​Cos'è Beijing per me?(6/8)

Gabriella Bonino 2020-01-23 12:09:54
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6/8

Cos'è Beijing per me? E' una parte molto importante della mia vita, visto che ci vivo da più di vent’anni, una città colma di storie e di ricordi di persone e di luoghi che mi hanno accompagnata nel tempo. Nella veste di residente a lungo termine, sono anche stata testimone dei grandi cambiamenti avvenuti nella città, che sta diventando uno dei centri focali mondiali.

Gli inizi della mia permanenza a Beijing, nel lontano 1987, sono legati alla parte nord della città, alla zona delle università, allora lontana periferia: lunghe strade diritte fiancheggiate da file di pioppi, accanto agli enormi campus dell'Università di Lingue, ora Università di Lingua e Cultura, dell'Università del Petrolio, dell'Università di Geologia, e poco lontano, dell'Università Tsinghua. Un piccolo supermercato e un ristorantino che offriva solo jiaozi, i ravioli cinesi, erano parte della mia vita quotidiana: le donne del ristorante, di mezza età, con giacchetta e cappuccio di tela bianca, estraevano con forza i ravioli dagli enormi pentoloni fumanti, e li sistemavano nei piatti: il ripieno era unico, cavoli e carne suina, ma la sfoglia di pasta era fresca e la salsa di soia saporita, per cui, nel gelo dell’inverno, era il miglior ristoro per i clienti infreddoliti. Negli anni Novanta a Beijing nevicava molto d’inverno, non come adesso, e per la scarsità diverdura, in questa stagione i cavoli regnavano sovrani. Sistemati con ordine sui tetti delle case a un piano lungo i vicoli, formavano un paesaggio tipico della capitale, accanto ai mucchi di mattonelle rotonde di carbone per cucinare e riscaldare la casa.

Da sempre amante dei grandi spazi della natura, nel weekend lasciavo i rumorosi cortili dell'università e raggiungevo in bicicletta lo Yuanmingyuan per studiare e preparare gli esami: al tempo il giardino non era ancora recintato, non si pagava alcun biglietto d’ingresso, e le distese di risaie e le case dei contadini formavano un paesaggio agreste impensabile attualmente. Le rovine degli edifici di stile occidentale della parte nord-est erano immerse nei cespugli, il che dava ai rari visitatori un’impressione simile a quella provata dai poeti e dai nobili tedeschi, francesi e inglesi che nel XVIII secolo scendevano a Roma dal nord dell’Europa: il fascino delle rovine, del passato. Il fatto che questi edifici fossero legati al contributo di artisti italiani come il pittore Giuseppe Castiglione (1688-1766) , me li rendeva ancora più cari. Diventato pittore di corte, egli vi portò la prospettiva ed altri elementi della pittura occidentale, che, assorbiti da alcuni pittori di corte cinesi, hanno originato degli interessanti e curiosi esempi di pittura mista sino-occidentale. Nel 2015 ricorre il 300mo anniversario dell’arrivo di Giuseppe Castiglione in Cina, per cui sia il Museo del Palazzo di Beijing che il Museo del Palazzo di Taibei terranno delle mostre commemorative. Da non mancare assolutamente!

Secoli dopo, ospite di ben minore portata dello Yuanmingyuan, per i miei studi, avevo scelto un ponte ad arco in legno del giardino Changchunyuan, dalla cui cima dominavo il paesaggio circostante, fra il fruscio delle canne, il gracidio delle rane, e il toc-toc insistente dei picchi sui tronchi dei salici vicini.

Continuando verso ovest in bicicletta per delle stradine sterrate, tutte curve, dopo aver attraversato una zona di risaie, ecco il magnifico Palazzo d'Estate, rifugio domenicale per me e per la mia amica francese Marie Anne per tanti, tanti anni. Sul lago Kunming ho anche imparato a remare, continuando poi a praticare a Beihai e allo Yuanmingyuan. Quindi i piaceri della vita nella natura, dopo i lunghi giorni trascorsi chiusa in classe, che continuavo a cercare anche in direzione sud, nel centro della città, nella zona dei laghi di Shichahai. Al tempo, per andare in centro, era in servizio il mitico autobus n.331, giallo canarino con delle strisce rosse orizzontali, ma io preferivo ancora la bicicletta: arrivavo a Xinjiekou in tre quarti d’ora! Al tempo lungo i laghi centrali non c'erano panchine per riposarsi, la zona era ancora abitata dai nativi, e vi regnava una grande pace. Nella piazzetta della Torre del Tamburo, c'era una trattoria che vendeva baozi, panini ripieni cotti al vapore, con cui mi ristoravo dalle fatiche delle lunghe pedalate.

