E' il complesso di palazzi imperiali più grande e più bello della Cina e del mondo.
Dal XV secolo all'inizio del XX, per 500 anni, è stato il centro del potere politico della Cina.
Le sue mura rosse, le tegole gialle e i grandi cortili, al pari di un poderoso volume, hanno registrato gli ultimi splendori e la decadenza della società feudale cinese, durata più di duemila anni.
La Città Proibita, un tempo somma di potere e di arte, oggi è un simbolo della storia e della cultura della Cina.
Nell'anno 1368, la dinastia mongola Yuan venne sostituita dalla dinastia Ming. Trentotto anni dopo, ossia nel 1406, l'imperatore Ming Yongle, Zhu Di, trasferì la capitale da Nanchino a Beijing, dove fece distruggere senza esitazione gli splendidi palazzi mongoli, ergendo sulle rovine la sua nuova capitale.
Si trattò di una rifondazione della dinastia Ming: il grande imperatore Yongle trasformò un comando di frontiera nella capitale imperiale, espellendo per sempre al di là della Grande Muraglia i resti delle forze mongole.
Nel giugno dello stesso anno, Yongle dette l'ordine ufficiale di costruire i palazzi imperiali di Beijing. Il conte Chen Gui venne nominato direttore generale dei lavori, nel frattempo altri funzionari vennero inviati nelle varie parti del paese a raccogliere legno e altri materiali da costruzione. Zhu Di, ossia Yongle, intendeva ricorrere alle forze materiali e manuali di tutto l'impero per costruire una capitale meravigliosa.
Nell'arco di una decina d' anni, Chen Gui trasformò Beijing nel cantiere più grande ed affollato del territorio della dinastia Ming. I nomi dei maggiori cantieri e magazzini di materiali utilizzati per la costruzione della Città Proibita sono in uso ancora oggi.
Nel 2002 è stato avviato un enorme progetto di restauro della Città Proibita, per cui una quantità di attrezzi e di operai sono entrati nell'area dei palazzi imperiali. Zhu Di impiegò 18 anni per costruire il complesso, ma per il restauro ne occorreranno 19. Non si tratta affatto di un comune progetto architettonico, perché tutte le tecniche di restauro devono seguire strettamente i metodi tradizionali tramandatisi dal tempo della costruzione. Anche se non possiamo più vedere la scena dei lavori guidati da Chen Gui, queste tecniche si sono conservate fino ad oggi, così come i palazzi imperiali. In epoca Qing, dal XVII secolo all'inizio del XX, queste tecniche interessavano otto laboratori: del legno, delle tegole, della pietra, dei metalli, della muratura, della vernice, dei dipinti colorati e della decorazione in carta.
I palazzi imperiali costruiti per l'ordine di Zhu Di sono anche chiamati Città Proibita Purpurea, e racchiudono il meglio dell'architettura tradizionale imperiale delle varie dinastie cinesi.
Larga 750 metri da est a ovest e lunga 960 da nord a sud, la Città Proibita occupa una superficie di 72 ettari, mentre l'area edificata raggiunge i 15 ettari. Si dice che contasse 9.999 sale e mezza, tuttavia, dopo secoli di intemperie e di disastri naturali e umani, secondo i calcoli degli esperti, nel 1973 rimanevano solo 8.704 sale di varie dimensioni.
Gli antichi cinesi ritenevano il 9 il maggiore numero non decimale, e visto che l'imperatore regnava su tutti gli uomini, la struttura degli edifici della Città Proibita è sempre collegata al 9 o ai multipli del 9. Ad esempio, le porte di ingresso recano 9 file di 9 borchie di metallo, gli spioventi dei tetti reggono 9 animali decorativi, che fanno da acroterio, mentre anche le 4 torri d'angolo delle mura contano ognuna 9 travi, 18 colonne e 72 spioventi. Inoltre 9 (jiu) in cinese ha lo stesso suono di "eternità", quindi è una metafora dell'eternità e stabilità dell'impero.
La Porta di Mezzogiorno è l'ingresso principale della Città Proibita, e supera tutti gli altri come dimensione. Durante le maggiori feste e cerimonie, qui si tenevano degli imponenti cortei in grado di dimostrare la potenza dell'imperatore.
