Cooperazione fra il Politecnico di Torino e l'Università Qinghua per la sostenibilità soft dell'architettura urbana
  2013-07-25 10:44:03  cri

Il professor Michele Bonino insegna architettura e urban design al Politecnico di Torino ed è visiting professor a Qinghua. Ascoltiamo la sua presentazione della collaborazione in atto fra le due parti: "C'è stata una grossa attrazione dei cinesi per Torino perché nel 2008 il Congresso mondiale degli architetti si è tenuto a Torino. Quelli di Qinghua li abbiamo conosciuti alla Biennale di Venezia 2006, e ci hanno contattato per fare qualcosa insieme al congresso. L'idea è stata quella di fare un Joint Studio di dieci studenti italiani e cinesi, e visto che eravamo vicino alle Olimpiadi di Beijing, è uscito il tema del riutilizzo degli edifici olimpici. Nel febbraio 2008, quando siamo venuti qui per la prima volta con gli studenti, abbiamo tenuto un workshop di 2 settimane, seguito da 4 mesi di lavoro a distanza, con varie videoconferenze. Nel giugno 2008 il gruppo di Qinghua è venuto a Torino, e gli studenti hanno chiuso insieme i progetti. Abbiamo fatto un libro su questa esperienza e poi due nuovi Joint Studio, uno l'anno scorso e uno quest'anno, sul tema del recupero delle strutture industriali. Questo perché da un lato Torino ha visto più trasformazioni industriali in Europa, e dall'altro Beijing e la Cina si stanno aprendo al tema in maniera fortissima. L'anno scorso abbiamo lavorato all'Acciaieria della Capitale, dismessa prima delle olimpiadi. Quest'anno a Torino abbiamo scelto la Manifattura Tabacchi, ora quasi vuota, e una delle sedi dell'università. Nella mostra di questi giorni abbiamo presentato i risultati dei progetti, con discussioni con tre esperti esterni in materia, un'italiana e due cinesi, sui lavori degli studenti. Ora faremo un libro che parla dell'Acciaieria della Capitale e della Manifattura Tabacchi, con il confronto sulla ristrutturazione degli edifici industriali fra Italia e Cina".

Michele Bonino ha aggiunto che dal febbraio 2014 avranno un nuovo progetto: gli italiani a Beijing con un tema pechinese, quindi la visita dell'area e la stesura del progetto, poi il lavoro degli studenti a casa e la presentazione finale a Torino. A Torino, i docenti di Qinghua faranno la presentazione l'estate prossima. Questa è la cosa stabile della loro cooperazione, sostenuta dal Politecnico di Torino, visto che Qinghua è un ateneo così importante. Quindi, ha sottolineato con piacere Michele, "gli architetti questa volta sono arrivati prima degli ingegneri"!

Ora ridiamo la parola a Michele Bonino, del Politecnico di Torino, visiting professor a Qinghua, a Beijing, per capire quali sono le differenze fra il lavoro in Italia e in Cina: "Io ho insegnato a Qinghua architettura e urban design per un semestre, che qui è diverso dall'Italia per la dimensione!"

Michele ha continuato dicendo che in Italia si lavora su una piazza, su un isolato, ma qui su un'area di circa 30 kmq, un terzo, un quarto di Torino, una vera e propria new town. Hanno chiesto agli studenti cinesi di lavorare su Binghai, una nuova città vicino a Tianjin per creare un nuovo polo finanziario e commerciale, un'operazione sorprendente: hanno visto il posto, le imprese sono già lì, bisogna lavorarci sopra, il che è una cosa coraggiosa per gli occidentali. Ci hanno lavorato gli studenti cinesi del corso che ha tenuto insieme a due colleghi cinesi.

