Il 5°Congresso sui cinesi di Prato (II)
  2012-12-05 15:51:16  cri

Ci sono dei cinesi che emigrano, e anche dei cinesi emigrati che ritornano in Cina. Sono dei giovani altamente qualificati, con degli ottimi studi alle spalle in Italia, che vedono in Cina delle migliori opportunità di carriera.

A parte questo, durante una visita all'Università di Wenzhou della scorsa primavera, Bai Yang ed io abbiamo conosciuto quattro studenti di Wenzhou nati a Milano, che al terzo anno andranno negli Usa a studiare, per cui in futuro forse cercheranno delle occasioni di lavoro laggiù.

Questo per dire che c'è un grosso movimento fra i giovani cinesi nati in Italia, che per la crisi cercano delle opportunità di lavoro in tutto il mondo.

Quanto alla scelta del ritorno in Cina, nel corso del 5° Congresso sui cinesi di Prato tenuto il 17-18 ottobre all'Università di Wenzhou, Laura de Pretto, candidata al Ph.D. alla East China Normal University, ha presentato un' interessante ricerca sul tema "Dalla Cina all'Italia alla Cina: l'esperienza di un gruppo di giovani cinesi altamente qualificati".

"La ricerca è stata compiuta a Shanghai, dove adesso lavorano molti giovani di Wenzhou ritornati dall'Italia. Ne abbiamo scelti 10, maschi e femmine, sui 30 anni, dotati di MBA, lauree o diplomi conseguiti in Italia, impiegati in imprese italiane a Shanghai, in studi legali o al consolato italiano nella città".

Questi giovani hanno quasi tutti dei genitori occupati nel settore della ristorazione, e hanno studiato cinese all'università, perché i corsi di cinese alle superiori in Italia sono cominciati solo da poco.

Alle medie e alle superiori, in piccole città italiane come Treviso, questi giovani si sentivano diversi, perché erano gli unici stranieri, ma a Milano, alla Bocconi e alla Cattolica, si sono subito sentiti integrati. Quindi pensano che l'università sia fondamentale per l'integrazione.

I motivi del ritorno in Cina sono le migliori occasioni di lavoro e anche la ricerca di identità. In Italia potevano solo fare le guide turistiche, e avevano dei problemi ad inquadrarsi: erano cinesi o italiani?

Però a Shanghai non mancano i problemi, per esempio gli affitti alle stelle e la fortissima atmosfera commerciale, per cui molti di loro adesso vogliono tornare in Italia o in Europa, anche perché laggiù la qualità della vita è migliore.

A Shanghai questi giovani si trovano meglio con i cinesi che hanno la loro stessa esperienza di vita all'estero. Infatti la Cina della loro infanzia, la Cina dei villaggi, è molto cambiata, e fanno fatica ad adattarsi.

Ed ecco la conclusione straordinaria dell'esperienza a Shanghai di questi giovani cinesi ritornati: quanto all'identità, hanno capito che possono essere sia cinesi che italiani, non solo cinesi in Cina o italiani in Italia, e che possono vivere sia in Cina, che in Italia e che nel resto del mondo.

Nel corso del 5° Congresso sui cinesi di Prato, Xu Xiaoshu, dell'Istituto di Lingue straniere dell'Università di Wenzhou, ha presentato una ricerca proprio su questo tema. Diamole subito la parola:

"La mia è un'indagine ed analisi sul punto di vista sul matrimonio e sull'amore della seconda generazione di wenzhouesi all'estero. Infatti 600 mila emigrati da Wenzhou vivono in 110 paesi del mondo. L'emigrazione è iniziata negli anni venti del secolo scorso, con meta il Giappone, e negli anni trenta la meta è diventata l'Italia e il resto dell'Europa. Dalle mie ricerche è emerso che i wenzhouesi in Europa continuano a vedere il matrimonio come una responsabilità sociale".

