Dal 29 al 30 marzo, si terrà la seconda edizione del “Summit per la democrazia” organizzato dagli Stati Uniti. Mentre il mondo sta affrontando dei cambiamenti, il cosiddetto “Summit per la democrazia” è ancora impegnato in politiche di cerchie ristrette e contrapposizioni per creare nuovi scontri in nome della “democrazia”. Il summit calpesta lo spirito della democrazia, e il mondo non ne ha bisogno.
Rispetto alla edizione precedente, questa volta gli Stati Uniti hanno invitato Costa Rica, Paesi Bassi, Corea del Sud e Zambia a co-ospitare il summit, per mostrare un’ampia rappresentanza. Però, questa idea non può nascondere l’essenza dell’egemonia degli Stati Uniti.
La rivista online dell’Istituto Quincy degli Stati Uniti ha pubblicato un articolo, indicando che gli Stati Uniti non devono retoricamente dividere il mondo in campi opposti. Uno studioso pakistano ha criticato che questo “Summit per la democrazia” non intende di unire il mondo, ma lo divide. La democrazia è trattata dagli Stati Uniti come uno strumento di cui servirsi. Il resto del mondo si accorge che l’essenza di questo summit è dividere “un campo democratico da uno non democratico” secondo gli standard degli Stati Uniti. Il summit mira a mantenere l’egemonia americana e ad ostacolare i cosiddetti “paesi dissidenti” nel nome di democrazia.
I temi resi pubblici dalla parte statunitense sono ipocriti e assurdi. Per esempio la parte americana dichiara di parlare durante il Summit dello “sviluppo delle tecnologie mirate a portare avanti la democrazia”, ma è noto a tutti che gli USA sono un vero e proprio “impero delle intercettazioni e degli hacker”. Inoltre, con il cosiddetto Summit si afferma di volere parlare del tema “La libertà dei media rappresenta il fondamento della democrazia”. Dunque come spiegano gli Usa il motivo per cui quasi tutti i media americani sono rimasti in silenzio sull’esplosione dei gasdotti Nord Stream? Come spiegano il fatto che il CEO di Twitter Elon Musk e il giornalista Matt Taibbi hanno pubblicato degli articoli esponendo i “documenti su Twitter”, rivelando che il governo americano conduce censimenti rigidi a quasi tutte le società di social media?
I cittadini di un certo Paese hanno più diritto di pronunciarsi se il loro paese è democratico o meno. Secondo un sondaggio condotto ad ottobre scorso dall’Associated Press e dal research group della University of Chicago, soltanto quasi il 9% degli adulti americani ritiene che il sistema democratico americano funzioni bene. Il professore delle relazioni internazionali dell’American University James M. Goldgeier ha affermato direttamente che gli USA hanno orami perso la loro credibilità e il governo americano deve tenere un summit democratico domestico per discutere di ingiustizia e disuguaglianze sociali, comprese le questioni sul diritto di voto e sulla disinformazione.
Nonostante il “voto basso” ottenuto dagli USA in termini di democrazia, il Paese continua a voler esportare la democrazia in stile americano. In America Latina si impegna nel promuovere la “nuova dottrina Monroe”, in Eurasia nell’istigare le “rivoluzioni colorate”, in Asia occidentale e nell’Africa settentrionale nell’incitare la cosiddetta “Primavera araba”... Da molti anni la democrazia in stile americano ha portato continui tumulti e disastri legati ai diritti umani ed ha suscitato un’unanime opposizione. Un rapporto pubblicato congiuntamente dalla Dalia Research GmbH di Germania e dall’International Democrat Union, oltre il 43% degli intervistati hanno ritenuto che la democrazia nei loro Paesi subisce la minaccia statunitense.