I cinesi hanno dei concetti diversi circa gli spazi comuni? "E' stato utile capire che nella progettazione urbana qui c'è un vuoto, per cui per questo è stato interessante invitare un italiano. Buona la progettazione generale della città, i master plan, è un'occasione unica per i cinesi ora, l'idea di una città strutturata, grandi lotti da urbanizzare, ho visto delle cose ottime, una sviluppata capacità progettuale a livello di edificio, di architettura. Alla facoltà abbiamo due-tre giovani professori-architetti già famosi anche al di fuori della Cina, ma c'è un vuoto nel mezzo, nelle piazze e spazi pubblici, che è stato il mio ruolo".

Una volta, appena arrivato a Beijing, Michele Bonino è andato a piedi in centro, sono una ventina di km, ma non per le strade normali, che sono una griglia di stradoni. Ha attraversato isolati enormi, con dentro negozi e una vita animata, trovando che anche qui c'è spazio per una progettazione intermedia, in cui fino a vent'anni anni fa gli italiani erano i più famosi nel mondo.

Un bel risultato della collaborazione fra il Politecnico di Torino e l'Università Qinghua di Beijing è il numero di maggio del mensile "World Architecture", pubblicato dall'Istituto di Architettura di Qinghua, dedicato alle strategie sostenibili di Torino.

La rivista ha ricevuto un forte impulso da Zhang Li, da poco direttore, che ha fatto un anno ad Harvard dopo la laurea, ma parla inglese da sempre, e che andrà a Torino a novembre, per 2 settimane, per tenere un seminario per i dottorandi torinesi sui rapporti fra Cina e Occidente.

Cosa pensa Michele Bonino del mondo degli architetti cinesi?

Li trova molto aggiornati, da 2-3 anni alcuni si fanno conoscere all'estero, come Wang Shu che ha avuto il Premio Pritzker, che era già affermato, ma che comunque è stato una novità. "A livello di discussione, di rapporto, almeno qui a Qinghua la preparazione è molto competitiva, ci si capisce bene, sono aggiornati, vanno spesso all'estero. Professionalmente hanno molti scambi con l'estero, ma dal punto di vista accademico ho piacevolmente capito che è tutto abbastanza nuovo. La vera apertura delle università cinesi con l'estero è recente. Questo per me è stato interessante".

Dopo aver ascoltato l'illustrazione di Michele Bonino, visiting professor all'Istituto di Architettura dell'Università Qinghua di Beijing, sulla collaborazione fra la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino e Qinghua, diamo la parola agli studenti italiani del prof. Bonino, che abbiamo incontrato a Qinghua poco prima del loro ritorno a Torino: "Mi chiamo Marco Carpani, 25 anni, sono qui per la laurea specialistica: stiamo facendo un joint studio con i ragazzi cinesi, ossia l'analisi di rifunzionalizzazione della ex Manifattura Tabacchi, ossia fare lo stesso progetto e vedere le differenze fra i progetti italiani e cinesi. Siamo divisi in gruppi, a gennaio i cinesi sono andati a Torino e noi adesso siamo qui, da poco abbiamo presentato i risultati, abbiamo visto le differenze di cultura personale, e come due paesi diversi pensano e progettano la rifunzionalizzazione di un luogo".

Alice Pinto: "La differenza sta nella diversa concezione degli spazi, loro vivono in una metropoli, ciò che realizzano ha delle dimensioni enormi, alla Manifattura Tabacchi per noi gli spazi erano enormi, ma non per loro. Noi abbiamo progettato un centro di riabilitazione per persone con traumi cerebrali, e in generale. Con spazi pubblici di corridoio fra la città e il parco adiacente".

E i ragazzi cinesi?" Arlind Dervishaj: "I ragazzi cinesi hanno analizzato il contesto della città di Torino, poi hanno cambiato approccio, di scala, noi conserviamo, loro ricostruiscono".

Michele Bonino: "Abbiamo avuto quattro scenari possibili dall'università degli studi: l'istituto di educazione fisica, le scienze motorie, una sede di psicologia, un visitor center dell'università, e il DAMS, per arte e spettacolo. I quattro gruppi sono partiti da quello".

