Da Prato al futuro prossimo
  2014-10-04 20:17:00  cri

Possono essere il ponte tra le piccole e medie imprese italiane e i mercati emergenti in Asia. Gli imprenditori cinesi di seconda generazione sono una risorsa preziosa per la ripresa economica dell'Italia. Per questi immigrati e le loro imprese occorrono politiche più inclusive.

L'immigrazione cinese in Italia

Anche se in Italia i primi immigrati cinesi sono arrivati dopo la prima guerra mondiale, è solo con l'avvio delle politiche di riforma del governo cinese che, a partire dagli anni 80 del secolo scorso, riprendono le migrazioni verso l'Europa e l'Italia. Si tratta soprattutto di cinesi provenienti dalla provincia del Zhejiang, la stessa da cui provenivano gli immigrati giunti in Europa nella prima metà del novecento. Questa circostanza ha favorito il flusso migratorio e l'inserimento dei nuovi arrivati. Tipicamente, tale inserimento, anche per la barriera della lingua che ostacola l'accesso al lavoro dipendente presso imprese italiane, consiste nell'avvio di una piccola impresa familiare, sfruttando le opportunità presenti nel contesto di immigrazione. Ciò ha alimentato catene migratorie che negli ultimi due decenni hanno determinato un consistente afflusso di immigrati cinesi in Italia.

E' così che il numero dei residenti cinesi cresce rapidamente: da 15.844 all'inizio del 1994 a 58.844 nel 2001 per raggiungere 209.934 residenti nel 2011. Come avviene per gli immigranti di qualsiasi nazionalità, anche i cinesi non si distribuiscono uniformemente sul territorio, bensì si concentrano in particolari località. Il maggior numero di immigrati cinesi si riscontra in Lombardia (21%), soprattutto a Milano e a Brescia. Al secondo posto viene la Toscana (19%) col noto caso di Prato, ma anche di Empoli e San Donnino. Seguono il Veneto (13%) e l'Emilia Romagna (11%). Al quinto posto si trova il Lazio (7%) con la concentrazione di importatori e commercianti cinesi di Roma.

Imprese cinesi e industria italiana

La distribuzione territoriale e il consistente afflusso di immigrati cinesi non sono casuali, ma dipendono anche dall'industrializzazione italiana nel secondo dopoguerra, caratterizzata dalla moltiplicazione di piccole imprese agglomerate in distretti industriali, per lo più specializzati nella produzione di beni per la persona e la casa: il cosiddetto made in Italy . Tali caratteri dell'industria italiana, soprattutto nelle regioni del Centro e del Nord-Est, costituivano un contesto ideale per l'avvio di piccole imprese da parte di immigrati cinesi. Ciò, anche in considerazione della somiglianza del modello imprenditoriale dei distretti con quello del luogo di origine (Wenzhou) e delle difficoltà di ricambio generazionale nella manifattura a causa delle mutate aspettative di lavoro dei giovani italiani. E' così che le microimprese cinesi si moltiplicano: le ditte individuali passano da 8.323 nel 2000 a 21.743 nel 2005 per arrivare a 40.000 nel 2011. Alle ditte individuali, le uniche di cui esistono i dati, si stima un aggiunta ormai di qualche migliaio di società.

Fino all'inizio del nuovo secolo la maggior parte delle imprese cinesi sono laboratori di subfornitura nei distretti specializzati nei beni per la persona (abbigliamento, articoli in pelle e calzature). Nel distretto di Prato, ad esempio, le imprese cinesi passano da 289 nel 1994 a 4830 nel 2012 di cui 3200 nell'abbigliamento. Oltre che in Toscana le microimprese cinesi si diffondono anche nei distretti del Veneto, dell'Emilia Romagna, della Lombardia e delle Marche, tanto che nel 2007 il 31,3% di tutte le microimprese nei distretti specializzati nei beni per la persona erano cinesi . E' quindi evidente il contributo di queste imprese alla produzione dei distretti industriali italiani.

Negli ultimi anni, tuttavia, si rilevano dei cambiamenti sia nel numero di nuovi immigrati cinesi, sia nelle attività svolte da tali immigrati. A seguito del rapido sviluppo della Cina e della crisi economica in Italia e in Europa, il flusso migratorio dalla Cina si è ridotto e, in qualche caso, invertito. Anche le scelte imprenditoriali stanno cambiando: si riducono i laboratori di subfornitura e aumentano le attività terziarie, soprattutto nel commercio, al dettaglio e all'ingrosso. Questo cambiamento si spiega sia con la crescita dei cinesi di seconda generazione che conoscono l'italiano, sia col ridursi dei guadagni nella subfornitura le cui condizioni di lavoro diventano sempre meno tollerabili.

A Prato dove la concentrazione di imprese cinesi è stata particolarmente rilevante, l'evoluzione imprenditoriale è avvenuta a partire dal nuovo secolo con la trasformazione dei laboratori di cucitura in imprese di pronto moda che vendono direttamente sul mercato nazionale e internazionale e si avvalgono anche di lavoro qualificato di italiani. Anche a Prato questa trasformazione si è accompagnata allo sviluppo delle attività terziarie, in particolare del commercio internazionale: importazioni soprattutto dalla Cina ed esportazioni soprattutto negli altri paesi europei.

Una risorsa da valorizzare

L'evoluzione dell'imprenditoria cinese sopra accennata segnala l'avvio di una nuova fase dell'immigrazione cinese, i cui protagonisti sono soprattutto i giovani cresciuti in Italia che conoscono la lingua e il contesto italiano, pur mantenendo rapporti col paese di origine e i connazionali emigrati altrove. La principale risorsa di questi nuovi imprenditori non è più l'economia informale, bensì le loro conoscenze e le relazioni miste.

In un periodo in cui l'economia italiana e in particolare i distretti industriali faticano ad uscire dalla crisi e adattarsi alla globalizzazione, i nuovi imprenditori cinesi possono essere una risorsa preziosa per la ripresa dello sviluppo dell'Italia. Il doppio inserimento consente loro di svolgere un ruolo di ponte fra l'Italia con le sue piccole e medie imprese e le aree manifatturiere e di mercato dei paesi emergenti dell'Asia. Per questo politiche più inclusive nei confronti di questi immigrati e delle loro imprese sarebbero economicamente vantaggiose oltre che socialmente utili.

(L'autrice, Gabi Dei Ottati, è docente di Economia applicata all'Università di Firenze, Dipartimento di Scienze per l'Economia e l'Impresa)

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