Carta bianca
  2009-10-01 14:19:32  cri

Carlo Lucarelli
Carta bianca

Capitolo primo

La bomba esplose all'improvviso, con un fragore pazzesco, proprio quando il corteo funebre stava attraversando la strada. De Luca si gettò a terra, istintivamente, coprendosi la testa con le mani, mentre un pezzo di muro crollava sul marciapiede, coprendolo di polvere. Cominciarono tutti ad urlare. Un sergente della GNR stese il mitra sopra di lui e sparò una raffica infinita che lo assordò, facendo piovere una cascata di coppi rotti sulla strada.

- Bastardi! – gridava il sergente, - figli di puttana!

- Bastardi! – gridavano tutti, e sparavano, Guardia Nazionale, Brigate Nere, Decima Mais e Polizia, tutti tranne De Luca, a terra con la faccia nella polvere e le mani aperte sulla testa, con le dita infilate tra i capelli. Rimase così un'eternità e solo quando tutti ebbero smesso di sparare e si sentirono soltanto i gemiti dei feriti, allora si alzò sulle ginocchia, spazzolandosi l'impermeabile con le mani, e si rimise in piedi.

- Ce la pagheranno! – gli urlò in faccia un graduato, afferrandolo per i risvolti del soprabito, - Rappresaglia! Carta bianca!

- Carta bianca, sì – disse De Luca liberandosi della stretta isterica che lo stava spogliando, - certo, certo... – e si allontanò in fretta, senza voltarsi indietro, sospirando tra le labbra che sapevano di polvere. Gli faceva male un ginocchio. Pensò "lo sapevo che non dovevo fermarmi a guardare" e voltò l'angolo, mentre i primi camion facevano stridere i freni e i tedeschi saltavano giù a bloccare le strade.

Affondò le mani nelle tasche e si strinse addosso l'impermeabile, perché la primavera tardava a venire e faceva ancora freddo, voltò un altro angolo e contò le targhe sui muri dei palazzi, fino al numero 15, poi entrò deciso. Passò davanti ad un ascensore con la gabbia e il cancello imponente in ferro battuto e si fermò davanti al lunotto della portineria, ma non c'era nessuno. Iniziò a salire una rampa di scale, bianche e pulitissime, come di marmo, un palazzo da signori quello, e per contrasto, passandosi una mano sul mento ispido, gli venne da pensare che era proprio ora di farsi la barba. Al primo piano un uomo gli venne incontro, grosso, con un soprabito pesante e una faccia quadrata da Questura.

- Che è successo? – chiese ansioso, - questa botta là fuori...

- Un attentato – disse De Luca. – Hanno tirato una bomba ai funerali di Tornago. Ma ora è tutto sotto controllo...

- Ah be'... – l'uomo scosse la testa, come per dire qualcosa, ma poi fece un passo in avanti e piantò una mano sul petto di De Luca che stava avvicinandosi deciso ad una porta, fermandolo a metà di un passo, con una gamba avanti e un contraccolpo che gli fece male al collo.

- Eilà, bello! Dove credi di andare?

De Luca chiuse gli occhi, stirando per un attimo le rughe dell'insonnia che gli attraversavano la faccia. Fece "un momento" con la mano destra e con la sinistra tirò fuori dalla tasca una tessera, che il gorilla riconobbe subito, prima ancora di leggere, e impallidì. Stese il braccio nel saluto, sbattendo i tacchi.

- Scusate, comandante... se me lo dicevate subito...

De Luca annuì, e mise via la tessera. – Fa niente – disse, - ma non mi chiamare comandante, non sono più nella Muti, sono commissario. Mi occupo di questo caso. Chi c'è dentro?

- Maresciallo Pugliese, della Mobile. E la squadra.

- Niente autorità, giornalisti, parenti...

- Solo la Questura.

- Bene. Non fare entrare nessuno... tranne me, naturalmente. Fammi passare, per favore.

- Scusate. A disposizione, comandante!

- Commissario, non comandante, commissario.

- Sì, scusate. A disposizione, commissario!

De Luca sospirò, mentre il gorilla faceva un passo di lato, aprendogli la porta. Entrò in un andito piuttosto piccolo e stretto, in contrasto con l'idea che si era fatto dell'appartamento. A un lato dell'ingresso c'era un tavolino, piccolo e dalle gambe arcuate, con un telefono bianco sopra, e all'altro lato un attaccapanni, stampe alle pareti e in fondo, in un pezzo di stanza incorniciato dal vano di una porta, come in un quadro, c'erano due uomini. Lo guardarono avvicinarsi, uno piccolo e col naso a becco, con un cappello nero, l'altro magro, giovane e con gli occhiali.

