La comunità internazionale non vuole che in Libia si ripeta la tragedia dell' Afghanistan e dell'Iraq
  2011-03-23 13:09:57  cri

Da qualche giorno, Usa, Gran Bretagna, Francia e altri paesi occidentali continuano i raid aerei contro la Libia sulla base della risoluzione n. 1973 dell'Onu. Tuttavia l'operazione, che pare motivata, incontra la sempre maggiore opposizione della comunità internazionale. Russia, Turchia, Lega araba, Unione africana ed altri paesi e organizzazioni hanno via via espresso condanna o opposizione, ritenendo che la scala, la sfera e le pesanti perdite umane dell'operazione abbiano ormai voltato le spalle all'intento originale della risoluzione dell'Onu.

La risoluzione n. 1973 approvata il 17 marzo dal Consiglio di Sicurezza copre due aspetti principali: primo, l'imposizione di una no-fly zone nello spazio aereo libico per contenere i voli nella zona dei velivoli delle parti in conflitto, così da proteggere i civili dagli attacchi; secondo, il permesso ai "paesi membri di adottare tutte le misure necessarie" per garantire la sicurezza dei civili in Libia. Nel frattempo la risoluzione proibisce esplicitamente alle truppe straniere di penetrare in territorio libico via terra.

Secondo non pochi analisti internazionali, la risoluzione dell'Onu mira a proteggere i civili, così da evitare un disastro umanitario in Libia. Tuttavia gli estesi attacchi aerei effettuati da Usa, Gran Bretagna e Francia grazie all'ambiguità della risoluzione dell'Onu danno adito al dubbio che il ricorso alla forza sia eccessivo.

In realtà, a partire dal 19 marzo, la scala e la sfera degli attacchi aerei hanno già superato il livello "limitato" di cui parlano i paesi occidentali: in tre giorni la Francia ha effettuato 55 missioni aeree, e le truppe della coalizione occidentale hanno lanciato tre attacchi aerei su Tripoli, utilizzando missili da crociera, cacciabombardieri invisibili, navi da guerra ed altri armamenti avanzati. Nel frattempo, il generale Carter Ham, capo del Comando militare USA in Africa, ha affermato che la coalizione amplierà la no-fly zone creata nello spazio aereo libico, includendovi anche la capitale Tripoli.

Secondo i dati pubblicati dalla parte ufficiale libica, i tre giorni di attacchi militari dei paesi occidentali hanno già provocato 64 morti ed oltre 150 feriti, il che si discosta evidentemente dall'obiettivo sostenuto dai paesi occidentali che i raid intendono evitare un disastro umanitario. Secondo gli analisti, la continua escalation dell'intervento militare potrebbe provocare ulteriori vittime fra i civili.

Un numero sempre maggiore di paesi e organizzazioni esprime timori e dubbi sugli attacchi militari occidentali. L'atteggiamento del segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, è evidentemente cambiato, visto che ha accusato l'intervento militare occidentale di non corrispondere all' obiettivo della protezione dei civili, e di "aver ormai superato la sfera d'azione della creazione di una no-fly zone in Libia". La portavoce del ministero degli Esteri cinese Jiang Yu ha affermato che la parte cinese si oppone all'abuso della forza in Libia, in grado di provocare più vittime fra i civili e maggiori disastri umanitari. Russia, Germania, Polonia, Repubblica Ceca e Portogallo hanno comunicato che non parteciperanno all'intervento militare contro la Libia; l'Unione africana, l'Iran e il Venezuela hanno condannato gli attacchi aerei, mentre la Turchia, paese membro della NATO, ha affermato che l'operazione militare occidentale viola il Diritto internazionale, e che la risoluzione dell'Onu sulla Libia non deve avere come obiettivo di scatenare una guerra.

Secondo quanto emerso, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha fissato una riunione per il 24 marzo per valutare il quadro di attuazione della risoluzione n.1973 e la situazione in Libia. Secondo gli analisti, l'uso precipitato della forza non solo è difficile riesca a por fine agli scontri, ma potrebbe anche aggravare il disastro umanitario, con delle conseguenze ancora più gravi. Le guerre scatenate dagli Usa in Afghanistan e in Iraq hanno reso instabile fino ad ora il quadro politico dei due paesi, i cui popoli vivono in difficoltà, e minacciano anche la pace e la stabilità regionale. La comunità internazionale non vuole che in Libia si ripeta la tragedia dell'Afghanistan e dell' Iraq.

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