Precisamente, il 45% dei giovani wenzhouesi della seconda generazione si sposa secondo la scelta fatta dai genitori. Nel valutare il partner, la verginità non risulta più importante; nell'ordine figurano i concetti di valore, la capacità e il carattere, lo stile di vita, e solo alla fine l'amore....

Come sempre, gli uomini guardano alla bellezza delle donne, e le donne al reddito degli uomini.

Non mi stupisco, tutto il mondo è paese... Inoltre i giovani cinesi della seconda generazione ritengono che il matrimonio possa ampliare l'ambito dell'attività lavorativa tramite il rapporto con un'altra famiglia. Quindi esiste un approccio affaristico al matrimonio.

L'area di Wenzhou e della vicina città di Rui'an ha dato i natali a tantissimi emigrati in Italia e in Europa, quindi è naturale che al fenomeno sia stato dedicato addirittura un museo.

Il museo si trova nella cittadina di Tangxia, dipendente da Rui'an, a una mezz'ora d' auto da Wenzhou, in una zona di risaie e canali, ai piedi dei monti.

Tangxia conta circa 140 mila abitanti e 20 mila emigrati all'estero. Come in molte altre cittadine con una forte emigrazione, qui si trova un'Associazione di collegamento con i cinesi d'oltremare, con sede in un moderno edificio ai piedi di un monte. Il museo dedicato all'emigrazione si trova proprio qui.

Nel centro abbiamo incontrato un anziano del posto che ci ha detto:

"Sono stato all'estero per 5-6 anni, ho lavorato nei ristoranti in Olanda e in Germania e poi sono tornato con mia moglie; mio figlio è in Spagna. In realtà pochi ritornano dall'estero. Quanto a me, sono felice, perché la Cina si sta sviluppando velocemente. Adesso ho la pensione, perché ho lavorato qui per molti anni. Con la crisi all'estero, alcuni rimpatriano. Gli anziani si adattano bene, e anche i giovani, che iniziano delle nuove attività".

Visitando il museo, abbiamo capito che a Tangxia il fenomeno dell'emigrazione è iniziato nel 1905, con meta la Francia e l'Italia. Ad emigrare erano contadini, ma anche imprenditori, che all'estero hanno aperto delle concerie e dei negozi di borse e scarpe, e si sono presto arricchiti.

Col tempo l'Italia è diventata la meta preferita dell'emigrazione locale, specialmente Prato. Infatti la zona di Tangxia prima del 1949 era molto povera, e la gente viveva di coltivazione del riso e di pesca.

L'anziano presidente dell'Associazione di collegamento con i cinesi d'oltremare di Tangxia ci ha detto che per la crisi in Europa, molti vorrebbero tornare al paese, ma possono farlo solo se hanno dei soldi: "Senza soldi, non si può tornare".

Ecco cosa pensa il presidente della situazione dei cinesi a Prato:

"Molti dei nostri sono andati in Italia a lavorare, ma adesso le cose laggiù non vanno bene. A Prato la polizia fa dei continui controlli e sequestri notturni, per cui non è più possibile portare i soldi in Cina. Prima erano gli italiani ad essere ricchi, adesso sono i cinesi, quindi vogliono i nostri soldi".

Così si è lamentato il presidente dell'Associazione, il cui figlio, che è ancora a Prato, gestisce una fabbrica di abbigliamento. Che conseguenze avrà quindi la crisi globale sugli emigrati del posto?

"Dall'estero torneranno tutti, ne parliamo spesso qui all'Associazione, visto che la Cina si sta sviluppando rapidamente. L'euro vale sempre meno rispetto al RMB, prima il rapporto era 1:10, adesso scende, come i vantaggi per noi dell'Europa".

Questo è il triste commento del presidente dell'Associazione di collegamento con i cinesi d'oltremare di Tangxia, una cittadina dipendente da Rui'an, nella provincia cinese del Zhejiang.


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