Attraversata la Porta di Mezzogiorno, la Città Proibita si presenta in tutta la sua magnificenza agli occhi dei visitatori.
L'intero complesso è suddiviso nella corte interna e nella corte esterna, rispettivamente a nord e a sud, separate dalla piazza della porta della Purezza Celeste. Nella corte esterna si tenevano le grandi cerimonie, con le Sale della Suprema Armonia, dell'Armonia Intermedia e della Preservazione dell'Armonia che formano un complesso architettonico lungo l'asse centrale nord-sud.
La Sala della Suprema Armonia, chiamata anche Sala Dorata, è l'edificio più grande e più alto della Città Proibita, con una superficie edificata di 2.381 mq. La proporzione tra larghezza e lunghezza è fissata con attenzione a 9:5, perché l'imperatore è il re del 9, il massimo numero non decimale, e del 5, numero al centro dei numeri dispari, che per i cinesi sono anche numeri maschili, da cui il suo potere e posizione insuperabili. Le maggiori cerimonie delle dinastie Ming e Qing, come la salita al trono, le nozze, la nomina di ministri e generali e la partenza delle truppe, si tenevano qui. Tuttavia questa sala al centro della Città Proibita non vanta un'eccessiva decorazione, visto che il trono è l'unico protagonista, su cui si fissano gli occhi di tutti, e da cui trapela ovunque l'autorità imperiale.
La Sala dell'Armonia Intermedia, a nord della Sala della Suprema Armonia, è il luogo dove l'imperatore sostava prima delle grandi cerimonie e riceveva l'omaggio dei funzionari.
Ogni anno alla vigilia del capodanno lunare, gli imperatori tenevano banchetti in onore dei principi e dei ministri delle minoranze etniche nella Sala della Preservazione dell'Armonia, che in seguito diventò la sede degli esami nazionali di massimo livello, ossia degli esami imperiali, presieduti dall'imperatore in persona. Sui fogli d'esame, i letterati rispondevano in perfetto stile calligrafico alle domande elaborate personalmente dall'imperatore. Secondo le regole del tempo, dovevano presentare i fogli compilati prima del tramonto. L'ultima tavola dorata dei risultati dell'esame imperiale reca i nomi di 273 letterati qualificati. Avere il proprio nome scritto sulla tavola dorata era il massimo onore per i partecipanti all'esame.
Superata la porta della Purezza Celeste, si entra nei quartieri privati imperiali.
Fino al tempo dell'imperatore Kangxi (sul trono dal 1661 al 1722), la Sala della Purezza Celeste ospitò la camera da letto e i quartieri dell'imperatore. Dopo che il figlio di Kangxi, Yongzheng (sul trono dal 1722 al 1735) si trasferì nella Sala del Nutrimento dello Spirito, la sala venne adibita al disbrigo degli affari politici e ai banchetti.
Dietro la tavola con la scritta "Giustizia e Luce", appesa in alto nella Sala della Purezza Celeste, veniva posta la scatola in legno in cui l'imperatore indicava il nome del suo successore.
La Sala della Pace Terrestre era la camera da letto delle imperatrici della dinastia Ming. A partire dall'anno 1665, l'imperatore Shunzhi della dinastia Qing la trasformò nella sede delle cerimonie dello sciamanesimo. Sul letto occidentale veniva venerata la divinità dell'alba e su quello settentrionale la divinità del tramonto. La grande pentola nell'angolo nord-est era usata per cuocere la carne. La stanza orientale del palazzo era la camera da letto nuziale dell'imperatore. Al tempo dell'imperatore Kangxi, l'imperatrice doveva risiedere nel palazzo della Pace Terrestre, perché si trova al centro dei sei palazzi orientali e occidentali, che ella doveva controllare, da cui il suo appellativo di "palazzo centrale". Le concubine risiedevano in due serie di tre palazzi laterali, a est e a ovest, chiamati i sei palazzi orientali e occidentali. Poiché erano abitati dalle concubine, la disposizione architettonica presenta la forma del diagramma Kun, ossia della terra, simbolo femminile, uno degli otto diagrammi del Classico dei Mutamenti. I sei palazzi orientali e occidentali hanno una posizione inferiore rispetto ai tre riservati alla coppia imperiale.
