Intervista a Alberto Forchielli, managing partner del fondo Mandarin
  2011-10-28 16:44:54  cri
Il Fondo Mandarin è il primo fondo di private equity di sangue misto italo-cinese. Rivestendo un ruolo di ponte dell'investimento bidirezionale tra Italia e Cina, ha fatto realizzare diversi progetti di investimento e si trova sempre all'avanguardia delle nuove opportunità di cooperazione. Alberto Forchielli, imprenditore bolognese e managing partner del Mandarin, cinque anni fa ha deciso di creare un fondo, prototipo del Mandarin, e da allora ha partecipato e vissuto quasi ogni evento significativo della cooperazione economico-commerciale tra i due paesi.

Mandarin si è rivelato oggi un fondo di successo e il punto di riferimento per il fondo PE europeo in Cina. Lei è il fondatore e creatore di Mandarin, come le è venuta l'idea di fondarlo, ci può raccontare la sua nascita?

Erano tanti anni che venivo in Cina. Parlavo con gli imprenditori cinesi, ad un certo punto, un giorno mi sono reso conto che la potenzialità imprenditoriale è fantastica, che non solo bisognava comprare in Cina delle cose, ma bisognava comprare delle aziende, ossia investire nelle aziende e nella capacità imprenditoriale cinese. Quindi da lì, ci è venuta l'idea di sviluppare questo fondo perché ci è venuto in mente che gli imprenditori cinesi, alla fine, sono molto simili agli imprenditori italiani. La similarità è straordinaria, quindi ci è venuto in mente di creare uno strumento che potesse aiutare gli imprenditori italiani piccoli a crescere in Cina e gli imprenditori cinesi medio-piccoli a crescere in Italia. Da lì, da cosa nasce cosa, siamo arrivati abbastanza lontano e siamo contenti.

Tra i tre investitori istituzionali di Mandarin, a parte Intesa Sanpaolo, ci sono la CDB e la China Exim Bank, tutti e due sono "policy bank" diciamo, però Mandarin non deve essere un policy fund, come sceglie le società in cui investire?

Il management team è completamente indipendente. China Development Bank e Exim Bank ci danno tutto il supporto che possiamo immaginare come per il market scouting e per il finanziamento, però non hanno mai interferito nelle decisioni di investimento. Gli investitori sono molto eleganti, signori, intelligenti e di grandissima visione. Sia il governatore di CDB sia quello di Exim hanno capito subito l'importanza di Mandarin. Si può dire che Mandarin non è stato la mia idea, ma anche delle banche cinesi.

Una curiosità: quali aziende italiane interessano di più agli eventuali investitori cinesi?

I compratori cinesi sono molto interessati ad aziende italiane che hanno tecnologia, soprattutto nel campo meccanico ed elettromeccanico, che è rilevante per il mercato cinese. Perché in questo momento, gli imprenditori cinesi si rendono conto che il mercato occidentale, se va bene, nei prossimi anni crescerà al 2%, il mercato cinese in tanti settori crescerà al 15-20%, quindi gli imprenditori cinesi vogliono crescere in Cina, però vogliono acquistare all'estero il know-how, la tecnologia, per poter emergere nel mercato maggiormente in crescita, che è quello cinese. Io direi che i settori prevalenti sono quelli in cui l'Italia eccelle: il settore meccanico ed elettromeccanico.

La filosofia gestionale di Mandarin è un approccio attivo, hands-on, dopo l'investimento, cosa c'è ancora?

Sì, noi dopo avere acquisito l'impresa, o per la totalità o per la parte, assistiamo l'imprenditore in tutte le fasi dello sviluppo. Non è che solamente siamo investitori finanziari, aiutiamo a scegliere i canali commerciali e a fare altre acquisizioni, ad assumere il personale chiave, ad ottenere i permessi delle necessarie autorizzazioni sia in Italia, che in Europa e in Cina. Facciamo tutte queste attività, quindi finiamo col vivere con le imprese investite e gli imprenditori che le guidano.

Le società investite sono prevalentemente europee, mentre le aziende e il mercato cinesi sono in gran parte dei casi destinazione per exit strategy, allora esiste una logica o una ragione da un punto di vista commerciale?

Sì, molto semplice. In questo momento, la Cina emerge e l'Occidente arranca, per definizione i cinesi sono compratori e gli europei sono venditori, le cose costano poco in Europa e costano molto in Cina. La regola per il successo è comprare a poco e vendere a alto, quindi la regola è comprare in Europa e uscire in Cina.

É in corso di preparazione il Mandarin secondo, in quali aspetti si differenzia dal primo?

Il Mandarin Ⅱ sarà molto simile, però avrà un importante ufficio in Germania, per coprire la Germania, la Svizzera, l'Austria e anche parte della Polonia. Poi stiamo anche valutando se aprire una presenza nella costa orientale degli Usa, ossia a Boston, perché ci siamo resi conto che nella costa orientale degli Usa, il gap conoscitivo rispetto alla Cina è enorme, ne sanno meno negli Usa, a Boston, di quanto ne sappiamo in Europa, quindi credo che sarebbe importante poter offrire agli imprenditori cinesi dei supporti e anche negli Usa viceversa, quindi assumere una buona opzione più globale. Il nostro modello funziona, molti ci stanno imitando, ma noi abbiamo un certo vantaggio, quindi sarebbe non molto furbo limitarci in Italia, ma stavolta vogliamo crescere in Europa e forse mettere piede negli Usa. Infatto il prossimo fondo sarà di un miliardo di euro, che è tre volte il fondo attuale.

Oltre ad essere managing partner del Mandarin, Lei è anche presidente dell'Osservatorio Asia. Quest'anno ricorre il 10 anniversario dell'ingresso della Cina nella Wto, agli occhi di un osservatore e conoscitore del mercato cinese come Lei, cos' è cambiato piu profondamente in questi 10 anni?

Tutto è cambiato. Non riesco a dire che cosa non è cambiato. Forse Piazza Tian'anmen non è cambiata. I ragazzi sono cambiati. Le nuove generazioni. I ragazzi di 20-25 anni, sia cinesi, sia italiani e americani, sono sempre incredibilmente più simili. Hanno le stesse ispirazioni, desiderano le stesse cose, leggono le stesse cose, ormai sono due mondi pur mantenendo certe differenze, però si capiscono sempre di più.

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