102 anni di PCC: come la sua capacità di adattamento ha plasmato il successo della Cina

2023-06-30 22:00:55

Ad aprile scorso sono ritornato finalmente in Cina dopo la lunga pausa forzata a causa della pandemia. L’occasione, oltre ad essere stata importante sul piano umano e professionale, è stata anche preziosa per cogliere alcune novità della società cinese. Rileggendo gli appunti presi in viaggio ritrovo una breve nota scritta sul volo di ritorno nella quale appuntavo una considerazione, ossia che i due aspetti che mi avevano particolarmente colpito nel corso di quella esperienza erano stati la dinamicità della società cinese ed una accresciuta visibilità del Partito Comunista.

Quest’ultimo tema, in particolare, è percepibile in modo chiaro a quanti hanno potuto visitare il paese dopo il 2021, anno nel quale le celebrazioni per il centenario della fondazione del partito hanno avuto un impatto molto forte. L’esibizione della simbologia del PCC è molto più marcata che nel passato, ma soprattutto è evidente la lettura storica che ne viene fornita. Da un lato infatti, come dimostra il recente discorso che Xi Jinping ha tenuto il 2 giugno scorso, la ricezione del marxismo in Cina ed il suo adattamento alla realtà specifica del paese vengono considerati aspetti peculiari del PCC. Dall’altro lato la storia dei comunisti cinesi è intimamente intrecciata con quella dei successi della nazione.

Concentriamoci sul primo aspetto. La forza del consenso del marxismo in Cina e della leadership del partito nella società nasce innanzi tutto dalla capacità di combinazione ed adattamento reciproco tra marxismo e cultura tradizionale cinese. Anche se il marxismo arriva “dall’esterno”, nasce cioè in occidente, la leadership cinese ha sempre avuto l’abilità di adattare quelle categorie e concezioni al proprio contesto storico ed alle specificità culturali della Cina. Si parla infatti di sinizzazione del marxismo proprio per intendere l’applicazione del metodo marxista alle concrete condizioni della formazione economico-sociale cinese. Se è vero che una nuova società non si costruisce dal nulla ma nasce su una base storicamente determinata, i comunisti cinesi hanno compreso l’importanza di adoperare il marxismo come una bussola capace di orientarli. Questa attitudine ha permesso quindi l’integrazione tra teoria e prassi ed ha impresso al PCC una pratica divenuta una sua caratteristica peculiare, che è la grande abilità di adattamento e continua innovazione.

Uno dei ruoli fondamentali del PCC è quello che nasce dal principio secondo cui “il partito gestisce i quadri” (dello Stato, oltre che del partito stesso). Questi vengono selezionati e promossi sulla base delle competenze e dei risultati ottenuti nel lavoro concreto, come pure della preparazione politico-ideologica. Tale processo di selezione è prettamente meritocratico e trae ispirazione dal sistema Keju, il primo processo di esame pubblico al mondo per la selezione dei funzionari dell’impero. Non potrebbe esserci esempio più efficace per spiegare la compenetrazione tra gli obbiettivi dei marxisti cinesi con la tradizione specifica del proprio paese.

Il secondo aspetto attiene al legame tra il ruolo del partito ed i successi della Cina. Questo vincolo è rivendicato con grande efficacia. Senza la nascita del PCC ed il ruolo che ha svolto nei primi 28 anni di vita in un’epoca tumultuosa ed attraversata da mille contraddizioni e, successivamente, con la fondazione della Repubblica Popolare, non esisterebbe la Cina moderna. 

                                                             

Come ci ha insegnato il compianto filosofo Domenico Losurdo, il PCC va al potere proponendosi come nuovo gruppo dirigente sulla base di un patto sociale stipulato con l’intera nazione e basato sulla promessa di porre fine allo stato semicoloniale e semifeudale della Cina. La trasformazione sia delle condizioni domestiche che di quelle sul piano internazionale, cambia la configurazione di questo patto sociale. Per cui possiamo riflettere sul fatto che esso ha vissuto una nuova fase quando ha posto al centro il tema dello sviluppo, che non ha rappresentato solamente un contributo al progresso delle condizioni di vita dell’intera popolazione cinese, ma anche un punto di riferimento per i paesi del Terzo Mondo, consci della necessità di liberarsi dal peso del sottosviluppo. A partire dal 19º Congresso del PCC, con l’ingresso della Cina nella Nuova Era, tale patto sociale si è ulteriormente riconfigurato. Oggi la Cina è un paese che occupa un posto di rilievo nello scacchiere internazionale e, soprattutto, il contesto globale è profondamente mutato. Una delle caratteristiche della Nuova Era è proprio la rinnovata centralità del partito e la sua capacità di leadership complessiva sulla società.

Nel corso del mio recente viaggio in Cina ho visitato il museo del parco industriale di Suzhou, la città da quasi 13 milioni di abitanti ad ovest di Shanghai. Assieme al racconto sui progressi tecnologici e culturali della città c’erano ampie parti che raccontavano il ruolo svolto dal partito e come esso abbia contribuito allo sviluppo economico ed ai successi della città in ambito industriale, diplomatico e culturale. Il messaggio che emergeva in maniera manifesta dalla visita a questo museo era incentrato sul fatto che il paese, per garantire lo sviluppo della Cina ed essere in grado di affrontare le sfide che ha di fronte, deve restare coeso e stringersi attorno al partito ed alla sua leadership. Ideologia, partito e sviluppo economico diventano così aspetti che si intrecciano fortemente e che rendono vigoroso il legame tra sviluppo e progresso della nazione con quello della sua guida politica. 

Stando ai dati disponibili pubblicati oggi, il Partito comunista cinese ha raggiunto nel 2022 il numero record di iscritti di 98,41 milioni di membri, registrando un aumento dell’1,4% rispetto all’anno precedente. Erano appena 12 i delegati che fondarono il partito nel 1921 in rappresentanza di più di 50 iscritti in tutta la Cina. Degli attuali iscritti il 54,7% possiede una laurea o un diploma di scuola superiore ed il 34,8% ha meno di 40 anni. L’interesse dei giovani verso il partito è testimoniato anche dal fatto che, ogni anno, circa 4 milioni di nuovi membri chiede di entrare nel partito. La percentuale invece di operai e contadini, in ragione di una radicale trasformazione della società e della sua composizione, è complessivamente diminuita, arrivando al 33,3% del totale. Le donne costituiscono meno di un terzo dei membri del partito, ma il loro numero è complessivamente aumentato ad oltre a 29 milioni. È il frutto di un lavoro messo in campo negli ultimi anni per attrarre giovani istruiti e migliorare la quota femminile così da avere piena rappresentanza della società cinese nel suo complesso, dopo le trasformazioni degli ultimi decenni.

Quando i dirigenti cinesi parlano del percorso storico del PCC usano la metafora del lungo viaggio, durante il quale hanno mantenuto l’impegno a restare fedeli all’aspirazione originale e lavorare per il rinnovamento della nazione cinese e della sua modernizzazione socialista.

Ancora una volta, il patto sociale stipulato con l’intera nazione vede il PCC giocare un ruolo centrale per i destini della Cina ed imprimere la direzione di marcia a questo lungo viaggio.

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