Il 5° Congresso sui cinesi di Prato si è tenuto il 17-18 ottobre all'Università di Wenzhou, nel Zhejiang, in Cina. Un evento molto interessante, che ci ha permesso di ottenere molte informazioni sull'argomento. Infatti la maggior parte dei cinesi che vivono in Italia provengono proprio da Wenzhou.
Al congresso hanno partecipato studiosi delle Università cinesi di Wenzhou e di Xiamen, dell'Università di Firenze e di Siena, e dell'Università Monash, di Melbourne, in Australia. E' stata proprio Monash che nel 2007 ha promosso il congresso, nell'ambito del suo piano di studio sulle migrazioni nel mondo.
Dai Xiaozhang, un giovane imprenditore di Wenzhou da anni in Italia, fa parte dell'Associazione dei commercianti di origine cinese di Roma, e collabora anche con il Centro di studi sui commercianti cinesi all'estero dell'Università Qinghua di Beijing:
"Sono arrivato in Italia nel 2003 dalla Germania, dove ero stato 3 anni. Sono originario di Wenzhou e mi occupo di import-export. Dopo il 2008, per via della crisi finanziaria, c'è una minore richiesta di mercato e in Italia le contraddizioni sociali sono aumentate. Molti si chiedono: Prato adesso è italiana o cinese? Io dico che Prato è sempre Prato: un tempo era il centro tessile dell'Europa, e anche adesso, ma prima erano gli italiani a gestire, adesso sono di più i cinesi, e in futuro magari sarà la volta degli indiani. L'Ue, dopo la crisi finanziaria, presenta due contraddizioni difficili da risolvere a breve: una società ad alta previdenza sociale ma a bassa crescita, e una politica monetaria concentrata che fa coppia con una politica finanziaria frammentata. Però l'Ue ha delle buone basi e ce la farà a riprendersi, io sono fiducioso".
L'imprenditore Dai Xiaozhang, un giovane imprenditore di Wenzhou da anni in Italia, pensa che i cinesi possano creare tasse e posti di lavoro in Italia:
"Penso che i cinesi possano creare sempre più tasse e occupazione in Italia, questo è il mio punto di vista. Le imprese italiane e cinesi possono unirsi per aprire il mercato cinese e asiatico, le imprese italiane sono sviluppate, hanno tecnologia e competitività, ma non riescono ad entrare in Cina, quindi hanno bisogno del nostro aiuto. Dobbiamo dividere bene la torta, cooperando. Sono un imprenditore, quindi guardo al futuro, ossia all'internazionalizzazione delle imprese cinesi, mentre per le imprese europee l'internazionalizzazione corrisponde all'apertura verso la Cina. Su questo sfondo, noi operatori cinesi all'estero possiamo fare da ponte".
Dai Xiaozhang collabora con il Centro di studi sui commercianti cinesi all'estero dell'Università Qinghua di Beijing:
"Effettuiamo delle ricerche con l'Università Qinghua. Infatti pensiamo che l'obiettivo futuro degli operatori cinesi all'estero sia creare occupazione sul posto, ma siamo anche consapevoli che per i limiti concreti e per la nostra marginalizzazione, c'è bisogno di una formazione permanente. Per questo sono necessarie 3 piattaforme: le imprese italiane e cinesi con le scuole professionali e con i gruppi di cinesi all'estero, e di operazione delle nostre imprese. Noi vogliamo cooperare con gli italiani per risolvere i problemi. La mia azienda produce abbigliamento in Cina e lo vende in Italia e nel resto dell'Europa, ma ribadisco che i cinesi in Italia non hanno affatto cambiato la posizione di leader mondiale dell'Italia nella moda".
Dai Xiaozhang ha aggiunto:
"L'integrazione deve essere bidirezionale, per il meglio, non per il peggio. Le imprese italiane adesso non sono più competitive a livello globale, ma quelle cinesi lo sono, quindi l'integrazione deve servire ad aumentare questa competitività. Bisogna cooperare, le imprese cinesi e indiane in Italia col tempo diventano imprese italiane, e gli imprenditori diventano 'cittadini imprenditori'. Purtroppo non esiste una buona piattaforma di dialogo con il governo italiano locale. I cinesi in Italia considerano l'Italia la loro patria, e non vogliono affatto rovinarla, perché i loro figli vivranno laggiù".
Le considerazioni di questo giovane imprenditore mi sembrano positive.
Dai Xiaozhang opera da anni in Italia, quindi può dire delle cose. Ecco la sua presentazione del quadro attuale delle imprese cinesi in Italia:
"Ecco il quadro dell'economia cinese in Italia: esiste ormai una rete completa di vendita al dettaglio e all'ingrosso e di import-export, il mercato commerciale di Roma e il centro della manifattura di Prato; tre sono i maggiori settori: economia e commercio, manifattura e ristorazione, insieme ad attività collaterali di logistica, finanza, ragioneria, studi legali e alberghi. Secondo i dati di agosto della Confederazione Nazionale italiana dell'Artigianato e della PMI, a Roma ci sono 5.459 imprese cinesi; nel 2008-9 le imprese cinesi in Italia erano 58 mila, per lo più in Lombardia, a Milano (11.900), in Toscana (circa 10.000), in Veneto, 6.900. Il 70% si occupa di servizi, soprattutto di commercio e ristorazione. Dai dati emerge anche lo sviluppo delle imprese cinesi verso il settore degli alberghi e dei saloni di bellezza".
Secondo Dai Xiaozhang, le fasi di sviluppo delle imprese cinesi in Europa sono le seguenti: la prima è la fase di sopravvivenza, alla periferia, in silenzio, seguita da quelle di sviluppo e di integrazione. L'integrazione necessita di innovazione, altrimenti neanche le imprese cinesi hanno delle speranze.
