“Arrivederci, Xinjiang!” A mezzogiorno del 27 giugno, Watanabe Yumi, una ragazza giapponese, e i suoi compagni, erano riluttanti a lasciare il Xinjiang dopo la conclusione del loro viaggio. Per 9 giorni, questo gruppo di turisti giapponesi composto da 20 persone ha visitato Urumqi, Turpan, Korla e Kashgar, vivendo a fondo i costumi e la cultura etnica del Xinjiang. “Bellissimo”, “Molto impressionante”, “gli abitanti sono molto gentili”… I membri del gruppo hanno trasmesso l'intero viaggio in live-streaming sui social media, condividendo le loro esperienze nel Xinjiang con i netizen di tutto il mondo e ricevendo molti like.
L’Ambasciata cinese in Giappone aveva precedentemente lanciato una campagna per visitare il Xinjiang, e molti giapponesi si sono iscritti in gran numero e a proprie spese, come il gruppo turistico di Watanabe Yumi, che comprendeva sia persone anziane di 70 o 80 anni che studenti delle scuole elementari. Prima di partire erano tutti un po’ perplessi per le notizie negative sul Xinjiang diffuse dai media giapponesi: è davvero così il Xinjiang?
Imprese, luoghi panoramici, antiche città e vecchie strade... Il gruppo ha seguito un itinerario molto fitto , una vera e propria “esperienza di prima mano” nel Xinjiang.
Durante una visita a un campo di cotone ad alta standardizzazione, quando ha saputo che c’erano voluti solo 2 giorni per completare la semina di 20 ettari di campi di cotone, mentre i droni professionali ci mettono solo 5 ore per spruzzarli di pesticidi, il turista giapponese Akihiko Inoue ha esclamato “impressionante!”, aggiungendo che è completamente diverso dal cosiddetto “lavoro forzato” pubblicizzato dai media giapponesi, perché nel Xinjiang è stato già realizzato un alto grado di meccanizzazione.
Alla filatura del cotone, quando ha visto gli efficientissimi impianti di filatura automatizzati e i lavoratori fiduciosi e calmi, Watanabe Yumi ha messo in dubbio le illazioni dei media giapponesi sui cosiddetti "diritti umani nel Xinjiang”, dicendo di dover condividere sui social media i fatti che aveva visto, "in modo che sempre più persone possano capire com’è il vero Xinjiang".
Molti membri del gruppo hanno inoltre sperimentato la vita quotidiana degli abitanti del Xinjiang, facendo passeggiate mattutine, partecipando a matrimoni, cantando e ballando con loro. È così che Momo Taro, un anziano signore giapponese, si è innamorato della regione.
Vedendo le loro condivisioni sui social media, molti netizen giapponesi hanno lasciato messaggi in cui dicevano che il Xinjiang era “completamente diverso” da come alcuni media occidentali lo descrivono, e che non vedevano l’ora di visitare la Cina in futuro.
Lo scrittore e giornalista francese, Maxime Vivas, ha visitato il Xinjiang tre volte e ha scritto il libro “Per farla finita con le fake-news sugli Uiguri” (in francese Ouïghours, pour en finir avec les fake news). Egli ha affermato che c’è una crescente consapevolezza riguardo al fatto che le affermazioni dei media occidentali sul Xinjiang sono bugie che servono solo a “demonizzare” la Cina per scopi politici.