Rasserenare il clima per le necessità di tutta l'umanità

2023-07-20 15:14:38

Si è chiusa ieri la visita in Cina di John Kerry, inviato speciale dell'Amministrazione Biden per il clima, uno dei pochi ambiti in cui Pechino e Washington hanno sin qui raggiunto un consenso di base. Atterrato domenica a Pechino, Kerry ha incontrato il suo omologo cinese Xie Zhenhua per uno scambio di idee e prospettive nel bel mezzo di questa torrida estate 2023.

Proprio in questi giorni si sono infatti registrate temperature elevatissime un po' ovunque nel mondo, compresa quella record di Sanbao, nella regione autonoma nord-occidentale dello Xinjiang, dove la colonnina di mercurio è salita fino a 52,2 °C, e quella perfino superiore della Death Valley californiana, dove il termometro ha toccato punte di 56 °C.

Gli Stati Uniti, per altro, hanno da poco attraversato oltre un mese di emergenza causata dagli incendi dei boschi del Québec canadese, dove nei primi sei mesi dell'anno sono già bruciati più di 9 milioni di acri (15 volte in più del normale), rendendo quasi irrespirabile l'aria di New York e di molti altri centri abitati del Nordest del Paese.

La prospettiva di Pechino è chiara: Stati Uniti e Cina, in qualità rispettivamente di prima e seconda economia mondiale, dovrebbero farsi carico di portare avanti le azioni climatiche necessarie per contribuire a raffreddare il pianeta. Dal punto di vista cinese, le due potenze dovrebbero insomma mettere da parte i motivi di attrito e tensione per individuare una piattaforma comune che massimizzi gli sforzi sin qui compiuti, in varie forme e in varia misura, in direzione di una maggiore sostenibilità dei rispettivi modelli di sviluppo.

La transizione energetica è un processo lungo, complesso e soprattutto costoso. Richiede infatti tecnologie e risorse per poter adeguare la produzione industriale e i trasporti alle esigenze dell'ambiente, dell'uomo e della fauna. Non è un caso se tra i primi dieci Paesi per mole di investimenti in questo ambito vi siano soltanto Paesi avanzati o potenze emergenti.

I dati definitivi relativi al 2021, secondo il reportage di BNEF, vedono la Cina in testa alla classifica con 266 miliardi di dollari, pari al 35,2% del totale mondiale, seguita dagli stessi USA, con 114 miliardi (15,1%), davanti a Germania ($47mld - 6,2%), Regno Unito ($31mld - 4,1%), Francia ($27mld - 3,6%), Giappone ($26mld - 3,4%), India ($14mld - 1,9%), Corea del Sud ($13mld - 1,7%), Brasile ($12mld - 1,6%) e Spagna ($11mld - 1,5%).

Più estesamente, la Cina è leader mondiale per quanto riguarda gli investimenti in energie pulite: sempre nel 2021, il dato del Paese asiatico si attestava a quota 380 miliardi di dollari, contro i 260 miliardi dell'UE e i 215 miliardi degli Stati Uniti.

Primo posto mondiale per la Cina anche nell'ambito della riforestazione con un incremento netto annuo della superficie boschiva pari a 19.370 km2, davanti ad Australia, India, Cile, Vietnam, Turchia, Stati Uniti, Francia, Italia e Romania  L'area forestale cinese ha raggiunto i 231 milioni di ettari entro il 2022, con una copertura del 24,02%.

I numeri parlano chiaro: contrariamente alle forti critiche e alle accuse spesso propinate superficialmente nei talk-show o sulla stampa mainstream, la Cina sta compiendo sforzi eccezionali per ridurre quanto più possibile l'impatto del suo ciclo produttivo e del suo mercato dei consumi, efficientando la distribuzione idrica/energetica e salvaguardando l'ambiente, attraverso soluzioni particolarmente innovative che potrebbero essere studiate anche in Europa, dove la transizione ecologica viene fortemente predicata - spesso anche con toni eccessivi e modalità controproducenti - ma poco o mal praticata.

Da quando gli Stati Uniti sono rientrati nell'Accordo di Parigi sul Clima del 2015 e l'UE ha giocoforza ridotto drasticamente le forniture di gas dalla Russia, incentivando ed accelerando il Green New Deal presentato nel 2019, l'Occidente non può fare a meno di rasserenare il clima con la Cina.

Durante la recente Conferenza Nazionale sulla Protezione Ecologica e Ambientale, svoltasi a Pechino proprio nei giorni della visita di Kerry, il presidente cinese Xi Jinping ha ribadito i due termini del 2030, come anno del raggiungimento del picco carbonico, e del 2060, anno in cui il Paese asiatico raggiungerà la neutralità carbonica, sottolineando che i percorsi, i metodi, i ritmi e l'intensità del lavoro per raggiungere questi obiettivi "dovrebbe e deve essere" stabilito dalla Cina, senza interferenze esterne. Un approccio ecologico, certamente, ma senza utopie e fanatismi, come da consueta prassi cinese.

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