Sanzioni ed inflazione
Dall'inizio del conflitto russo-ucraino l'Unione Europea, allineatasi in tutto e per tutto agli Stati Uniti attraverso la comune piattaforma della NATO, ha adottato sette pacchetti di sanzioni contro Mosca con l'obiettivo dichiarato di indebolirne l'economia e costringerla a ritirare il suo esercito dal territorio ucraino.
Sin qui, tuttavia, molte di queste sanzioni hanno contribuito, direttamente o indirettamente, ad alimentare ed aggravare una crisi inflattiva senza precedenti in Europa, producendo al contrario ben pochi danni all'economia russa.
Se il Cremlino ha subito soprattutto misure di carattere finanziario, a partire dall'esclusione delle banche del Paese dal circuito dei pagamenti internazionali (SWIFT), in Europa, ed in particolare in Italia e in Germania, i due Paesi più esposti e maggiormente dipendenti dalle forniture di gas russo, l'aumento dell'indice dei prezzi al consumo sui beni essenziali è andato a colpire soprattutto le fasce meno abbienti e la classe media.
Secondo l'ISTAT, lo scorso luglio, i prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati italiani erano aumentati del 7,8% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente e del 9,8% rispetto al luglio 2020. Le ragioni sono molteplici e collegate ad eventi di rilievo globale (guerra, interferenze d’oltreoceano e speculazione finanziaria).
L'aumento dell'inflazione è cominciato infatti già nella seconda metà del 2021 a causa della ripartenza post-pandemica. Lo scontro tra i Paesi occidentali e la Russia, però, ha allontanato qualsiasi possibilità che la spirale inflattiva potesse esaurirsi in modo naturale nel corso del 2022 o del 2023. Di mezzo, ovviamente, c'è la guerra, che ha colpito anche i consumatori statunitensi, sebbene in modo meno diretto e meno impattante rispetto a quelli europei.
Misure europee, possibili rivolte sociali ed impatto economico
Le possibili misure annunciate dai governi del Vecchio Continente, del resto, lasciano poco spazio all'immaginazione: razionamenti nelle forniture di gas; diminuzione da remoto delle forniture elettriche negli spazi pubblici e nelle abitazioni private tra le 8:00 e le 19:00; prelievo forzoso dagli extraprofitti delle compagnie energetiche; e imposizione di un price cap a livello europeo (semmai si riuscirà ad ottenere). Un vero disastro che le popolazioni europee non saranno disponibili ad accettare con leggerezza. Dopo le prime manifestazioni in Spagna, Repubblica Ceca e Germania altre sono in corso di organizzazione e l’autunno europeo potrebbe diventare socialmente e politicamente destabilizzante.
Porre un "tetto sul prezzo del gas" sembra al momento utopistico, sia perché non si trova un accordo europeo, sia perché il presidente russo Putin ha già fatto sapere di essere pronto a tagliare le forniture, in caso i 27 Paesi UE si mettano d'accordo per rivedere al ribasso il prezzo stabilito nei contratti precedenti l'inizio del conflitto in Ucraina.
L'agitazione e l'impulsività con cui Ursula Von der Leyen e la sua Commissione stanno affrontando la situazione dimostra un fatto inoppugnabile: il gas russo è di fatto insostituibile per il mercato UE. Se diversificare i fornitori rappresentava una strategia fondamentale fino all'inizio di quest'anno, oggi ridurre improvvisamente l'approvvigionamento da Gazprom significa mettere a rischio centinaia di migliaia di imprese e milioni di posti di lavoro.
La previsione peggiore proviene dalla Confartigianato, che ipotizza una vera e propria "ecatombe di imprese". Lo scorso 9 settembre, il presidente Marco Granelli ha affermato che "il caro-energia mette a rischio 881.264 micro e piccole imprese con 3.529.000 addetti, pari al 20,6% dell'occupazione del sistema imprenditoriale italiano" a causa dell’impatto sempre più vasto e pesante della folle corsa dei prezzi di gas ed elettricità sulle aziende di 43 settori".
Dati allarmanti provengono anche da altre organizzazione di categoria, come Anima Confindustria, l'associazione che raccoglie numerose aziende della meccanica e derivati, e Confcommercio, che raccoglie oltre 700.000 imprese italiane ed ha sottolineato che "la corsa dell'energia e un'inflazione prossima all'8%, per quasi l'80% dovuta proprio all'impennata dei prezzi delle materie prime energetiche, mette a rischio da qui ai primi sei mesi del 2023 circa 120mila imprese del terziario di mercato e 370mila posti di lavoro". Questi sono solo alcuni numeri drammatici tra le molte previsioni puntuali fornite da vari esponenti del mondo produttivo.
Fine della transizione ecologica?
Il Piano Nazionale di Contenimento dei Consumi di Gas Naturale messo in campo dal Ministero della Transizione Ecologica (MITE) italiano prevede anche la "massimizzazione della produzione di energia elettrica da impianti che usano combustibili diversi dal gas (carbone, olio combustibile e bioliquidi)" e stima che tale massimizzazione negli impianti esistenti (carbone e olio) regolarmente in servizio "contribuirebbe, per il periodo 1° agosto 2022 - 31 marzo 2023 a una riduzione del consumo di gas di circa 1,8 miliardi di Smc". Sei centrali a carbone e una ad olio saranno così messe a pieno regime in aree già altamente compromesse dal punto di vista ambientale, alcune delle quali oggetto di denunce e vecchie vertenze tra cittadinanza, istituzioni e imprese proprietarie: Fusina (Venezia), Brindisi, Torrevaldaliga (Civitavecchia - Roma), Portovesme (Sud Sardegna), Fiume Santo (Sassari), Monfalcone (Gorizia) e San Filippo del Mela (Messina).
Stiamo abbandonando la transizione energetica e gli accordi internazionali? Quanto perdureranno gli errori strategici europei per compiacere scelte politiche antitetiche ai nostri interessi?
Il disastro era stato annunciato da diversi analisti e si aggiungerà alla drammatica situazione di un conflitto sul quale le autorità europee non sono state in grado di costruire alcun serio canale di dialogo al fine di raggiungere reali compromessi nell’interesse di tutto il continente. Al contrario, si continuano a pianificare spedizioni di armamenti in una logica disastrosa di confronto diretto con la Russia.
L'autore è Fabio Massimo Parenti, Professore di Economia Politica Internazionale