- Che è successo? – chiese quello piccolo, con un forte accento meridionale, - una bomba?

- Un attentato – ripeté De Luca, - granate al funerale di Tornago.

- Solo granate? – disse quello magro, - sembrava che il fronte si fosse spostato fin qui!

- Hanno perso la testa e si sono messi a sparare tutti.

Quello magro si sfilò gli occhiali, scuotendo il capo. – Ci sarà scappato il morto, di sicuro. Sono ridotti così male che si ammazzano da soli...È diventato pericoloso anche il funerale di un gera... – Si bloccò, perché quello piccolo, che stava osservando De Luca con gli occhi socchiusi, mentre si avvicinava, gli aveva stretto un braccio, sopra il gomito.

- Io vi conosco a voi – disse, - siete uno della Politica. È un caso vostro, questo qui? Ve lo lasciamo volentieri... vieni, Albertini, ce ne andiamo...

De Luca alzò un braccio, fermandoli sulla soglia, con un sospiro profondo che era quasi un gemito.

- Quante volte lo dovrò ripetere oggi? – disse, - non sono più nella Politica, sono il commissario De Luca, in forza alla Questura. Mi hanno trasferito ieri dalla Brigata Ettore Muti, sezione speciale della Polizia Politica e non ho ancora i documenti, ma lavoriamo assieme. Mi hanno dato il caso. A posto così?

L'uomo dal naso a becco si tolse il cappello, chinando il capo. – A disposizione – disse. Albertini invece non disse più nulla.

De Luca entrò nella stanza. Proprio accanto a lui, alla sua destra, c'era un uomo, steso a terra a faccia in su, con un braccio piegato in alto, lungo il muro. Indossava una vestaglia azzurra, di seta, e aveva una ferita larga, scura e appiccicosa, sul petto, all'altezza del cuore. Un'altra, all'inguine, si intravedeva sotto il lembo della vestaglia, macchiata di sangue. De Luca lo guardò a lungo, poi si guardò attorno, le pareti coperte di libri, lo scrittoio col lume di vetro, le poltrone al centro della stanza, il tavolino basso, il lampadario, gli specchi, il tappeto, tutto perfettamente in ordine. Davvero un palazzo da ricchi, quello.

- Chi è? – chiese, tornando a guardare il morto.

- Si chiamava Rehinard – disse quello piccolo, Albertini non parlava proprio più.

- È un tedesco?

- Era un trentino. Cittadino italiano.

- Lo conoscete?

- No, ho preso il suo portafoglio. Eccolo.

Dall'andito venne un rumore, ma De Luca non si voltò.

- È uno dei miei che guarda le altre stanze – disse quello piccolo. – L'appartamento è grande, quattro camere e il bagno, con la cucina, e non c'era nessuno, tranne lui. Lo volete, questo portafoglio?

De Luca prese il portafoglio, coccodrillo lavorato a mano, pesante, e si avvicinò al tavolino, al centro della stanza. Si sedette su una poltrona e vuotò il contenuto sul piano di vetro, accanto a due bicchieri. Notò che uno aveva il bordo sporco di rossetto.

- Documenti – disse il tipo basso, mentre De Luca li esaminava. – Tessera del Partito, soldi e qualche biglietto da visita. – Ce n'era uno molto elegante, con caratteri ornati, in rilievo, che diceva Conte Alberto Maria Tedesco, e uno più semplice, piatto, con Sibilla, in corsivo, e un numero di telefono. De Luca tenne in mano il biglietto del conte, come per pesarlo, poi lo lasciò cadere assieme agli altri.

- Dov'è la domestica? – chiese.

- Prego?

- La domestica, la serva, la donna... come la chiamate?

L'uomo basso lo guardò in modo strano, aggrottando le sopracciglia sugli occhi sottili. – Non c'è nessuna domestica – disse.

- In una casa così pulita e in ordine? Con un uomo solo e scapolo, come dicono i documenti? – De Luca si alzò e si mosse per la stanza, - a me pare troppo in ordine per una domestica ad ore, a meno che non sia appena uscita. Oppure è un domestico... una delle stanze sarà la sua, ci saranno le sue cose. C'è niente in Questura su questo tipo, che voi sappiate?

- Niente che io ricordi, e io ricordo tutto. Ma è più probabile che ci sia qualcosa da voi... voglio dire...