Tra la Sala della Purezza Celeste e quella della Pace Terrestre si trova la Sala dell'Unione e della Pace, dove erano posti i 25 sigilli degli imperatori Qing. Sulla base del Classico dei Mutamenti, l'imperatore Qianlong stabilì che il numero dei sigilli imperiali fosse 25, con l'intento di pregare il Cielo che l'impero Qing potesse durare per 25 generazioni.
Secondo la geomanzia (Fengshui) cinese, un buon habitat deve disporre di monti, acque, alberi e fiori, per cui il giardino imperiale della Città Proibita presenta tutta una varietà di paesaggi. Lo stile imperiale, splendido e imponente, si integra perfettamente con la raffinatezza dei giardini privati del sud della Cina, iniettando la freschezza dell'arte nei maestosi complessi architettonici imperiali.
Nell'anno 1421, 19mo anno di regno di Yongle, per la Festa della Primavera, l'imperatore ricevette l'omaggio dei funzionari nel suo nuovo palazzo. A 62 anni, egli visse il momento più splendido della sua vita.
La Città Proibita non è solo un complesso architettonico, ma anche un'espressione concreta della corrispondenza tra famiglia reale e Stato nel concetto degli imperatori feudali cinesi. Yongle fece costruire la Città Proibita come una miniatura dell'impero, il che riflette il modello della struttura politica ideale dell'impero centralizzato in atto per oltre duemila anni In Cina. Dopo 500 anni di costruzione e di restauri, la Città Proibita è diventata il massimo esempio di architettura classica cinese, il più grande complesso imperiale del mondo, un importante vettore della cultura nazionale e una miniatura della storia.
Nei 600 anni dalla sua costruzione, la Città Proibita, il complesso imperiale più grande nel mondo, è sempre stata il centro del potere della Cina.
Prima dell'alba, superato il ponte delle acque dorate, dopo la porta della Pace Celeste, i funzionari entravano nella Città Proibita. In realtà, quelli che abitavano lontano dovevano alzarsi in piena notte, perché dovevano arrivare prima delle tre alla Porta di Mezzogiorno, preparandosi all'incontro con l'imperatore. L'udienza imperiale segnava l'inizio delle attività quotidiane del centro politico dell'impero, in cui il sovrano incontrava i funzionari e trattava gli affari politici.
La dinastia Ming disponeva di una perfetta procedura di disbrigo degli affari politici. I documenti politici dell'intero paese, ivi comprese le proposte dei popolani al sovrano, venivano raccolti dal Dipartimento degli affari politici, e tramite il Dipartimento dei riti, presentati al sovrano e poi passati al gabinetto, responsabile di elaborare le opinioni per il disbrigo, in attesa dell'approvazione dell'imperatore sempre tramite il Dipartimento dei riti. Alla fine i decreti venivano verificati da sei dipartimenti competenti per poi essere emanati. I decreti amministrativi di massimo livello statale partivano dalla Città Proibita, e tramite 1.936 stazioni di posta lungo i 14.370 km di piste imperiali raggiungevano ogni angolo dell'impero.
La struttura del governo centrale e le procedure burocratiche della dinastia Qing erano diverse. Nel settimo anno di regno dell'imperatore Yongzheng, ossia nel 1729, fu fondato il Consiglio privato ( detto anche Ufficio degli affari militari). Da allora in poi, il sistema delle riunioni dei ministri per discutere gli affari politici, fondato prima dell'entrata nella Cina centrale dei Qing, fu sostituito ufficialmente dal Consiglio privato. A nord-ovest della piazza della porta della Purezza Celeste si trova una fila di edifici a un piano, molto semplici: è la sede del Consiglio privato, distante una cinquantina di metri dalla Sala del Nutrimento dello Spirito, dove l'imperatore trattava gli affari politici e leggeva i documenti presentati dai funzionari del Consiglio, che poi ascoltavano i suoi ordini orali. Tornati nella loro sede, questi elaboravano le bozze degli ordini imperiali, verificati di seguito dall'imperatore nella Sala del Nutrimento dello Spirito. Una volta approvati dall'imperatore, gli ordini diventavano decreti, emessi dal Consiglio privato.