Grande amante dell’arte, i vicoli di Beijing sono stati uno dei miei primi amori cinesi: le sculture su mattone dei portali dei cortili quadrangolari, i magnifici mendun , i distici incisi sulle porte in legno, gli alberi di Sophora e di Paulonia che offrivano una fresca ombra nelle estati torride... Ricordo in modo speciale il lungo vicolo Kuache Hutong, dove si trova la vecchia residenza del pittore Qi Baishi, che percorrevo volando in bicicletta arrivando dal nord della città. Ora il vicolo è scomparso, ma la residenza di Qi Baishi è rimasta, circondata da un nuovo quartiere residenziale e dai palazzi in vetrocemento della Via della Finanza.

In una parte della vecchia residenza di Taobeile (1887-1970), un principe mancese zio dell’ultimo imperatore Puyi, situata accanto alla più famosa residenza del principe Gong, ha abitato a lungo il mio vecchio amico Zhang Hanjun, membro della Compagnia centrale di Musica Nazionale : originario di Shanghai, suonava la pipa e il ruan, e in gioventù aveva percorso in lungo e in largo i monti dell’altopiano del Loess per dare spettacoli per i contadini. Ma in Cina è ricordato soprattutto per la sua interpretazione della figura di Liu Shaoqi nel film “Discesa dal Monte Zhong”, del 1982, sul tema della liberazione di Nanchino nell’aprile del 1949. La sua somiglianza con il presidente era tale che era stato scambiato per lui dalle guardie rosse al tempo della sua caduta in disgrazia, ed a fatica era riuscito a dimostrare la sua vera identità. Alto e con i capelli bianchi, affabile e cordiale, era amato e apprezzato da tutti quelli che lo conoscevano. Ricordo ancora con piacere i bei pomeriggi passati a parlare sotto la pergola di zucche della sua casa, insieme alla moglie, una donna silenziosa, ma, come tutti gli shanghaiesi, un'ottima cuoca!

Ho conosciuto Zhang Hanjun tramite la sua vecchia amica e compaesana Xing Qingwen, una donna minuta, vivacissima, che mi aveva adottata come nipote e mi aveva introdotta nel suo “gruppo di Shanghai”Nonna Xing, che all’inizio degli anni Novanta aveva già più di settant’anni, fra le molte occupazioni della sua vita, aveva anche lavorato come cuoca nella casa del grande studioso Guo Moruo, che trovandola simile come carattere alla fanciulla Qingwen del romanzo “Il sogno della camera rossa”, le aveva dato questo nome. Era davvero una cuoca eccezionale, ed io ho ne approfittato subito non, purtroppo, per imparare qualche ricetta, ma per farla cucinare per i colleghi cinesi della Sezione Italiana di Radio Pechino (come negli anni Novanta si chiamava ancora Radio Cina Internazionale), che naturalmente apprezzavano molto la mia scelta: in cucina, non sarei mai riuscita a battere la mia nonnina!

Nonna Xing, donna semplice e franca, abitava al decimo piano di un condominio a Muxidi. Dopo dei deliziosi pranzetti di zuppa di jiaozi all’uovo, polpette di carne, e pesce alla salsa di soia, spesso scendevo con lei al nono piano, dove abitava una cugina dell’ultimo imperatore Puyi, una donna mancese dagli zigomi alti e dall’aria fiera, pittrice ad olio e calligrafa. Le due donne erano entrambe delle artiste: l’una in cucina e l’altra in pittura! Due mondi diversi, accumunati dalle esperienze degli ultimi quarant’anni di storia della Cina.