- C'è, infatti, ma è poco. – De Luca ricordò la scheda di cartoncino giallo, Rehinard Vittorio, membro del Partito Fascista Repubblicano e nient'altro. La ricordava proprio per quello. – Il medico è già arrivato? – chiese.

- Non ancora, ma l'abbiamo chiamato.

- E il maresciallo Pugliese?

- Sono io Pugliese.

- Ah. – De Luca si fermò di nuovo davanti al morto. Lo guardò e poi con la punta della scarpa spostò il lembo della vestaglia che gli copriva le gambe. Albertini si voltò dall'altra parte. Pugliese invece si avvicinò, chinandosi in avanti, con le mani appoggiate alle ginocchia.

- Gelosia? – disse. De Luca si strinse nelle spalle.

- Forse – mormorò. – Una donna qui c'è stata, e non da molto. Direi una bionda a giudicare dal colore del rossetto su quel bicchiere... l'arma non c'è, vero?

- No, fino ad ora non l'abbiamo trovata, pugnale o coltello che sia.

- Un tagliacarte.

- Un tagliacarte? – Di nuovo Pugliese lo guardò di traverso.

- Probabile. È l'unica cosa che manca sullo scrittoio, che è attrezzatissimo, e ci sono delle buste aperte, con la data di oggi. – De Luca tornò al tavolino e si lasciò cadere su una poltrona. Avvicinò il volto al bicchiere sporco di rossetto e annusò forte. Odore di alcool. A quell'ora di mattina? Strano. L'altro invece era vuoto. All'improvviso, come gli succedeva sempre da una settimana, lo assalì un'ondata di sonno che lo fece sbadigliare, sempre nel momento meno adatto e mai di notte, quando rimaneva a guardare il buio sul soffitto o si girava nel letto da una parte e dall'altra, con le palpebre serrate, avviluppato nel lenzuolo.

- Chi vi ha chiamato? – chiese.

- Il portinaio – disse Pugliese, - quello che ha scoperto il morto. Passava qui davanti e ha visto la porta aperta, spalancata, e così è entrato e ha visto tutto. Ci ha telefonato la moglie. – Un uomo quasi calvo, con un paio di occhiali dalla montatura leggera entrò nella stanza e si fermò, guardando prima De Luca e poi Pugliese, che annuì con un breve cenno del capo.

- Non c'è niente di là – disse l'uomo calvo. – Soltanto il bagno e una delle stanze sono abitate, le altre sono vuote.

- Non c'è un'altra stanza? Non so, con roba da donna nei cassetti... cose del genere? – chiese De Luca, e Pugliese sorrise quando il calvo scosse la testa.

- Niente, solo una camera da letto con effetti maschili, abiti, toilette, scarpe...

- Macchie nel letto?

- Prego?

- Macchie fisiologiche, sul lenzuolo.

- Oh già... no, niente. Tutto in ordine, anche il letto è rifatto.

- Capelli sulle spazzole?

Il calvo lanciò un'occhiata a Pugliese, irritato. – Biondi, lisci e lunghi come quelli del signore lì a terra.

De Luca annuì, lasciandosi andare contro lo schienale della poltrona. La testa gli scese fra le spalle, affossandosi dentro al bavero dell'impermeabile. Stese le gambe, puntando i tacchi sul pavimento e si sarebbe addormentato lì, in una nuvola di stoffa bianca sporca di polvere, tagliata a metà dalla camicia nera, con il suo volto ispido e rugoso, che scendeva lentamente verso il petto.

- Vi sentite bene? – chiese Pugliese. – Avete una brutta cera.

- Soffro d'insonnia – disse De Luca, in un sussurro, - e non solo di quello... ma non vi preoccupate, non mi addormento, stavo solo pensando. Ci rimane soltanto da sentire il portiere e vedere che tipo era questo Rehinard, chi vedeva di solito e chi è entrato questa mattina. E se aveva una serva, perché qui io non sono molto convinto.

Pugliese annuì energicamente. – Benissimo. E poi?

De Luca lo guardò negli occhi, serio. – Poi niente. Cos'altro volete fare? Abbiamo un tizio piuttosto facoltoso, membro del Partito e in relazione con Tedesco... lo sapete chi è Tedesco, vero? Ministero degli Esteri... Un tizio ucciso in un modo che promette di essere piuttosto sporco. Credete che sia possibile fare qualche indagine? O che comunque interessi a qualcuno, in tempi come questi, con gli Americani sotto Bologna? Mi taglio il collo se ci lasciano continuare.