L'imperatore Yongle non avrebbe mai immaginato che tre mesi dopo la costruzione della Città Proibita, in una notte di tempesta, le tre maggiori sale venissero colpite da fulmini e distrutte. Da allora in poi, per più 600 anni, dei fantastici lavori di costruzione e una corrispondente crudele distruzione accompagnarono questo complesso di palazzi più grande e spettacolare del mondo.
Nell'anno 1695, l'imperatore Kangxi decise di ricostruire le tre maggiori sale distrutte ancora una volta da un incendio 16 anni prima. Questa volta egli decise di ripristinare il loro straordinario aspetto storico al tempo dell'imperatore Yongle. Tuttavia com'erano queste enormi sale più di 200 anni prima? Senza alcuna mappa o documento di riferimento, un tale chiamato Liang Jiu risolse il problema. Secondo la "Biografia di Liang Jiu", costui costruì un modello in legno della Sala della Suprema Armonia, in scala 10:1. Sulla base del modello, gli artigiani ingrandirono i componenti, riuscendo a costruire la struttura della sala. Sorprendentemente, ogni incastro di legno, una volta montato, combaciava perfettamente.
Nell'anno 1697, dopo due anni di lavori, l'imperatore Kangxi completò il restauro delle corti esterna e interna. Così la Città Proibita riprese l'aspetto originale del tempo della dinastia Ming.
L'autore dei maggiori interventi nella Città Proibita fu però l'imperatore Qianlong, che fece effettuare la maggiore trasformazione e restauro sin dal 1420, dopo la sua costruzione. Due progetti sono strettamente collegati a dei cambiamenti del sistema politico.
Il palazzo Qianxiersuo era stata la residenza di Qianlong quando era ancora principe ereditario. Egli volle elevarne il livello, per cui, dopo gli interventi, l'edificio principale di questo complesso di tre cortili fu chiamato Palazzo Chonghua.
Il secondo grande progetto di ristrutturazione della Città Proibita fu la costruzione del palazzo della Quieta Longevità. Subito dopo la sua salita al trono, Qianlong giurò al cielo di non superare il periodo di regno del nonno, l'imperatore Kangxi, durato ben 61 anni. Perciò lasciò il trono al figlio dopo 60 anni. Nell'anno 1771, Qianlong ordinò di costruire il palazzo della Quieta Longevità, così da trascorrervi il resto della sua vita. Tuttavia, lasciato il trono, egli continuò a risiedere nella Sala del Nutrimento dello Spirito, controllando gli affari politici fino all'anno 1799, quando morì a 89 anni di età. Quindi, in realtà, nonostante le enormi spese, il palazzo non venne mai utilizzato da Qianlong.
Nell'anno 1911 scoppiò la rivoluzione Xinhai: mentre il sistema monarchico feudale, in atto da oltre duemila anni, traballava pericolosamente, si chiuse il sipario degli spettacoli rappresentati sul colorito palcoscenico della Città Proibita.
Il 12 febbraio 1912 si tenne l'ultima udienza imperiale nella Sala del Nutrimento dello Spirito. L'imperatrice vedova Longyu, con accanto il piccolo Puyi, di sei anni, promulgò il decreto di abdicazione dell'imperatore, trasformando in storia le dinastie feudali cinesi.
La disintegrazione dell'impero Qing simboleggia la conclusione della società feudale cinese durata oltre duemila anni.
La Città Proibita è così passata da residenza imperiale a simbolo storico e culturale della Cina, aprendo a tutti le sue misteriose porte rosse, rimaste sbarrate per più di 600 anni.
Le collezioni della Città Proibita
Il 15 novembre 1924, secondo la decisione della riunione temporanea dei reggenti, l'imperatore Qing, Puyi, ormai destituito, venne cacciato dalla Città Proibita dal generale Feng Yuxiang.
L'imperatore se ne andò, lasciandosi alle spalle gli innumerevoli tesori accumulati nei palazzi.
Il 10 dicembre 1925 venne ufficialmente fondato il Museo della Città Proibita, il che pose fine alla storia di residenza imperiale della Città Proibita, e aprì la pagina della sua nuova veste di museo nazionale di livello mondiale.
