55 anni fa a Memphis nel Tennessee, l’assassinio dell’attivista afroamericano per i diritti umani Martin Luther King, sconvolse il mondo.

55 anni dopo, nella stessa città, un uomo afroamericano di 29 anni, Tyre Nichols, è morto a seguito di un pestaggio da parte di cinque agenti di polizia, provocando l’indignazione di tutti gli Stati Uniti. Proteste e manifestazioni sono scoppiate in decine di città statunitensi tra il 27 notte e il 28 ora locale.

Più di due anni fa, la morte dell’afroamericano George Floyd, causata dalla brutalità della polizia, ha scatenato proteste in tutto il Paese. Da allora, il sistema di polizia statunitense ha dichiarato di essere in fase di riforma radicale, ma tragedie simili si sono ripetute negli ultimi anni. In sostanza, il "trattamento speciale" riservato agli afroamericani da parte della polizia è radicato nel profondo razzismo della democrazia americana. Secondo i dati, dal 2013 al 2022, gli afroamericani hanno una probabilità 2,9 volte maggiore di subire violenze da parte delle forze dell’ordine rispetto agli americani bianchi.

Il razzismo è da tempo radicato nel DNA del sistema di polizia americano. Allo stesso tempo, la polarizzazione dei partiti statunitensi ha reso molto più difficile la riforma del sistema di polizia. Inoltre, la cultura delle armi negli Stati Uniti e la violenza della polizia costituiscono in una certa misura un circolo vizioso. La realtà di “più armi che persone” ha oggettivamente aumentato la pericolosità degli agenti di polizia negli Stati Uniti e la loro tendenza a lavorare in modo violento.

In un recente discorso, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ammesso che il sogno di uguaglianza e giustizia di Martin Luther King non si è ancora realizzato e ha rinnovato il suo appello a lottare per lo spirito degli Stati Uniti. Ma dov’è lo spirito degli Stati Uniti? Nelle grida di dolore di Tyre Nichols?