Uno per uno, gli amici anziani se ne sono andati, nonna Xing nel 1995 e Zhang Hanjun nel 2007. E i giovani? Gli amici cinesi di venti e più anni fa sono cresciuti, hanno fatto carriera, e alcuni sono già vicini alla pensione. Molti sono espatriati, alcuni sono ritornati, hanno dei figli, e girano il mondo. Hanno diversi alloggi in città, comprano l’automobile ai figli, e li lasciano liberi di fare le loro scelte di vita, una situazione del tutto diversa dall’inizio degli anni Novanta, quando ci siamo conosciuti.

L'Accademia centrale di Arti Applicate (ora Accademia di Arte e Design dell’Università Tsinghua) allora si trovava sul terzo anello est, presso l’attuale spettacolare nuova sede della CCTV, opera dell’architetto olandese Rem Koolhaas. Dal 1990 al 1991, vi ho frequentato un corso di storia di arti applicate insieme ad una decina di giovani insegnanti provenienti da tutta la Cina, alcuni dei quali in seguito sono diventati professori e presidi di prestigiosi istituti universitari. Insieme abbiamo girato in lungo e in largo le province cinesi, visitando villaggi sperduti alla ricerca delle tradizionali forme di artigianato, vivendo, per esempio, d’inverno nelle case-grotte dell’altopiano del Loess insieme ai contadini. Laggiù abbiamo scoperto delle straordinarie artiste delle carte ritagliate, delle formidabili ricamatrici di solette delle scarpe delle pazienti tessitrici, delle pazienti donne che cucivano scarpe di stoffa per tutta la famiglia, e così via. Forme di arte legate alla vita, in cui le donne cinesi immettono il loro senso della bellezza e il loro amore per la famiglia. Delle esperienze che non dimenticherò mai.

Ma ora torniamo a Beijing. Con la riforma e apertura e il successivo e spettacolare progresso economico di tutta la Cina, la sua capitale si sta facendo sempre più moderna e internazionale, e attira sempre più giovani dal resto del Paese, e, per la crisi economica internazionale, anche dal resto del mondo, fra cui molti architetti e designer italiani, attirati dagli immensi spazi creativi della città. La Zona d’arte 798 e le altre simili spuntate nei vari punti di Beijing sono una chiara testimonianza dello spirito creativo che anima la città. Frutto della riqualificazione di fabbriche dismesse, ospitano artisti cinesi e stranieri che formano delle interessanti e vivaci comunità. Il villaggio degli artisti di Songzhuang, alla periferia est, fino a vent’anni fa popolato da contadini, è ormai famoso a livello internazionale.

Nel frattempo, molte antiche parti di Beijing sono scomparse, i cortili quadrangolari originali sono stati sostituiti da repliche adibite a ristoranti e bar, e i vecchi abitanti sono andati a vivere in periferia, per cui il centro storico sta diventando, al pari di molte altre città storiche del resto del mondo, un’area riservata ai turisti.

In Occidente i cambiamenti sono molto più lenti, il paesaggio cambia raramente, e i punti di riferimento rimangono nel tempo. A Beijing e nel resto della Cina non è così.

Personalmente, ho seguito tutti questi cambiamenti nei miei programmi radio, dai primi esempi di ristrutturazione dei vicoli della capitale alla fine degli anni Ottanta, inizio anni Novanta (Vicolo del Crisantemo, apertura della Via Pingan, ecc.), alla costruzione degli impianti delle Olimpiadi del 2008, parlando con la gente comune e con i responsabili, e percependo il fluire prorompente della storia. Anche se la ristrutturazione del quartiere commerciale di Qianmen, secondo il modello dell’area di Xintiandi a Shanghai, ha dato adito a commenti di vario tipo, va notato che molti edifici storici (sedi di banche, negozi tradizionali, alberghi, ecc.) dei vicoli del lato ovest sono stati restaurati e riqualificati, ed ora sono fruibili in vari modi. Nel vicolo i turisti possono alloggiare in complessi a più piani ricavati da vecchie banche: le stanze danno su un cortile centrale coperto, e i thermos dell’acqua calda per il tè arrivano ai vari piani con un saliscendi. Le ringhiere in legno delle scale, il pavimento in legno e i vasi fioriti danno al viaggiatore una piacevole atmosfera di casa.

