26 settembre 2022: le esplosioni provocate in precisi punti del Nord Stream 1 e del Nord Stream 2, nelle acque della zona economica esclusiva della Danimarca, hanno colpito al cuore la sicurezza energetica europea. Un atto di guerra, un crimine contro i popoli europei. A seguito di questo tragico evento la domanda che è stata sollevata immediatamente non poteva che riguardare le responsabilità dietro l’esecuzione di questo crimine.
Chi sono i responsabili? A distanza di qualche mese, la ricostruzione pubblica più attendibile è quella del giornalista Seymour Hersh, premio Pulitzer divenuto famoso per importanti inchieste del passato, come il massacro My Lai compiuto nel 1968 in Vietnam e lo scandalo delle torture di Abu Ghraib in Iraq.
Con dovizia di dettagli, che solo fonti a conoscenza dei fatti avrebbero potuto fornire, grazie a Seymour Hersh abbiamo una ricostruzione chiara delle responsabilità statunitensi. Secondo questa ricostruzione si sarebbe trattato di una operazione sotto copertura, che avrebbe coinvolto l’intelligence Usa e i massimi esponenti dell’amministrazione Biden. Così Hersh introduce i fatti nella parte iniziale del suo articolo: “Lo scorso giugno, i sommozzatori della Marina, operando sotto la copertura di un'esercitazione NATO di metà estate, ampiamente pubblicizzata e nota come BALTOPS 22, hanno piazzato gli esplosivi a distanza che, tre mesi dopo, hanno distrutto tre dei quattro gasdotti Nord Stream, secondo una fonte con conoscenza diretta della programmazione operativa”.
In verità, quali altri paesi, all’infuori degli Usa, avrebbero avuto un reale interesse a sostenere questo sabotaggio criminale? Solo gli Usa sono stati fortemente e strenuamente contrari, da sempre, alla realizzazione dei gasdotti del Baltico. Lo hanno ribadito più volte nei mesi precedenti al sabotaggio e negli anni in cui venivano realizzate e messe in funzione le condutture energetiche. Non è possibile evincere nessun serio e suffragabile interesse europeo, russo o di altri paesi. Al contrario, Europa e Russia sono state ugualmente vittime della distruzione di ciò che avevano ideato, progettato e costruito nel corso di due decenni.
Il sistema di approvvigionamento Europa-Russia, costruito nel corso degli ultimi venticinque anni, appare ormai irrimediabilmente compromesso e qualunque sarà il risultato delle indagini condotte dalle autorità dei Paesi scandinavi coinvolti difficilmente le cose torneranno come prima.
Dopo i sabotaggi, in rete sono inevitabilmente rimbalzate le dichiarazioni rilasciate dal presidente statunitense Joe Biden il 7 febbraio del 2022 durante una conferenza stampa: "Se la Russia invade, non ci sarà più un Nord Stream 2. Metteremo fine a questo". All'obiezione del giornalista: "Come farete esattamente, visto che il progetto è sotto il controllo della Germania?", l'inquilino della Casa Bianca rispose: "Vi garantisco che saremo in grado di farlo". Secondo la ricostruzione di Hersh, questa chiara determinazione era il frutto di una pianificazione che sarebbe durata nove mesi, a partire dal dicembre del 2021.
L'avversione di Washington, e in particolare dei Democratici, per il gasdotto era nota. Già il primo gennaio 2021, il Senato USA aveva votato per annullare il veto di Trump sul National Defense Authorization Act (NDAA), che includeva "nuove disposizioni relative al Nord Stream 2 ai sensi del Protecting Europe’s Energy Security Clarification Act” (PEESCA). “I repubblicani del Senato, guidati da Ted Cruz del Texas, hanno ripetutamente sollevato la minaccia politica del gas naturale russo a buon mercato durante l'udienza di conferma di Blinken come Segretario di Stato. A quel punto un Senato unificato aveva approvato con successo una legge che, come disse Cruz a Blinken, "bloccò [il gasdotto] sul suo percorso" (cit. in Hersh report). Così, in linea con le nuove sanzioni, la norvegese DNV GL era stata costretta ad interrompere tutte le attività di verifica per il sistema di gasdotti Nord Stream 2.
Ma vediamo alcuni estratti dell’indagine di Hersh (in corsivo con link alle dichiarazioni), ove i protagonisti indiscussi sono Biden, Sullivan, Blinken and Nuland, rispettivamente presidente, consigliere per la sicurezza nazionale, segretario di stato e sottosegretario del dipartimento di stato.
All'inizio del 2022, il gruppo di lavoro della CIA riferì al gruppo inter-agenzia di Sullivan: "Abbiamo un modo per far saltare in aria le condutture". Quello che è successo dopo è stato sbalorditivo. Il 7 febbraio, meno di tre settimane prima dell'apparentemente inevitabile invasione russa dell'Ucraina, Biden ha incontrato nel suo ufficio della Casa Bianca il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che, dopo qualche esitazione, era ormai saldamente nella squadra americana. Alla conferenza stampa che seguì, Biden disse con aria di sfida: “Se la Russia invade . . . non ci sarà più un Nord Stream 2. Porremo fine a tutto ciò”.
Venti giorni prima, il sottosegretario Nuland aveva consegnato essenzialmente lo stesso messaggio a un briefing del Dipartimento di Stato, con poca copertura da parte della stampa. "Voglio essere molto chiara con te oggi", ha detto in risposta a una domanda. “Se la Russia invade l'Ucraina, in un modo o nell'altro il Nord Stream 2 non andrà avanti”.
Oggi vediamo ancor di più un'Europa debole, che si è confermata incapace di esprimere una propria dottrina strategica ed una chiara visione geopolitica, quanto meno autonoma da quella degli Stati Uniti. In conclusione, la distruzione pilotata dei gasdotti baltici è stato un atto di guerra contro la Russia e l’Europa. Se questo è un alleato, allora meglio non averne.
L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali e Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia