[In altre parole] Le parole chiave del 2022- Ucraina

2022-12-10 22:38:15

Sanità, Ucraina, Crisi energetica, Clima, Sport e Solidarietà sono le parole che hanno scandito gli eventi del 2022. Tensioni, conflitti e crisi regionali e globali hanno messo in luce le turbolenze del sistema politico-economico internazionale e le debolezze del mondo. In questa serie analizziamo una ad una le parole chiave del 2022 per disvelare i problemi ancora aperti e le criticità da risolvere, ma anche per suggerire possibili soluzioni secondo i principi guida della cooperazione e della coesistenza tra i popoli.

Il 24 febbraio scorso la Russia ha lanciato quella che ha definito come "operazione militare speciale" per "smilitarizzare" il dispositivo di difesa ucraino e "denazificare" le forze armate ucraine. Entrambi gli obiettivi rispondevano alla neutralizzazione dei mezzi - umani, tecnologici e ideologici - utilizzati, a partire dal 2014, dal governo di Kiev per distruggere le autoproclamate repubbliche del Donbass negli oblast' di Donet'sk e Lugan'sk. Se il conflitto, in Occidente, è stato interpretato come "aggressione non giustificata e non provocata" contro l'Ucraina, dal punto di vista russo esso è apparso inevitabile per garantire uno spazio di sicurezza nel cosiddetto "estero vicino". La posizione russa sembra alquanto condivisa dalla maggior parte dei paesi del mondo che non solo non hanno aderito alle sanzioni occidentali, ma hanno incrementato i propri legami economici. Il vertice tenutosi a Samarcanda lo scorso settembre ne ha dato una prova molto chiara. 

La scelta degli Stati Uniti e dell'Unione Europea di autorizzare un massiccio invio di armi, anche letali, e in alcuni casi, come quello italiano, senza nemmeno informare il Parlamento e la popolazione sulla quantità e la tipologia di armamenti ed equipaggiamenti inviati, ha fatto molto discutere. Soprattutto perché questo coinvolgimento ha distrutto trent'anni di relazioni diplomatiche tra i Paesi europei e la Federazione Russa, sconvolgendo l'intera rete di approvvigionamento energetico europea e costringendo diversi governi a ridurre drasticamente le loro importazioni di gas naturale a costi contenuti e fissi dalla Russia e a rivolgersi ad altri produttori, in gran parte proprio statunitensi, per reperire il più costoso GNL.

La ripercussione sul costo della vita è stata pesantissima: ad ottobre, l'inflazione armonizzata (HCIP) dell'UE aveva raggiunto l'11,5% in un ventaglio compreso tra il valore massimo dell'Estonia (22,5%) e quello minimo della Francia (7,1%) .

Il blocco imposto alle navi mercantili nei porti del Mar Nero e l'utilizzo di corridoi umanitari e logistici come punti di infiltrazione da parte delle truppe ucraine, con il supporto ormai conclamato di volontari e addestratori dei Paesi NATO (soprattutto canadesi, inglesi, statunitensi e polacchi), hanno inoltre paralizzato per mesi le catene di approvvigionamento alimentare, a danno soprattutto di numerosi Paesi in via di sviluppo che, anche a causa dell'estrema siccità, devono affidarsi all'import di grano ucraino. 

Ad oltre nove mesi dall'inizio del conflitto, l'escalation senza soluzione di continuità dimostra che le proposte di mediazione espresse sin dall'inizio da Paesi come Cina, Turchia o Ungheria meritavano un maggior supporto da parte della comunità internazionale. Pechino - che aveva invitato a comprendere le ragioni di entrambe le parti in conflitto, cioè integrità territoriale da un lato e sicurezza ai confini dall'altro - è stata additata per mesi dai governi dei principali Paesi NATO come "complice dei russi". Ankara - che, quale importante attore regionale, ha messo in campo i maggiori sforzi diplomatici per aprire un tavolo negoziale - è stata vista con sospetto e lasciata praticamente sola dai principali partner della NATO. Budapest - che ha scelto una posizione di neutralità a tutela della propria sicurezza energetica, non rinunciando tuttavia all'assistenza umanitaria per i profughi ucraini - è stata messa sotto accusa da Bruxelles e minacciata a sua volta di sanzioni. Sembra ora arrivato il momento, anche alla luce di quanto emerso al G20 di Bali, per riconsiderare quelle istanze e far cessare il rumore delle armi.

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