Pugliese sorrise e allargò le braccia mentre De Luca puntava le mani sui braccioli e con uno strappo si alzava in piedi, barcollando. – A disposizione – disse, e lo seguì verso la porta, col cappello in mano. Si fermò davanti all'ascensore, col dito quasi sul pulsante, ma poi dovette affrettarsi sulle sue gambette corte per raggiungere De Luca che era già a metà dello scalone.

- Comandante! – ansimò, - un, mannaggia... scusate commissà, non me lo ricordo mai! Sentite, commissario, quando siamo dal portiere gliela faccio vedere io la tessera, se permettete. Se vedono la vostra si prendono paura e non parlano più.

De Luca non rispose. Arrivarono al gabbiotto e Pugliese bussò nel vetro con le nocche ma De Luca aprì la porta ed entrò direttamente, investito da un odore di cavoli che gli fece arricciare il naso e lo stomaco. Dentro, su una sedia di paglia davanti ad una stufa accesa, c'era una donna dai capelli bianchi, con un rosario in mano. Aveva l'aria di dimostrare più anni di quanti ne avesse.

- Buon giorno – disse De Luca alla vecchia, che lo guardava con la bocca aperta, - sto cercando il portiere. – Pugliese entrò nello stanzino e scostò una tenda che separava il resto dell'appartamento, con una pentola di cavoli che bolliva, su una cucina economica.

- Io non so niente – disse la vecchia. – Mio marito non c'è e io non so niente.

- Però lo conoscete il signore di sopra, vero?

- Son mica io che conosco tutti – disse, - quello è mio marito.

- A vederlo sembrava una brava persona, quel signore – disse Pugliese, insinuante. La vecchia si voltò con uno scatto, facendo tintinnare il rosario.

- Una brava persona? Con tutte le donne che riceveva a tutte le ore del giorno? Si vede che non conoscete la gente, voi.

- Cosa volete che sia ricevere qualche brava ragazza, al giorno d'oggi...

- Al giorno d'oggi non ci sono più brave ragazze! Colpa della guerra... Anche questa mattina ne sono venute due, una era quella biondina, bellina ma matta di sicuro, e strana, la figlia di un conte diceva mio marito... e un'altra era una morettina con gli occhiali, strana anche lei... ma io non so niente, vedo qualcosa ogni tanto da qui, perché sono vecchia, e ho un dolore alle gambe che...

- Va bene – tagliò corto De Luca, piuttosto brusco, e Pugliese scosse la testa, alle sue spalle. – Avete visto qualcun altro salire oltre alle due donne, questa mattina?

- No, mio marito, forse...

- Lo abbiamo capito. Dov'è vostro marito?

- È uscito per una commissione, dopo che è arrivata la Polizia – e indicò Pugliese. De Luca lo guardò e lui si strinse nelle spalle.

- Tornerà – disse.

- Speriamo – disse De Luca. Si voltò e fece per uscire, ma la vecchia lo fermò, ricominciando a parlare.

- Una persona per bene! – disse acida, - con la miseria che c'è, col pane che è arrivato a quindici lire al chilo, quando se ne trova, lui buttava via i soldi! Chissà da dove venivano, poi... e se la faceva anche con i tedeschi.

- Con i tedeschi? – chiese Pugliese. Lanciò un'occhiata a De Luca, che guardava la vecchia.

- Certo. Me lo ha detto mio marito, perché io non me ne intendo, ma molte volte veniva un soldato, che era un ufficiale, e aveva le mostrine rosse sul colletto con quelle... – Tracciò due segni paralleli nell'aria con un dito magro dall'unghia appuntita e Pugliese si voltò di lato, con una smorfia.

- Bonasera – disse, - una Esse Esse.

- Meglio così – disse De Luca, - almeno finiamo presto. Ditemi un'altra cosa... aveva una domestica quel signore? Una serva...

- Oh sì, Assuntina. – De Luca si lasciò prendere da un mezzo sorriso stanco. – Una di giù, una sfollata. Stava da lui fissa, anche se per me sono cose che non stanno mica bene... Ma se ne è andata tre giorni fa.

De Luca si voltò di nuovo e questa volta nessuno lo fermò. Uscì dal gabbiotto assieme a Pugliese che gli saltellava dietro, fino alla porta, sui gradini dell'ingresso. Fuori c'era una pattuglia della Guardia Nazionale che fermava la gente, con i mitra puntati. Un uomo in borghese che controllava tutti i documenti fece un cenno di saluto a De Luca, che non rispose.

- Che si fa adesso? – chiese Pugliese, mettendosi il cappello. Sembrava più basso, col cappello.

