Dai cambiamenti climatici uno stimolo a ripensare il modello di sviluppo

2023-06-02 16:08:30

Siccità, incendi, alluvioni, innalzamento del livello del mare e collasso climatico sono sempre più fenomeni che impattano direttamente sulla nostra vita. Secondo l’Istat la preoccupazione per i cambiamenti climatici ha fatto un balzo nel 2022, coinvolgendo il 56,7% della popolazione contro il 52,2% dell’anno precedente. Il quinto rapporto sul Clima realizzato dal Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico ribadisce come l’uomo sia responsabile al 95% di questo cambiamento, principalmente a causa dell’accresciuta concentrazione di CO2 nell’atmosfera (+50% rispetto ai livelli preindustriali), che ha comportato un progressivo innalzamento della temperatura media e del livello dei mari.

L’aumento delle calamità naturali, come quelle registrate recentemente in Italia con le alluvioni in Emilia Romagna, si moltiplicano in tutto il mondo. Secondo l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM), il numero di disastri correlati al clima, come uragani e inondazioni, è aumentato del 35% negli ultimi tre decenni. In particolare, l'OMM stima che le inondazioni sono il disastro naturale più comune, che ha coinvolto più di 2 miliardi di persone dal 1990 al 2019. A questo si aggiungono altri fenomeni quali l’aumento delle temperature e del livello del mare e l’incremento di fenomeni di siccità ed incendi boschivi. L’attività antropica (cioè imputabile direttamente all’uomo) è la causa principale di questi fenomeni. Basti pensare all’uso dei combustibili fossili, alla deforestazione, alle emissioni di gas-serra ed all’uso del suolo.

Restringendo il campo di osservazione all’Italia emerge come il 93,9% dei Comuni italiani ha registrato casi di dissesto idrogeologico, aggravati dagli effetti del cambiamento climatico, ma anche dalla continua cementificazione del suolo. A certificarlo è l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale che ha anche rilavato come nel 2021 siano stati cancellati più di 69 Kmq di campagne e boschi.

I disastri ambientali non rappresentano la ribellione della natura sull’uomo, ma sono la diretta conseguenza di un modo di produzione capitalista basato su uno squilibrio strutturale tra economia ed ambiente e tra uomo e natura.

Un recente studio sulla rivista dell'Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti, ma realizzata da un team italiano della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dimostra che i cambiamenti climatici amplificano le disuguaglianze sociali ed economiche. Aspetto osservato anche dalla ong Germanwatch che nello studio “Climate risk index 2021”, ha mappato fenomeni estremi legati al cambiamento climatico che si sono susseguiti nel mondo tra il 2000 e il 2019. Tra i paesi più colpiti, quelli più poveri.

La lotta ai cambiamenti climatici, quindi, è essenziale tanto per salvaguardare il pianeta per le generazioni future, quanto per promuovere l’equità e la giustizia climatica, riducendo le disparità.  Pertanto solo un’azione collettiva ed urgente da parte della politica internazionale può determinare le condizioni per adottare strategie in grado di preservare il pianeta, proteggere la biodiversità, promuovere l'equità ed assicurare la sostenibilità, garantendo un futuro sostenibile alle prossime generazioni.

Nonostante spesso la pubblicistica occidentale provi ad addossare ai nuovi paesi emergenti la responsabilità del maggior contributo alla produzione della CO2, basta considerare il contributo pro capite delle nazioni e, soprattutto, l’eredità storica delle emissioni per rendersi conto di un quadro completamente diverso. Per queste ragioni la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (1992) prima e l'Accordo di Parigi (2015) poi hanno ha adottato il principio delle responsabilità comuni ma differenziate, secondo cui i paesi sviluppati dovrebbero assumersi la leadership nella riduzione delle emissioni di gas serra e nel sostegno ai paesi in via di sviluppo per affrontare i cambiamenti climatici attraverso la fornitura di finanziamenti, tecnologie e capacità.

Tale principio fornisce anche una base strutturale importante per la cooperazione internazionale tra nord e sud del mondo. Una forma di sostegno reciproco che oramai non è più a senso unico, se si pensa che la Cina, tutt’ora un paese in via di sviluppo, fornisce tecnologia all’avanguardia anche ai paesi più sviluppati per l’efficienza energetica e la mobilità sostenibile.

I cambiamenti climatici sono una sfida globale che non conosce confini e richiedono un impegno comune e coordinato per essere affrontati in modo efficace. Pertanto, la necessità di una cooperazione efficace tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo per affrontare i cambiamenti climatici è di fondamentale importanza: la cooperazione internazionale può contribuire a creare una maggiore fiducia e solidarietà tra i paesi. Solo unendo le forze possiamo sperare di proteggere il nostro pianeta e garantire un futuro migliore per tutti, evitando che tragedie come quelle che stanno investendo le nostre città non si ripetano nuovamente.

 

L'autore Francesco Maringiò è il presidente dell’Associazione italo-cinese per la promozione della Nuova Via della Seta

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