Dieci anni dell'ingresso nel Wto, la trasformazione della Cina agli occhi italiani
  2012-10-18 10:05:00  cri

Con una martellata a Doha l'11 novembre 2011, la Cina ha aderito al Wto (World Trade Organizzation), dando vita ad una nuova fase dell'apertura all'estero. Facendo uno sguardo retrospettivo ai dieci anni passati, abbiamo notato un cambiamento profondo e essenziale: il mondo ha fatto cambiare la Cina, e vice versa. Nell'arco di dieci anni, il Paese del Mezzo, con un valore di importazione annuale pari ai 687 miliardi di USD, ha creato più di 14 milioni dei posti di lavori per i paesi relativi, nel contempo ha attrato più di 1000 miliardi di USD degli investimenti esteri, con la nascita di 347 mila aziende straniere sul suo territorio. L'ingresso nel Wto ha sia promosso la crescita economica cinese, sia dato la forza motrice per la prosperità mondiale.

Sempre in questo periodo, il Paese è anche andato incontro alle sfide ineluttabili, grazie alle quali si è trasformato e cresciuto. Uno degli aspetti più fondamentali consiste nel miglioramento dell'ordinamento giuridico e della politica economica, che, da un lato, fa parte degli impegni da assumere dopo l'ingresso nel Wto, dall'altro rappresenta le esigenze di trasformazione della propria economia del mercato. A seguito della proposta di un "Modello cinese". anche le riforme effettuate dalla Cina nel quadro del Wto destano la sempre maggiore attenzione da parte degli studiosi occidentali.

L'ingresso nel Wto e la riforma dell'ordinamento giuridico cinese

L'imparzialità, la trasparenza e la competizione leale sono principi fondamentali del Wto. I cambiamenti arrecati alla Cina dall'ingresso nel Wto non limitano solo nelle cifre che rappresentano la rapida crescita, ma più importanti sono l'innalzamento della qualità dello sviluppo socio-economico e la diffusione delle regole di commercio internazionale e del concetto dell'economia del mercato.

Valentino Lucini, laureato in giurisprudenza presso l'Università di Roma "La Sapienza" e collaborato per il progetto di ricerca "La Cina e l'Omc" presso l'Università di Scienze Politiche e Legge di Chongqing, ci ha presentato un'analisi sulle riforme effettuate dalla Cina dopo l'ingresso nel Wto. Prima di tutto ha ricordato un parere comune del mondo accademico secondo il quale è stata precoce l'adesione della Cina nel Wto dieci fa nel senso che ancora non aveva completato le riforme economiche iniziate qualche anno prima, tra l'altro l'ordinamento giuridico cinese era da poca trasparenza normativa.

Però Lucini aggiunge che questa "prococità" è un'occasione per la Cina, come detto il direttore generale del Wto Pascal Lamy, l'ingresso della Cina nell'organizzazione è un "grilletto" per la riforma cinese. I fatti dimostrano che al di là delle previsioni di molti paesi membri, la Cina ha tenuto fede alla maggiore parte degli impegni assunti. "In poco più di dieci anni il legislatore ha riformato il proprio sistema commerciale, abbattendo la maggior parte delle barriere tariffarie, nonché regolamentando e riducendo quelle non tariffarie. Inoltre, bisogna ricordare lo smantellamento e privatizzazione della maggior parte delle imprese di proprietà statale, nonché l'apertura del mercato dei servizi alle imprese straniere."

Rispetto alla riforma del sistema commerciale, come emendare l'ordinamento giuridico e modificare le varie leggi e regolamenti per conformare ai principi del Wto è un lavoro più duro che richiede il maggiore coraggio. Lucini ritiene che la la "fiducia" data dall'ingresso precoce sia stata ben ripagata: il legislatore ha effettuato una riforma normativa in grandi dimensioni. In un paio di anni dopo l'ingresso, i ministri del governo centrale ha riassestato 2000 e eliminato 500 leggi e regolementi non conformi ai canoni del Wto, senza contare quelle trattate dalle amministrazioni locali, che raggiungeranno quota 90,000. Tra l'altro, il legislatore cinese ha emendato e riformato gli istituti giuridici più importanti, in modo da conformali ai requisiti richiesti dalla WTO, come nel caso delle leggi a tutela della proprietà intellettuale, pur varate nel 1983, ha trovato una nuova riforma nel 2000 che le allineava e conformava ai principi del Wto.

Lo sviluppo economico e il miglioramento dell'ordinamento giuridico sono sempre complementari. "A seguito della politica di riforma ed apertura, abbiamo assistito alla rivalutazione del ruolo del diritto", Lucini ha poi elencato una serie di leggi, "abbiamo assistito ad un importante produzione normativa che ha investito tutti i campi del diritto, da quello amministrativo a quello penale, dal civile al commerciale, favorendo l'utilizzo di alcuni principi degli Stati di diritto, come la rule of law, la trasparenza dei processi decisionali e la creazione di un apparato giudiziario autonomo."

