Accade spesso che molte aziende straniere che operano in Cina abbiano problemi con la legge. A loro discolpa, incolpano la poca trasparenza del sistema legale, le differenze culturali, il concetto diverso di fare affari. Ma è solo questo? Intervista a Tiziana Cantoni, responsabile di Media Relation di PTL Group.
Nel mondo occidentale gli affari si basano da sempre su accordi scritti, da tempo alla stretta di mano e alla parola data si sono sostituiti carte e uomini di legge. In Cina gli accordi verbali sono ancora alla base di molti accordi commerciali. Questa modalità di fare affari, secondo molti imprenditori stranieri, è causa di incomprensioni e di poca trasparenza che spesso si traducono in frode commerciale da parte dell'ignaro e ingenuo imprenditore straniero.
Non è troppo semplicistico giustificare la frode adducendo differenze culturali e ingenuità?
Sicuramente è semplicistico, e le aziende straniere hanno molte responsabilità dirette quando si trovano a dover fronteggiare una causa per frode.
Anche quando si tratta di ingenuità e l'imprenditore è in buona fede.
E questo a cosa si può imputare?
Alla scarsa conoscenza del paese, delle sue regole e di quello che succede sul campo
Spesso gli imprenditori stranieri vedono la Cina come un'opportunità, ma non vogliono "sporcarsi le mani". La Cina è un mercato promettente, ma lontano dal punto di vista spaziale e culturale. Richiede sforzi fisici e mentali. Per questo si preferisce delegare il lavoro cinese ad un partner locale e limitare la propria presenza in Cina ad una visita all'anno pensando che basti a mandare avanti l'attività.
Ma venire in Cina, sperimentare l'ambiente, conoscere e capire le modalità in cui si fanno affari e le sue regole è fondamentale. Non conoscere il sistema e non sapere cosa succede nella propria filiale cinese, può portare a situazioni spiacevoli come scoprire dopo anni che la società non è stata costituita legalmente o, peggio, che la società non è stata proprio costituita. Le conseguenze legali possono tradursi nel pagamento di multe pesanti, ma la perdita dei beni, dell'azienda stessa e il carcere non sono finali infelici cosi rari.
Ma spesso non si tratta di buona fede: Imprenditori ligi e attenti alle regole in patria, sbarcano in Cina e spendono più tempo a cercare scorciatoie per fare business che a cercare di capire il sistema commerciale e legale nel quale dovranno operare. E reagiscono con un misto di sorpresa e delusione quando si dice loro che non rispettare le regole è rischioso. Come se la Cina fosse su altro pianeta e quello che è illegale nel loro paese, possa essere legale o tollerato in Cina.
Quali sono i comportamenti illeciti che si riscontrano più di frequente?
• Inizare un'attività diversa ripetto a quella per cui si è richesta la licenza
• Iniziare le attività anche qualdo la società non è ancora stata costituita legalmente
• Non pagare le tasse dovute
• Importare beni illegalmente
• Assumere personale illegalmente o dichiarare un numero diverso di dipendenti
Ma perché un imprenditore che non assume personale illegalmente, non truffa l'ufficio delle imposte, non importa beni illegalmente diventa così audace e incauto una volta in Cina?
Diversi motivi sempre legati alla scarsa conoscenza della Cina.
Ad esempio la percezione che la Cina sia un paese in via di sviluppo e destrutturato dove tutto è permesso. Mentre al contrario è un paese complesso e strutturato. Forse anche troppo. Ma seguire le regole, anche se tortuose e talvolta contradditorie è meglio che cercare un modo poco trasparente per fare affari. Chiedere consigli e aiuto per capire il sistema, affidarsi ad esperti per districarsi dalla foresta di leggi e regolamenti e trovare soluzioni alternative che fanno anche risparmiare denaro, ma nel rispetto delle leggi è meglio che cercare di fare i furbi. Gli imprenditori che sono alla ricerca di una scorciatoia per fare affari in Cina devrebbero porsi una domanda: vale la pena mettere a repentaglio il lavoro magari di una vita e la propria reputazione per risparmiare spicciolo?
Anche la percezione che i cinesi abbiano ancora molto da imparare è furoviante.
Infatti si tende a giudicare tutto quello che viene dalla Cina come qualitativamente discutibile, anche le regole.
E poi c'è un opportunismo imprenditoriale che si basa su presupposti sbagliati: l'imprenditore invece di vedere la Cina come un mercato dove investire e vendere, vede la Cina come un paese povero dove la manodopera costa poco e si può produrre a basso costo.
La Cina non è più un bacino dove attingere manodopera a basso costo, dove approviggionarsi di beni a basso prezzo per poi venderli all'estero con margini altissimi. La Cina è un paese maturo, con un'economia emergente, ma non in via di sviluppo (non nell'accezione comune di paese in via di sviluppo). E date le dimensioni del suo mercato deve essere considerata come un partner commerciale, non un paese da sfruttare.
Ma è anche un mondo complesso e con caratteristiche particolari che rappresentano una sfida per coloro che vogliono intraprendere l'avventura economica cinese.
Per questo consigliamo a tutti gli imprenditori che vogliono avviare un'attività in Cina di venire sul posto, studiare il sistema, imparare le regole, capire il mercato. E se la Cina presenta ancora troppe perplessità consigliamo di assumere esperti e chiedere supporto: richiede un investimento sul breve, ma sul lungo termine è il modo più economico ed efficace per avviare un'attività sostenibile risparmiando soldi e problemi.