La sera del 26 giugno 1923, un improvviso incendio distrusse il Palazzo Jianfu della Città Proibita. Cosa distrusse questo misterioso incendio verificatosi a corte? Chi l'aveva pianificato? L'incendio suscitò di nuovo l'attenzione del pubblico per la sorte dei tesori di Stato della Città Proibita.
Da tempo a livello popolare si diceva che erano gli eunuchi a rubare i tesori del palazzo, per poi rivenderli agli antiquari di Liulichang. Quindi alcuni ritenevano che l'incendio del palazzo Jianfu fosse doloso, per coprire i furti di beni culturali perpetrati dagli eunuchi. Saputa la notizia, Puyi ordinò di indagare rigorosamente sui motivi dell'incendio, ma invano. Risultato, 18 giorni dopo tutti gli eunuchi vennero cacciati dalla Città Proibita, dove rimasero solo i tesori accumulati nei secoli.
A partire dall'imperatore Qianlong, i tesori imperiali vennero conservati nel palazzo Jianfu. Appena salito al trono, l'imperatore Jiaqing, in segno di pietà filiale, fece sigillare tutti gli oggetti usati dal padre, l'imperatore Qianlong, e li fece sistemare nel palazzo Jianfu, dove rimasero per più di un secolo, fino a quando Puyi ordinò di aprire le casse. Prima nessuno aveva mai osato togliere i sigilli.
Tra le collezioni del palazzo Jianfu, figura una semplice tazza la cui storia è lunga come quella del palazzo. Sul fondo, la tazza reca la scritta "fabbricata durante il regno di Yongle", il che stabilì la regola per le porcellane fabbricate dai forni ufficiali delle dinastie Ming e Qing che tutte le porcellane dovessero essere riconoscibili tramite l'indicazione dell'anno di regno dell'imperatore. Il colore blu della decorazione della tazza si deve a una tintura portata indietro dai paesi arabi dal navigatore cinese Zheng He, il che la rende preziosissima.
Di pari passo con la costruzione della Città Proibita, l'imperatore Yongle non dimenticò di aggiungere nuovi tesori a questo palazzo. Le porcellane bianche e blu del periodo Yongle sono una delle tipologie più preziose nella storia delle porcellane cinesi. Tutte queste porcellane provenivano da un luogo chiamato Jingdezhen, dove a partire dalla dinastia Yuan vennero fabbricate le prime vere e proprie porcellane bianche e blu.
La porcellana cinese iniziò a farsi policroma durante le dinastie Ming e Qing. Il forno imperiale di Jingdezhen fu attivo per oltre 500 anni. In questo periodo, serie di raffinate porcellane raggiunsero la Città Proibita. La porcellana cinese raggiunse l'apice durante il regno di Qianlong, della dinastia Qing.
Nella Città Proibita si trova un enorme vaso che rappresenta la migliore tecnica di produzione delle porcellane del tempo: con i suoi 15 colori smaltati, 16 livelli decorativi e 12 motivi policromi di buon auspicio, viene considerato "la madre di tutte le porcellane".
Oggi le collezioni della Città Proibita comprendono 350mila porcellane, per lo più risalenti alle dinastie Ming e Qing. Oltre ai capolavori del tempo, la corte collezionava anche antiche porcellane, tra cui spiccano quelle dei cinque grandi forni di epoca Song (960-1279): Junyao, Ruyao, Geyao, Guanyao e Dingyao.
Le porcellane Junyao sono caratterizzate da colori unici originati dall'alta temperatura del forno. Secondo i colori, sono chiamate "azzurro cielo" e "rosso porpora", ma è il rosso ad essere considerato più pregiato.
Il colore azzurro è considerato l'elemento distintivo delle porcellane Ruyao. Il colore elegante e la forma semplice rappresentano le esigenze estetiche di un altro apice della produzione cinese di porcellane: eleganza e splendore, semplicità e maestosità. Tra i cinque tipi di famose porcellane della dinastia Song, Ruyao presenta un minor numero di esemplari, neanche un centinaio a livello mondiale, venti dei quali si trovano nel Museo della Città Proibita di Beijing.