Egli ha aggiunto che l'economia cinese in Europa e in Italia ha incontrato due occasioni: la globalizzazione e l'industrializzazione della Cina, insieme al ricambio generazionale dei lavoratori europei, di cui ha approfittato.
Visto che più dell'85% degli operatori cinesi in Italia e in Europa sono originari di Wenzhou, vale la pena considerare le caratteristiche della loro cultura, che influenza il loro successo. Dai Xiaozhang ritiene che questo successo si debba al sistema di fiducia fra i wenzhouesi e ai forti capitali a loro disposizione.
Quali sono le proposte di Dai Xiaozhang per l'armonioso futuro dell'economia cinese in Europa?
"Per l'armonioso futuro dell'economia cinese in Europa, occorre creare tasse e posti di lavoro, le prime le vuole il governo, i secondi la popolazione, per questo occorre che i cinesi maturino un senso di responsabilità sociale. In più possono approfittare dell'occasione offerta dalla riforma fiscale in Europa dopo la crisi. Il problema degli emigrati cinesi in Europa è la loro marginalizzazione sia in Europa che in Cina, culturale e dell'educazione, a cui possono ovviare con l'autoeducazione".
Dai Xiaozhang ha aggiunto che per evitare la marginalizzazione, l'economia cinese in Europa ha bisogno di 3 piattaforme: di intelligenza, ossia organismi e università cinesi e straniere che offrano training per la trasformazione della struttura delle imprese cinesi; di autocontrollo e collegamento all'interno della comunità cinese, ancora carenti, da cui il suo scarso senso di responsabilità sociale; di operazione delle imprese, per creare tasse e occupazione sul posto.
Ora ci occuperemo di integrazione, ridando la parola al giovane imprenditore Dai Xiaozhang, originario di Wenzhou, che opera da anni in Italia:
"Esistono due tipi di integrazione: sociale, per gli italiani, e delle imprese, per i cinesi. In Italia molti filippini entrano nelle case italiane come badanti, per cui esiste una buona integrazione sociale. Ma per i cinesi con le loro imprese è più difficile".
Secondo Zhang Yili, direttore del Business Institute dell'Università di Wenzhou, adesso molti cinesi ritornano in patria...ma Gabri Dei Ottati, dell'Università di Firenze ha fatto notare che i cinesi a Prato sono in continuo aumento, e Loretta Baldassar, della Western Australia University, ha detto che fanno la spola fra la Cina e l'estero.
Dal canto suo, Li Minghuan, dell'Università di Xiamen, ha fatto notare in un perfetto inglese:
"Si riduce l'emigrazione da Wenzhou e dal Fujian, ma aumenta quella da altre zone della Cina. Adesso gli investitori cinesi vanno in Usa, Australia e Nuova Zelanda, da cui l'intensa discussione e il giudizio negativo all'interno della Cina perché portano i capitali fuori dal paese. Ma per l'emigrazione della forza lavoro il caso è diverso. Negli anni ottanta emigravano i contadini, piuttosto ignoranti; alla fine degli anni novanta e all'inizio del XXI secolo a emigrare erano gli imprenditori di Wenzhou dotati di esperienza, di capitali e di legami con la madrepatria, il che è molto importante per l'import-export, perché implica un maggiore capitale sociale ed economico".
Li Minghuan, dell'Università di Xiamen, ha appena effettuato una ricerca sui supermercati cinesi in Europa. Diamole subito la parola:
"La mia ricerca tratta delle caratteristiche, della cultura e del mercato dei supermercati (Marts) cinesi in Europa, a Madrid, Roma, Varsavia e Mosca, dove sono stata l'anno scorso. Il Mart di Parigi ha migliaia di banchi, e quello di Madrid si estende su 10 mila mq, quindi è enorme; a Roma ci sono negozi cinesi in centro e vicino all'aereoporto, e a Budapest c'è un mercato di Wenzhou. A Mosca accanto al Mart sono parcheggiati dei pulmini che portano la merce in altri paesi esteri. Esistono due tipi di mercati cinesi in Europa: all'aperto, in container, ma poi a Budapest e Mosca sono stati chiusi per motivi di igiene; e negozi per strada acquistati dai locali, come a Roma in Piazza della Repubblica, vicino alla stazione Termini, che hanno pochi clienti visibili, ma fanno dei buoni affari".
Li Minghuan ha detto di essere rimasta colpita dalla presenza di così tanti negozi cinesi al pianterreno degli antichi palazzi di Roma.
E ha aggiunto che il futuro dei Marts cinesi in Europa saranno i grandi depositi, ma rimarranno i piccoli negozi con prodotti semplici e un basso fatturato.
Li Minhuang ha anche fatto notare che in Europa la gestione familiare dei negozi cinesi serve a superare il problema dell'alto costo del lavoro in Europa.
La professoressa Li ha anche toccato il tema dell'apertura 24 ore al giorno dei negozi cinesi all'estero, che dà adito a delle critiche, dicendo che secondo lei è richiesta dal mercato, e non fa parte del lifestyle dei gestori cinesi.
Gli investimenti nei negozi cinesi in Europa provengono da imprese cinesi e dai migranti. A Prato, secondo Li Minghuan, il futuro sta nella cooperazione nel design e nella produzione fra cinesi e italiani.
I cinesi devono anche fare del brand marketing. La cooperazione fra cinesi e locali è importante, ossia dare lavoro ai locali e aprire nuovi mercati con gli imprenditori locali, così sarà possibile l' integrazione.
Gli emigrati cinesi in Europa si sono sviluppati in fretta con il Made in China, e i ristoranti e le gastronomie nelle China Town. Ma la seconda generazione è più attiva nel settore dei servizi sia per la comunità cinese che per gli altri residenti.
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