[In altre parole] Le opportunità del Dragone e le complementarietà Cina-Italia

2023-01-09 15:50:19

Dopo l'ingresso della Cina nell'Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO) nel 2001, il Paese asiatico ha notevolmente incrementato il volume del suo interscambio con l'estero sino a diventare prima potenza commerciale mondiale. Malgrado le critiche e le tendenze protezioniste emerse in Occidente negli ultimi anni, in realtà questo ventennio ha visto la più vasta economia ad alta intensità di manodopera al mondo integrarsi in un sistema di regole condiviso che, pur tra momenti polemici e criticità, ha permesso di evitare distorsioni e squilibri ben maggiori.

Non si trattò certamente di un "premio" né di un atto di benevolenza da parte delle economie avanzate: queste pretesero infatti che la Cina avviasse una serie di riforme in modo da poter essere riconosciuta entro il 2016 come un'economia di mercato a tutti gli effetti. Nonostante gli sforzi operati in tal senso da Pechino lungo quel paradigma di alta qualità più volte citato dal presidente Xi Jinping nel corso degli ultimi anni, quel riconoscimento da parte di Unione Europea e Stati Uniti non è ancora avvenuto.

Eppure, con 6.970 miliardi di dollari di vendite al dettaglio di beni nel 2021, la Cina è ormai il secondo mercato di consumo al mondo e si appresta a diventare il primo entro i prossimi sette anni, spinta da una classe media in costante crescita. Secondo i dati ufficiali del governo, questa, ad oggi, sarebbe composta da circa 400 milioni di persone, ma stando a quanto affermano dal Centro per gli Studi Strategici e Internazionali (CSIS), il dato sarebbe invece molto più alto: considerando una fascia sociale ad ampio raggio (medio-bassa + medio-alta), questa avrebbe infatti raggiunto i 707 milioni di persone già nel 2018.

In ogni caso, quella cinese resta la più vasta classe media al mondo, superiore persino all'intera popolazione statunitense. Come dimostra la recente proliferazione di eventi, su scala internazionale e nazionale, dedicati alla promozione di beni di consumo, quali ad esempio la China International Import Expo (CIIE) di Shanghai o la China International Consumer Products Expo di Haikou (Hainan), l'accresciuta capacità di spesa di gran parte della popolazione cinese garantisce e garantirà opportunità per lo più inedite alle imprese dei Paesi più avanzati.

Tra questi, l'Italia, nota in Asia e nel resto del mondo per i suoi prodotti d'eccellenza, potrà e dovrà dire la sua: non soltanto aumentando l'export in alcuni settori tradizionali quali agroalimentare, moda e lusso, design o automotive, ma sviluppando una sua solida quota di mercato in Cina anche per quanto riguarda comparti emergenti ad alto valore innovativo come le energie rinnovabili, il biomedicale e il digitale nelle sue diverse applicazioni, inclusa la conservazione dei beni, ambito - quest'ultimo - su cui la Cina sta investendo molto con lo scopo di potenziare il processo di valorizzazione dell'immenso patrimonio storico-culturale nazionale.

Secondo i dati forniti dal governo italiano, nel 2021, primo anno della difficile ripartenza post-Covid, l'export italiano verso la Cina è cresciuto del 22,1% rispetto all'anno precedente, con un volume complessivo pari a circa 15,7 miliardi di euro, superiore non solo al dato del 2020 (€12,88 mld) ma anche a quello del 2019 (€12,97 mld). Nello stesso periodo, l'import italiano dalla Cina è aumentato del 19,4%, attestandosi a quota 38,52 miliardi di euro. È vero che quest'ultimo era aumentato, seppur di poco, anche nel 2019 (+2,5%) e nel 2020 (+1,5%) contro un volume di beni e servizi italiani verso la Cina diminuito negli stessi due anni di riferimento, ma è altrettanto vero che nel "terribile" 2020 l'export italiano aveva perso appena lo 0,6%, mostrando così una certa resilienza strutturale, per poi ripartire subito con forza e superare il valore pre-Covid nel 2021, evidenziando un livello di penetrazione nel mercato cinese tale da renderlo praticamente insostituibile.

Il superamento della politica zero-Covid ed il declassamento ufficiale del Covid-19 da infezione di Classe A ad infezione di Classe B decisi dal governo, che ha così sancito la definitiva fuoriuscita dalla fase acuta della pandemia, hanno già permesso la riapertura dei confini del Paese asiatico: un ritorno alla piena normalità a vantaggio non solo della popolazione cinese, ma anche di tutti quei turisti e quegli imprenditori stranieri che negli ultimi tre anni erano stati impossibilitati o scoraggiati a raggiungere le bellezze culturali e paesaggistiche o le grandi fiere nei periodi e nelle città in cui erano in vigore le restrizioni più rigide previste dalle autorità in caso di sensibile aumento dei contagi. Le principali destinazioni cinesi e i grandi eventi di carattere economico-commerciale torneranno così a popolarsi di centinaia di migliaia di visitatori, come avvenuto sino al 2019, consentendo a sempre più aziende estere di entrare in contatto con un mercato di consumo in costante ascesa. Decadendo la possibilità che vengano adottati provvedimenti molto stringenti, anche i porti del Paese potranno ricominciare a lavorare a pieno regime: una novità di importanza globale dal momento che ben sette dei primi dieci hub navali al mondo per volume di container (TEU) movimentati sono cinesi.

L'autore Fabio Massimo Parenti è professore associato di studi internazionali e Ph.D. in Geopolitica e Geoeconomia.

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