Le venature delle porcellane del forno Geyao sono chiamate "baijicui" (cento frammenti), e dagli esperti "kaipian" (frammenti aperti), e sono il risultato del veloce raffreddamento all'uscita dal forno, che provoca diversi livelli di contrazione del corpo e dell'invetriatura. Questa struttura naturale esprime il particolare stile decorativo delle porcellane del forno Geyao.
Le porcellane del forno Guanyao, di color rosa e verde, semplici ma eleganti, si dice che fossero realizzate con smalto misto ad agata, per cui la superficie risulta lucida come la giada.
Le porcellane Dingyao sono così chiamate perché prodotte a Dingzhou, nella provincia dello Hebei. Molto raffinate, sono di un colore bianco che le rende simili alla giada.
Oltre al forno imperiale di Jingdezhen, che si occupava delle porcellane, degli abiti e degli oggetti per la vita quotidiana della corte era incaricato un organismo speciale.
Nell'anno 1662, la dinastia Qing rifondò l'Ufficio degli affari di corte (Neiwufu), incaricato di questo compito. Tutti gli oggetti dei palazzi, dalle porcellane di uso quotidiano, ai tavoli, alle sedie, alle panche, alle giade, ai cloisonné, ai dipinti decorativi e agli oggetti d'oro e d'argento, erano provvisti da questo organismo, che gestiva l'intera vita della corte.
La sedia di corna di cervo, unica al mondo, ha una struttura formata da preziose corna di cervo. Cosa straordinaria, questi cervi furono catturati dall'imperatore Kangxi in persona nel corso delle sue cacce. La sedia è un capolavoro dell'Ufficio degli affari di corte.
Il trono di legno di sandalo della Sala della Suprema Armonia è considerato "il primo seggio della Cina", su cui sedevano gli imperatori per trattare gli affari statali.
Dal trono del drago dell'imperatore al tavolo di lettura, dal letto con pannelli scolpiti di draghi e felici agli sgabelli per i piedi, i mobili imperiali sono tutti realizzati con materiali preziosi e tecniche raffinate, ed esprimono il supremo stile imperiale.
I mobili di epoca Ming privilegiano i cambiamenti del profilo esterno. Affiancando in varie proporzioni elementi piani, concavi, convessi e linee in rilievo e rientranti, ne nascono una varietà infinita di motivi geometrici di forte effetto decorativo. I mobili di epoca Qing riflettono l'integrazione tra la cultura Han e la cultura Mancese, e privilegiano la forma esterna e la decorazione pomposa, basata su scultura, mosaico e pittura. I motivi di buon auspicio sono molto comuni nei mobili Qing.
Quanti mobili esistevano in tutto nelle più di 9mila sale della Città Proibita? Forse nessuno lo sa. Oggi il Museo della Città Proibita conta più di 10mila mobili di epoca Ming e Qing. A parte quelli realizzati dall'Ufficio degli affari di corte, molti falegnami provenienti da Guangzhou, Suzhou e Shanxi apportarono anche gli stili e tecniche particolari delle varie parti della Cina.
La scultura di giada "Dayu imbriglia le acque," pesante 5 tonnellate, è la più grande e pesante delle 30mila giade delle collezioni della Città Proibita, da cui il titolo di "regina delle giade". Che storia c'è dietro a questa enorme opera di giada?
Nel Xinjiang, nell'ovest della Cina, si trova un monte nevoso chiamato Mileta, alto quasi 5mila metri, ricco di un tipo di giada chiamata Hetian. Ogni anno in luglio, agosto e settembre, approfittando del breve periodo di scioglimento dei ghiacci, la gente inizia a scavare alla ricerca della giada, che è bianca e trasparente. Quando la neve si scioglie, il flusso d'acqua trasporta le pietre di giada nel letto del fiume. Dopo migliaia d'anni di impatto con l'acqua, queste diventano levigate come ciottoli, da cui origina la migliore giada di Hetian, Ziyu.