- Si va a rapporto dal Questore. Gli diciamo che un tipo equivoco, membro del Partito e amico delle Esse Esse, nonché della figlia del conte Tedesco, che detto tra parentesi è soltanto un membro del corpo diplomatico della Repubblica e amico personale del maresciallo Graziani, è stato ucciso e castrato non si sa da chi, con un'arma che non c'è più. Magari fosse stata soltanto una povera serva gelosa, che tra l'altro manca da tre giorni in una casa dai letti rifatti questa mattina. Tutto questo sulla testimonianza riferita da un portiere che ha pensato bene di sparire a fare una commissione, nonostante avesse la Polizia e un delitto in casa. Cosa credete che dirà il Questore?

- Che dirà il Questore? – ripeté Pugliese con un sorriso ironico.

- Quello che sto per dire io adesso. – De Luca sfilò la tessera da sotto l'impermeabile e la mostrò aperta ad un miliziano, che si stava avvicinando con aria minacciosa. – Fuori dai coglioni, ragazzo – disse. – Non sono affari tuoi, questi. Lasciaci perdere.

《为所欲为》

(意)卡罗·卢卡莱利

王蕾蕾 

 

 

第一章

 

 

送葬的队伍正在横穿马路。突然一声巨响传来,是炸弹爆炸的声音。德卢卡下意识地扑倒在地,双手抱头。人行道边的一片墙轰然倒下,尘土弥漫。所有人都在喊。一名共和国卫队的下士举起机关枪,不停地扫射,那声音几乎能把德卢卡的耳朵震聋。街道上满是破碎的瓦片。

"混蛋,"下士喊着,"婊子养的!"

"混蛋,"所有人都在喊叫,所有人都开了火儿:国家卫队的、黑色旅的、第十突击舰队的、还有警察。只有德卢卡依旧脸朝下趴在地上,双手护着头,手指深深地插在头发中。就这样过了好一阵子。终于,枪声停了,只留下受伤的人在呻吟。德卢卡这才从地上爬起来,用手拍打着风衣上的土。

"我们要让他们好瞧!"一名军士拽着德卢卡的上衣领子,冲着他喊道,"报复!无论如何都要报复!"

"必须报复,是的,当然,当然。"德卢卡好不容易才摆脱掉那个家伙的纠缠,赶紧头也不回地离开了。他意识到自己的嘴里鼻子里全是尘土,有一边的膝盖还很疼。他绕过街角,心里想:"我早就知道不该停下来看。"就在这时,不远处传来卡车刹车的声响,赶来的德国人立刻封锁了道路。

德卢卡使劲揣了揣插在衣兜中的双手,把风衣裹得更紧了一些。今年的春天来得有点晚,天气还很凉。他又转过一个街角,数着墙上的门牌号,直到看到第15号,便径直走了进去。他走过老式电梯和一个大铁栅栏门,停在门房门口。门房里空无一人。于是他转身上了楼梯。楼梯是白色大理石的,打扫得很干净,一看就是上等人住的地方。德卢卡下意识地用手摸了摸满是胡子茬的下巴,心里想,也许该刮刮胡子了。他走上二楼,迎面碰到一个身穿厚外套的大个子男人,一看样子就知道是警察局的。

"外面出什么事了?"那家伙焦急地问道,"我们听到一声巨响……"

"是袭击,"德卢卡回答,"他们轰炸了多尔纳戈的葬礼。不过现在情况已经控制住了……"

"哦,是这样。"男人摇了摇头,好像想说点什么。就在德卢卡准备靠近其中一扇门的时候,那男人突然向前迈了一步,伸手挡住了德卢卡。

"我说,你!你想干什么?"

德卢卡闭了闭眼睛,舒展了一下脸上因为长时间失眠而堆积的皱纹。他伸出右手做了一个"等等"的手势,随后用左手从兜里掏出一本证件。那家伙只扫了一眼,便意识到了那本证件的重要性,马上脸色发白地向德卢卡立正敬礼。

"对不起,指挥官。我不知道是您……"

德卢卡收起证件,淡淡地答到:"没关系,只是不要叫我指挥官,我已经不在穆迪特别中队服役了,现在我的职务是警长,我负责这个案子。谁在里面?"

"行动队的普耶塞上士和他的手下。"

"没有官员、记者和死者亲属吧?"

"只有警察局的人。"

"很好。不要让人进来当然除了我。现在我可以过去了吗?"

"对不起。遵命,指挥官!"

"是警长,不是指挥官,警长!"

"是,对不起。遵命,警长!"