Matteo Grosso: "Noi abbiamo progettato la nuova sede del DAMS, una parte più privata per l'università e una per il pubblico con biblioteche, teatri, spazi per il pubblico. La caratteristica del nostro progetto è che abbiamo evidenziato il rapporto secolare esistente fra la manifattura e l'acqua e il sistema dei canali, e creato un laghetto centrale come filtro fra la città già costruita e il parco lineare che si sviluppa lungo il Po. Il gruppo cinese pensava di usare il parco per festival, ma per milioni di persone, con luci laser, non è ideale per Torino".

"Voglio fare il progettista dopo la laurea, dopo Shanghai, mi piacerebbe fare un annetto in Cina. Io invece vorrei fuggire in Svizzera, all'estero è interessante, ma la nazione adesso che mi convince è la Svizzera, parlo il francese. Io non ho ancora scelto, ma anche un'esperienza qui in Cina sarebbe interessante, è un paese in crescita. Io vorrei andare tre mesi a Londra per migliorare l'inglese e cercare uno studio, ma anche qui in Cina mi piacerebbe. Fuggiremo a quanto pare tutti dall'italia, qui ci sono più opportunità di fare qualsiasi cosa....in Italia è sempre più difficile, soprattutto nel nostro lavoro".

Ora torniamo a Michele Bonino, architetto di Torino, che ci parlerà ancora del fatto di lasciare o meno l'Italia dopo la laurea: "Ricordo che quando studiavo io, l'andare o no all'estero era una cosa personale, ma adesso per imparare a lavorare in condizioni internazionali è la regola, è necessario, ma si spera che una buona parte torni, la fuga dei cervelli non è così biasimabile, l'importante è che qualcuno torni, ma su cento italiani che se ne vanno, arrivano due stranieri, questo è il problema".

Dopo aver parlato con gli studenti italiani, passiamo agli studenti cinesi!

A Qinghua ne ho incontrati due impegnati nel progetto di cooperazione con il Politecnico di Torino, di cui sono entusiasti! Cominciamo da Song Haode, di 23, di Xi'an, al primo anno del dottorato di ricerca, a cui ho chiesto cosa pensa della cooperazione con gli italiani: "E' molto interessante, è la prima volta che abbiamo dei contatti con l'estero, e con Torino in particolare, una città industriale con molto da ristrutturare e dei problemi concreti, come molte città cinesi, quindi con il nostro progetto sportivo vogliamo ridare vita alla città. Sono stato quest'anno in inverno a Torino, la città vecchia è molto bella, mi piacciono molto il Valentino e il Po, per cui voglio tornare. Sono stato per la prima volta in Europa nel 2009, questa volta ho anche visitato la Toscana: in Italia ci sono molti architetti ed edifici famosi, quindi è come un pellegrinaggio per noi! Adesso mi occupo di studio, ricerca e design sulle città, questa è la mia direzione, perché in Cina e nel mondo intero ci sono molti nuovi problemi nelle città, specialmente a Beijing, intasamenti, aspetto generale, rapporto fra vecchio e nuovo e riutilizzo di edifici industriali, per cui spero di fare delle ricerche e di dare qualche contributo".

Nell'atrio dell'Istituto di Architettura di Qinghua ho anche incontrato Wang Bo, 29 anni, impegnato nel dottorato di ricerca con il professor Zhu, ex rettore dell'istituto, che si è occupato dell'organizzazione concreta del joint studio fra le due parti: "Sono un insegnante del corso. E' bello stare con gli studenti italiani, la nostra cooperazione è ottima. Torino è bellissima, ispira per il design antico e moderno, gli studenti cinesi in visita sono rimasti molto colpiti. Il nostro progetto vuole ridare vita alla città. La nostra cooperazione è molto bella, i modelli che i ragazzi hanno fatto sono straordinari, bisogna rafforzare questa cooperazione fra le università".


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