Nell'estate del 1760, sul monte Mileta venne scoperta questa enorme pietra di giada pesante più di 5 tonnellate. Viste le arretrate condizioni dei trasporti del tempo, come fu possibile trasportarla a Beijing, distante più di 5mila km? Gli artigiani decisero di agire d'inverno, adottando il metodo di cospargere la strada d'acqua, che poi gelava, riducendo così l'attrito delle ruote. La giada venne sistemata su un carro lungo 11-12 metri, trainato davanti da un centinaio di cavalli e spinto dietro da un migliaio di operai, che riusciva a percorrere meno di 10 km al giorno. Dopo tre anni, con l'intervento di più di diecimila operai e di migliaia di cavalli, la giada arrivò finalmente nella Città Proibita.
Dopo aver visto una pietra di giada così monumentale, l'imperatore Qianlong fu molto felice. Scelse quindi dalla sua collezione un dipinto di paesaggio della dinastia Song, dal titolo "Dayu imbriglia le acque", e ordinò all'Ufficio degli affari di corte di realizzare un disegno su questa base. Poi inviò la pietra di giada e il disegno a Yangzhou, dove si trovavano i migliori artigiani della giada. Così dopo 10 anni, con l'intervento di 100mila operai e una spesa di più di 10mila liang d'argento, l'opera venne finalmente sistemata nella Sala della Felice Longevità. Pieno di gioia, Qianlong calligrafò sulla giada il motivo della scelta del tema di Dayu che imbriglia le acque, ossia il suo desiderio di commemorare questo sovrano dell'antichità che si era sacrificato per il bene della popolazione.
La Città Proibita conta più di 9mila sale, tra cui molti lussuosi palazzi e piacevoli padiglioni, tuttavia il grande imperatore Qianlong preferiva la saletta occidentale riscaldata della Sala del Nutrimento dello Spirito, ampia meno di 6 mq, dove leggeva, scriveva e ammirava pitture, calligrafie e antichità. Anche se piccola, qui Qianlong conservava tre tesori da cui non si staccava mai: la lettera "Kuaixueshiqing" (il sereno dopo la neve), di Wang Xizhi, la lettera "Zhongqiu" (di mezzo autunno), di Wang Xianzhi, e la lettera "Boyuan", di Wang Xun, per cui la saletta era chiamata "Sanxitang", ossia "Sala dei tre tesori". Queste tre opere della dinastia Jin hanno più di 1500 anni. Qianlong non avrebbe mai immaginato che un secolo dopo la sua morte, le tre opere sarebbero andate incontro ad una serie di tragedie.
All'inizio del XX secolo, la dinastia Qing crollò e la Città Proibita finì nel caos. Una concubina chiamata Jinfei trasferì di nascosto le lettere "Mezzo Autunno" e "Boyuan" nella sua residenza, il palazzo Shoukang, e poi le fece portare all'esterno in una valigia. In seguito, queste finirono a Hong Kong e nel 1951 vennero riacquistate a caro prezzo dal governo popolare cinese. Oggi si trovano nel Museo della Città Proibita.
La lettera "Sereno dopo la Neve", di Wang Xizhi, fu portata nel 1949 a Taiwan, e adesso si trova al Museo della Città Proibita di Taipei.
Parlando delle pitture e calligrafie delle collezioni dalla Città Proibita, la più celebre è sicuramente il dipinto "Scene di vita sul fiume durante la festa della luce e chiarezza", realizzato tra il 1100 e 1125 dal pittore di corte della dinastia Song Zhang Zeduan. Nell'anno 1127, i Jin occuparono la capitale dei Song, Kaifeng. Il primo detentore del dipinto, l'imperatore Huizong, Zhao Jie, venne fatto prigioniero dai Jin, che si impossessarono anche del capolavoro; quando i mongoli della dinastia Yuan eliminarono la dinastia Jin, il dipinto tornò a far parte delle collezioni imperiali. Nel 1351, un artigiano di corte sottrasse l'originale e lo sostituì con una copia.
Dopo vari passaggi in epoca Yuan e Ming, il dipinto finì nelle mani del potente ministro Yan Song; quando costui cadde in disgrazia, i suoi beni vennero confiscati dalla corte, ivi compreso il dipinto "Scene di vita sul fiume durante la festa della luce e chiarezza". Si dice che l'eunuco Feng Bao l'abbia poi di nuovo sottratto alle collezioni, e da allora in poi l'opera iniziò a passare di mano a livello popolare. L'ultimo detentore a livello popolare fu il funzionario della dinastia Qing, Bi Yuan. Dopo la sua morte, la corte perseguì i suoi misfatti, i suoi beni vennero confiscati, quindi il dipinto tornò per la quarta volta a corte. Al tempo, l'imperatore Qianlong era morto da anni, quindi non ebbe più la possibilità di ammirare questo capolavoro.
