiamento epocale che si svolge sotto i nostri occhi non dobbiamo commettere l’errore di comportarci come gli struzzi, che mettono la testa sotto la sabbia. Di converso, diventa sempre più urgente uscire dalla trappola della politicizzazione dei rapporti economici e dialogare con tutti i paesi (a partire da quelli che trainano la crescita economica mondiale) per costruire una strategia che permetta all’Europa di crescere.

Stringendo il punto di osservazione alle relazioni tra l’Italia e la Cina, abbiamo già visto a maggio che il contributo cinese alla crescita dell’export italiano su base annua segna un incredibile +131,3% di import di prodotti italiani verso il paese asiatico. Secondo diversi studi, dopo la firma del MoU del 2019, l’export italiano verso la Cina è cresciuto, proporzionalmente, di più che altri paesi europei che tradizionalmente hanno forti rapporti commerciali con Pechino. E questo non ha affatto scalfito il nostro export verso gli Stati Uniti che, nello stesso periodo è cresciuto del 35%. A riprova del fatto che è possibile cooperare e fare affari con tutti i principali attori geopolitici, senza per questo dover scivolare nell’abbrivio di costruire circoli esclusivi o “blocchi geopolitici” escludenti.

Di fronte alle trasformazioni che stanno investendo il quadro mondiale, diventa essenziale calibrare bene la nostra strategia, intessendo rapporti con tutti. È quanto ha fatto l’Italia nel dopoguerra, quando è stata capace di diventare un grande paese industriale moderno. Una stagione che oggi ricordiamo con nostalgia. Per riviverla servirebbe lo stesso coraggio politico che abbiamo avuto allora, lo stesso che ha reso famoso il Made in Italy in tutto il mondo.

L'autore Francesco Maringiò è il presidente dell’Associazione italo-cinese per la promozione della Nuova Via della Seta

Our Privacy Statement & Cookie Policy

By continuing to browse our site you agree to our use of cookies, revised Privacy Policy. You can change your cookie settings through your browser.
I agree