大个子让到一边,打开了房门。德卢卡深吸了一口气,走了进去。房间的门厅又小又窄,和他之前对这种公寓的想象完全不同。门的一侧有张弓形腿的小桌子,上面放着一部白色的电话机;另外一侧是一个衣架,墙上还挂着几幅画。门厅尽头的房间门口站着两个男人,正盯着他看,其中一个个子不高,鹰钩鼻,戴着一顶黑色帽子,另外一个很瘦,更年轻一些,戴着眼镜。

"出什么事了?"小个子问道,话里带着浓重的南方口音,"是炸弹?"

"袭击,"德卢卡回答,"在多尔纳戈的葬礼上有人扔了手榴弹。"

"只是手榴弹吗?"瘦男人嘟囔了一句,"感觉上简直像在前线。"

"那些人失去了理智,见人就开枪。"

瘦男人摘下眼镜,摇了摇头,说道:"那肯定又死人了。他们居然落到了互相残杀的地步,甚至连法西斯党魁的葬礼都不消停。"说到这儿,他突然停了下来,因为他发现自己的同伴正眯着眼睛上下打量着德卢卡,还用手悄悄碰了碰自己的胳膊。

"我认识您,"小个子男人说,"您是'政治警察'那边的人。怎么,这案子归您负责?那实在是太好了。走吧,阿尔贝蒂尼,我们走。"

德卢卡抬起胳膊拦住了他们,叹了一口气,说:

"今天我还得重复多少遍?我已经不是那边的人了,现在我是警察局的德卢卡警长。他们昨天刚把我从秘密警察部队的埃托雷·穆迪特别中队调过来,所以我还没有这里的证件,但我们实际上已经是同事了。这个案子由我负责。这样解释可以了吗?"

长着鹰钩鼻的男人脱下帽子,向德卢卡点头致意:"遵命,警长。"他的同伴阿尔贝蒂尼什么都没说。

德卢卡走进房间。在他右手边的地上,面朝上躺着一个男人,男人的一只胳膊弯曲着支在墙边。男人穿着一身丝质的蓝色便服,胸部靠近心脏的位置有一处很大的伤口,颜色深黑,粘乎乎的样子。另外一处伤口是在腹股沟附近,便服下摆处有依稀可见的血痕。德卢卡盯了尸体很久,然后才把目光转向四周:墙上的书架里放满了书,写字台擦得锃光瓦亮,房间中间是一组沙发和一个矮茶几,水晶吊灯,大镜子,还铺着地毯,一切都井井有条,而且一看就知道是富人住的地方。

"他是谁?"德卢卡重新把目光转回到死者身上,问道。

"他叫莱因哈特"小个子回答。阿尔贝蒂尼还是一言不发。

"他是德国人?"

"是特兰托地区的,意大利国籍。"

"您认识他?"

"不,我找到了他的钱包。您看。"

门厅里传来一阵嘈杂声,但德卢卡并没有理会。

"是我们的人正在检查其它房间,"小个子解释道,"这套公寓很大,有四个房间以及卫生间和厨房,但里面只住着他一个人。您要看一下这个钱包吗?"

德卢卡接过钱包,仔细观察了一下。钱包是鳄鱼皮的,纯手工制作,很沉。他走到房间中部的小茶几旁,坐在沙发上,把钱包里的东西都倒在玻璃茶几上。德卢卡注意到茶几上放着两个玻璃杯,其中一个的杯口上有口红痕迹。

就在德卢卡检查钱包的同时,小个子男人继续说道:"证件,党员证,钞票,和几张名片。"德卢卡看到其中一张是凸版印刷的,非常精美,上面用花体字写着"阿尔贝托·玛丽亚·特德斯科伯爵",还有一张比较简单的,上面有"算命者"的字样,以及一个电话号码。德卢卡拿起那张伯爵的名片,仿佛是在掂量它的份量,然后又把它和其它名片放在了一起。

"女佣人在哪儿?"德卢卡问。

"什么?"

"女佣,仆人,收拾屋子的女人,你们怎么称呼这种人?"

小个子男人莫名其妙地看着他,皱了皱眉头说:"家里没有女佣啊。"

"这么干净整洁的家里没有女佣?而且从证件上看,他还是单身不是吗?"德卢卡站起身来,在房间里踱着步,"如果只是小时工,那这房间收拾得也太井井有条了,除非是小时工刚刚离开。当然,也有可能是男的。这里应该有间房子是佣人的,里面有他的东西。据你们所知,警察局里有关于这个家伙的材料吗?"