Tuttavia, le vicissitudini del dipinto "Scene di vita sul fiume durante la festa della luce e chiarezza" non erano affatto terminate. L'ultimo imperatore Qing, Puyi, col pretesto di un dono personale, fece portare il dipinto fuori della Città Proibita dal fratello Pujie, che arrivò prima a Tianjin e poi a Changchun. Con la caduta nel 1945 dello Stato fantoccio di Manckiuguo, il dipinto finì nelle collezioni del Museo del Nord-est.
Dopo la fondazione della Nuova Cina, nel 1953 l'opera fu trasferita nella Città Proibita.
Nel periodo dal 1756 al 1762, l'imperatore Qianlong pacificò per due volte la rivolta della tribù mongola Dzungar, il che divenne uno dei suoi dieci grandi meriti bellici. Per commemorare la vittoria, l'imperatore fece realizzare ai pittori occidentali di corte la serie di dipinti storici "Le guerre di pacificazione dell'ovest", che poi vennero inviati in Francia per essere trasformati in litografie. Sette maestri litografi francesi impiegarono sette anni per completare il compito. Nell'anno 1774, 200 litografie, gli originali e le lastre di zinco vennero trasportati in Cina. L'intero progetto richiese ben 11 anni.
L'entusiasmo dell'imperatore Qianlong per il collezionismo non si limitava naturalmente alla pittura e alla calligrafia. Egli fece anche compilare i due testi "Xiqinggujian" e "Ningshoujianku", che elencavano tutti i 1.529 bronzi facenti parte delle collezioni imperiali.
Secondo la leggenda, l'imperatore Dayu fece fondere 9 ding (tripodi di bronzo) per stabilizzare il paese. La civiltà della musica rituale, rappresentata dai bronzi, raggiunse il culmine al tempo delle antiche dinastie Xia, Shang e Zhou, per cui la scuola confuciana considerò queste epoche come la società ideale, e i sovrani posteriori ne fecero il loro obiettivo e modello. Al tempo dell'imperatore Qianlong, la cultura della musica rituale dei bronzi era già scomparsa, ma questo non impedì agli imperatori di affidare loro i loro ideali ed obiettivi politici nella forma del collezionismo. Quindi i bronzi delle collezioni della Città Proibita, oltre al valore archeologico, avevano anche un significato politico. Oggi la collezione di bronzi del Museo della Città Proibita conta 15 mila esemplari, 10 volte il numero del tempo di Qianlong, tra cui più di 1.600 con iscrizioni di epoca pre-Qin. Il ding Maogong, che ora fa parte delle collezioni del Museo della Città Proibita di Taipei, non potè mai essere ammirato dall'imperatore Qianlong.
Qianlong morì il terzo giorno del primo mese lunare dell'anno 1799, dopo aver lasciato il trono da tre anni. Come il colore dal viso di questo 89enne morente, di seguito, l'apice dello splendore dell'impero Qing venne meno progressivamente…
Dopo la morte di Qianlong, l'imperatore Jiaqing, in segno di pietà filiale, raccolse in casse le pitture, calligrafie e gli altri oggetti amati dal padre, e li sigillò nel palazzo Jianfu. Le casse viste dal Puyi nell'anno 1922 recavano ancora i sigilli del tempo.
In 500 anni di vicissitudini e mutamenti storici, innumerevoli sovrani, letterati e artigiani utilizzarono la Città Proibita come palcoscenico per dimostrare la loro bravura.
Un tempo il cuore dell'impero, un cumulo di ricchezze, il luogo da dove partivano i decreti politici e gli ordini di guerra, la culla di tutti gli intrighi di corte…oggi tutto è finito. Solo le massicce mura rosse, gli imponenti palazzi e i mattoni sconnessi dei pavimenti ne ricordano l'aspetto e la gloria del passato.