L'ingresso nel Wto e l'investimento cinese all'estero

Marco del Corona è il corrispondente di "Corriere della Sera" a Pechino. Parlando dell'ingresso nel Wto si è detto più impressionato della presenza delle aziende e dei capitali cinesi all'estero: "Le pratiche commerciali e finanziarie hanno facilitato il denaro cinese all'estero, con l'acquisizione delle società e con l'investimento. Questa presenza visibile della Cina all'estero è una delle caratteristiche che dieci anni fa non c'erano al mondo." Dai dati emerge che dal 2003 al 2009 gli investimenti diretti cinesi all'estero sono passati da 2,8 miliardi a 56 miliardi di dollari, con una crescita annua del 55%, raggiungendo nel 2010 quota 67 miliardi.

L'ingresso nel Wto dimostra che il processo di apertura cinese è entrato in una nuova fase, caratterizzata da un sempre maggiore numero delle aziende che cominciano ad andare all'estero a passi giganti, come la casa automobilistica Geely che ha acqusito la svedese Volvo, oppure i produttori di apparecchiature per le telecomunicazioni come Huawei e ZTE che operano in ogni continente del mondo.

Il fondo Mandarin è il più grande fondo di private equity italo-cinese, proposto dalla China Development Bank (CDB), Import-export Bank of China e Intesa Sanpaolo, dedicato principalmente nel sostenere le aziende cinese di sviluppare e di cercare tecnologie, marche e canali di distribuzione in Italia e in Europa e anche nell'aiutare le aziende europee a trovare le basi di produzione e le quote del mercato in Cina. Parlando del motivo di creazione del fondo, Alberto Forchielli, uno dei fondatori e partner manager di Mandarin, ha ricordato che la similarità tra le aziende cinesi e italiane è straordinaria, da cui la potenzialità fantastica di cooperazione, "Cinque anni fa, siamo stati in giro in Italia per chiedere milioni di euro per sostenere l'investimento cinese in Europa. Devo dire che nel 2006 è una cosa molto bizzara. Ma la cosa straordinaria è che trovammo 23 investitori italiani, tra i principali invesitori finanziari, che ci dettero quasi 200 milioni di euro." Nel 2008, come il co-invesitore, Mandarin ha aiutato la Zoomlion, leader nel settore dei macchinari per l'edilizia cinese, ad acquisire con 271 milioni di euro, il 100% delle azioni di CIFA, uno dei tre produttori di macchinari per calcestruzzo. Si tratta del maggior progetto di acquisizone da parte delle aziende cinesi in Italia.

Di pari passo con il "go out" delle aziende cinesi, alcuni si preoccupano che "il Dragone sta comprando il mondo". L'opinione è smentita da Massimo Attilio Iannucci, ambasciatore italiano in Cina, che in una recente intervista ha espresso il benveuto all'investimento cinese in Italia. "Noi siamo assolutamente favorevoli agli investimenti dei cinesi in Italia, abbiamo degli esempi molto positivi in questi investimenti che hanno salvato le imprese italiane. Faccio il caso di una fabbrica di abbigliamento sportivo, un'altra di motorini. Sono nomi storici dell'industria italiana, che ancora esistono perché c'è un capitale cinese che è intervenuto. La particolarità di questi interventi è che non c'è una trasformazione in fabbrica cinese, la struttura rimane la stessa, le persone rimangono le stesse, nel caso di motorini, il presidente è una signora cinese, tutti gli operai sono rimasti italiani."

Il Paese del Mezzo si trova in un periodo di sviluppo caraterizzato dall'industrializzazione ed urbanizzazione ad alta velocità, mentre Italia vanta di tecnologie e esperienze di gestione ad avanguardia mondiale nel settore dell'agricotura moderna, del risparmio energetico, della tutela ambientale, dell'innovazione e del design. Quindi è fortissima la potenzialità e la complementarietà di cooperazione tra le due parti, in particolare tra le piccole e medie imprese. Per l'occasione dei dieci anni dell'ingresso della Cina nel Wto, emergono nuove opportunità: nell'ottobre 2010 è stato emesso il "Piano d'azione triennale italo-cinese per la cooperazione economica," che ha previsto un panorama della maggiore collaborazione nei settori del commercio, dell'investimento, della tutela ambientale, dell'innovazione tecnologica, delle piccole e medie imprese e della promozione dello sviluppo sostenibile, intanto ha avanzato numerose politiche e misure effettive. Speriamo che i mondi industriali e commerciali dei due paesi possano cogliere l'opportunità per creare insieme un nuovo quadro di cooperazione economico-commerciale e i benefici concreti a favore dei due paesi e dei popoli dei due paesi.

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