"我不记得有,我的记性很好的。不过也许您那边应该有这方面的东西吧,我是说……"

"的确有,但很少。"德卢卡还记得那张黄色卡片,上面只写着"莱因哈特·维多里奥,法西斯共和党党员",除此以外什么都没了,所以德卢卡才记得这么清楚。"法医到了吗?"他问。

"还没有,不过我们已经通知他了。"

"那普耶塞上士呢?"

"我就是普耶塞。"

"啊。"德卢卡重新停在尸体旁,用脚尖撩开遮盖着尸体双腿的便服下摆。阿尔贝蒂尼在这个时候转身走开了。相反,普耶塞凑了过来,双手扶膝弯着腰观察着,随后问道:"是情杀吗?"

"也许吧。"德卢卡耸了耸肩,嘟囔道,"有个女人曾经来过,而且才离开不久。从杯子上的口红颜色估计,应该是个金发女人。没发现凶器,对吗?"

"没有,到目前为止我们还没找到,估计是匕首或者刀什么的。"

"一把裁纸刀。"

"裁纸刀?"普耶塞又疑惑地瞟了一眼德卢卡。

"有可能。写字台上几乎什么都有,唯独缺裁纸刀。但那上面放着几个打开的信封,从日期上看就是今天的。"德卢卡走回茶几旁,坐在沙发上,把脸凑近那个有口红印的杯子,使劲闻了闻。是酒精的味道。他心里暗想:"这么早就喝酒?奇怪。"旁边那个杯子则是空的。就在这时,一阵浓浓的睡意突然向德卢卡袭来,令他不由得打了个大哈欠。这种情况已经出现了有一个多星期了,困劲儿总是在最不合适的时候到来,而且从不在夜里,弄得他一到夜里要么就是瞪着天花板发呆,要么就是紧闭着眼睛裹着被单在床上翻来覆去地折腾。

"是谁报的警?"德卢卡问。

"是门房。"普耶塞回答,"是他发现的尸体。他经过这里,发现房门大敞着,就走了进来。是他妻子给我们打的电话。"就在这时,一个戴金丝边眼镜的秃顶男人走了进来,他先打量了一下德卢卡,又看了看普耶塞,后者冲他点了点头。

"那边什么都没发现,"秃顶男人说,"只有卫生间和其中一个房间有人使用过,其它房间都是空的。"

"怎么?没有某个房间里有女人的物品什么的吗?"德卢卡问。秃顶男人摇了摇头。普耶塞见状笑了一下。

"没有,只有一间卧室里有男人用的东西,衣服,男用香水,鞋子。"

"床上有痕迹吗?"

"什么?"

"床单上的精液。"

"哦,不,什么都没有。卧室里很整齐,床单也是干净的。"

"梳子上的头发呢?"

秃顶男人又瞟了一眼普耶塞,不耐烦地回答:"是金色的,直发,长短也和躺在地上的那个人的头发一样。"

德卢卡点点头,把自己深埋进沙发。他的头缩在衣领里,直着双腿,鞋跟搁在地板上,白色夹克的对襟处露出里面的黑色衬衫。他疲惫的脸上满是粗硬的胡须,头慢慢向胸口垂下去,看起来似乎快睡着了。

 "您还好吗?"普耶塞问道,"您看起来脸色不太好。"

"我经常失眠,"德卢卡低声回答,"当然还有其它原因……不过您不用担心,我没睡着,我只是在思考。现在我们只能去找门房了解一下,听他讲讲这个莱因哈特是什么样的人,经常有什么人来找他,今天早上谁来过,还有就是他家里到底有没有佣人。我总感觉这里面有问题。"

普耶塞使劲点了点头,说:"很好。然后呢?"

德卢卡严肃地看着他,回答:"然后就没了。您还想做什么?这家伙非常富有,是法西斯共和党党员,还和特德斯科有关系。您一定知道谁是特德斯科,对吧?外交部的……这家伙的死肯定有问题。您觉得调查能进行得下去吗?就算有人想调查,在目前这种情况下,美国人都打到博洛尼亚了,怎么可能?如果他们真能让我们查下去,我死给你看。"

普耶塞摊开双手,无可奈何地笑了笑。德卢卡撑着沙发把手站了起来,可能是因为起得有点猛,他的身体晃了两晃。普耶塞手拿帽子,毕恭毕敬地跟随德卢卡走到门口,停在电梯前,刚要伸手按按钮,却发现德卢卡已经顺着楼梯走下楼了,于是他赶紧迈开两条短腿追了下去。

"指挥官!"气喘吁吁,"真是要命……对不起,警长,我又没记住。我说,警长,一会儿到门房那儿,让我向他出示证件好了。要是他看到您的证件,肯定会吓得说不出话来的。"