Un’altra iniziativa del governo municipale che ha cambiato l’aspetto del centro storico è stata la recente installazione all’interno delle case lungo i vicoli del riscaldamento elettrico, in modo da eliminare l’inquinamento da carbone: le stufette a carbone, oltre ad inquinare, ogni anno provocavano anche molti morti per asfissia, quindi il cambiamento è stato molto apprezzato. I bagni pubblici sono stati ristrutturati, i condizionatori d’aria sistemati all’esterno sono stati “ingabbiati”, e le pareti delle case ridipinte di grigio in modo unificato, per cui i vicoli, con l’aggiunta di molti vasi di fiori, ora hanno un aspetto ordinato e piacevole. Molte case sono state restaurate, e accanto ad alcune sono stati ricavati dei garage. Ora moltissimi Pechinesi hanno l’auto, quindi il parcheggio è diventato un grande problema. Le case di alcuni vicoli adesso hanno davanti delle pergole di glicine, al posto delle tradizionali zucche allungate Luffa cylindrica dal doppio uso: ingredienti di cucina, e, una volta essiccate, spugne da bagno. I padroni di casa, forse dei giovani architetti, visto il restauro originale degli edifici, evidentemente privilegiano l’estetica alla tradizione.

Come nelle altre grandi città del mondo, con la modernizzazione, anche Beijing da qualche anno è spesso ricoperta da una cappa di smog. Per sradicare alla radice il problema, molte fabbriche inquinanti sono state chiuse o trasferite, e la città sta ripianificando e decentralizzando le sue funzioni, riservandosi quelle di centro politico e culturale del Paese.

Il verde pubblico è molto curato: ogni anno vengono piantati migliaia di alberi lungo le arterie stradali, le sei circonvallazioni e in periferia, mentre le decine di chilometri di colorate aiuole spartitraffico, con i loro fiori variopinti sistemati in modo tridimensionale, non finiscono mai di stupire gli ospiti stranieri per la loro varietà e bellezza. Questa decorazione è anche simbolo dell’immane investimento finanziario del governo municipale per abbellire la città, per la gioia dei suoi abitanti e degli ospiti venuti da lontano.

I giardini pubblici storici come il Tempio del Cielo, l’Altare della Terra, il parco Zhongshan, il Palazzo d’Estate e lo Yuanmingyuan, sono dei polmoni di verde a cui la popolazione accede a prezzi agevolati, e gli anziani gratuitamente. Personalmente, il parco di Beihai è la mia meta preferita: quando ho un momento libero, faccio a piedi il giro del lago, godendo la bellezza dei salici secolari e degli antichi edifici. In primavera, i fiori violetti degli antichi alberi di catalpa, molto rari e pregiati, formano delle nuvole colorate che spiccano nel verde.

Nel frattempo, all’esterno del terzo anello, nel CBD e nelle zone prossime all’aeroporto, nascono dei centri residenziali modernissimi, dotati di tutti i servizi, scuole bilingue cinese-inglese, ospedali, e centri commerciali, abitati da giovani professionisti provenienti da tutta la Cina. Fra un volo di lavoro e l’altro in Cina e all’estero, vivono una vita simile a quella dei loro coetanei delle altre città più avanzate del mondo, forse con un livello di impianti hight tech ancora più alto. Il “villaggio globale” è ormai una realtà concreta quotidiana per questa avanguardia della gioventù cinese che sta cambiando il mondo, e da cui partono idee originali per la sua crescita sostenibile.

Questa è Beijing: una città antica e ultramoderna, lenta e superveloce, che alterna la fredda tecnologia al calore della vita tradizionale.

Come afferma il filosofo Lin Yutang, i cinesi sono i migliori al mondo quando si tratta di rendere la vita piacevole, con i loro giardini, il tè, le delizie della cucina, l’architettura a misura d’uomo, e, cosa fondamentale, l’armonioso rapporto con la natura.. In questa direzione, il comune di Beijing sta facendo del suo meglio per offrire ai suoi cittadini l'opportunità di vivere contemporaneamente i vantaggi della modernità e il calore della tradizione.

Se si considera che la città ha decine di milioni di abitanti, è uno sforzo immane e meritevole.


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