德卢卡没吱声。两人来到门房门前,普耶塞敲了敲玻璃窗,德卢卡却直接开门走了进去。一股卷心菜的味道扑面而来,令他不由得皱了皱鼻子,胃里一阵恶心。房间里,燃烧着的壁炉前有一把藤椅,一个白发老太太坐在那里,手上还拿了一串珠子。她的样子看起来应该比实际年龄大很多。

"早上好,"德卢卡和老太太打着招呼,后者正惊讶地看着他,"我找这栋公寓的门房。"这时普耶塞也走了进来。他拉开房间里的一个门帘,里面是一个简易厨房,炉子上正煮着白菜。

"我什么都不知道。"老太太说,"我丈夫不在,我什么都不知道。"

"但您一定认识楼上住的那位先生,不是吗?"

"该认识所有人的不是我,是我丈夫。"老太太回答。

"看起来那位先生人应该不错,"普耶塞委婉地说道。老太太突然转过身去,叮叮当当地转动着手中的串珠。

"不错?他整天不知道要接待多少女人!您看人实在是太不准了。"

"您怎么知道呢?说不定去他那儿的都是好女孩呢。"

"这年头早就没有好女孩了!都是打仗闹的……今天早上还有两个女的来过,一个是那个金发的,长得挺漂亮,但人很怪,肯定是个疯子,我丈夫说她是伯爵的女儿。另外那个是褐色头发的,戴着眼镜,也挺怪的。我真的什么都不知道,只是有时候从窗户里看到她们。我年纪大了,腿脚又不好……"

"那好吧。"德卢卡粗暴地打断了老太太的话,普耶塞在他身后摇了摇头。德卢卡接着问道:"除了那两个女人,今天早上您看到其他人上楼了吗?"

"没有,也许我丈夫看到过……"

"明白了。您丈夫在哪儿?"

"他出去了买东西了,是等到警察来之后才走的。"她用手指着普耶塞说。德卢卡看了一眼普耶塞,后者耸了耸肩膀。

"他会回来的。"老太太接着说。

"希望如此。"德卢卡嘟囔着,转身准备出门,却被老太太叫住了。老太太酸溜溜地接着说:

"他肯定不是什么好人!现在的日子这么艰难,面包已经涨到15里拉一公斤了。可他呢?还不是一样挥金如土!天知道他的钱是从哪儿来的,说不定,他还和德国人有关系呢。"

"和德国人?"普耶塞瞟了一眼德卢卡,问道。德卢卡此时正盯着老太太。

"当然了。是我丈夫告诉我的,我可不懂这些事。不过有个当兵的经常来找他,看起来还是个官儿,有红色的领章,领章上有……"说到这里,老太太用枯瘦的手指比划了两个平行的"S"。普耶塞转身朝德卢卡做了个鬼脸,说道:

"那完了,是纳粹。"

"这样更好,"德卢卡说,"至少我们能早点结案。还有件事我想问问您,那位先生家有女佣吗?比如打扫卫生的?"

"哦,有的,是阿松蒂娜。"听到这里,德卢卡脸上终于露出了一丝疲惫的笑容。"那姑娘是南方逃难来的,一直在楼上干活。我总觉得那工作不适合她。不过她三天前离开了。"

德卢卡再一次转身走出了房间,这次没人再阻止他,普耶塞紧跟在他身后。公寓门前,荷枪实弹的国民卫队巡逻队把看热闹的人群拦在门外。一个正在检查证件的便衣警察冲德卢卡做了个打招呼的手势,但德卢卡没有理会。

"现在我们该怎么办?"普耶塞戴上帽子,随后问道。戴着帽子的他看起来似乎更矮了。

"去向警长汇报。我们告诉他,被害的这个家伙是法西斯共和党党员,纳粹的朋友,同时也是特德斯科伯爵女儿的朋友。这个特德斯科只不过是个共和国外交官,以及格拉齐亚尼队长的私人朋友而已。凶手目前不明,凶器也没有找到。凶手有可能是一名吃醋的可怜女佣,她已经离开三天了,但今天早上卧室显然是有人整理过的。这些证据都来自公寓门房,尽管他在案发后选择离开家出去买东西,置警察和凶案于不顾。您认为局长听到这些后会说什么?"

"局长会说什么?"普耶塞带着一丝诡秘的笑容重复了一遍问题。

"我现在想说的是,"德卢卡从夹克里掏出证件,向一名正满脸严肃地向他走来的士兵出示了一下,说道:"最好别惹麻烦,伙计。这不关你的事。算了吧。"

 

 

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