"Ogni abito ha un nome: questo si chiama Yi, volante, e questo, di una seta speciale, Boshang, abito di seta. La brand Wuyong non esalta la differenza fra uomo e donna, non è status symbol, considera solo l'esigenza di star bene nell'abito, il contrario del trend attuale della moda."
Degli abiti con un nome, che avvolgono con dolcezza la figura, comodi e pratici, devono essere fatti per durare nel tempo. Questa è la sorpresa che attende il visitatore del padiglione espositivo di Wuyong (inutile), la brand non commerciale della stilista cinese Ma Ke, aperto da poco a Beijing, alle cui spalle c'è una ricca filosofia artistica e ambientale. Tutti gli abiti di Ma Ke hanno un nome, perché sono pezzi unici filati, tessuti, tinti e cuciti a mano, fatti per durare nel tempo ed essere indossati per generazioni, non da una sola persona per un'unica stagione.
Sulla quarantina, alta e magra, il viso allungato dominato da due grandi occhi pensosi, Ma Ke indossa una camicetta bianca di cotone tessuta a mano, senza colletto, abbottonata sulla destra, e un paio di jeans.
Ci troviamo nel salone al secondo piano della sede di Beijing di Wuyong, ricavata in una ex stamperia offset, ristrutturata e diventata il Parco della Creazione culturale 77, a nord del Museo Nazionale di Belle Arti, in pieno centro.
Per gli interni, che riproducono tutti gli ambienti di una casa, Ma Ke e il marito, l'artista Xu Lei, hanno scelto il legno di vecchi mobili, barche ed edifici smantellati, con cui hanno realizzato pavimenti e mobili rustici, decorati con vecchi oggetti raccolti nei loro viaggi nelle zone più remote della Cina. Ci sono anche la biancheria per la casa e i famosi abiti della brand Wuyong, tutti filati, tessuti, e ricamati a mano. Capolavori di lineare e raffinata bellezza, gli abiti di Ma Ke fanno ormai parte delle collezioni del Victoria and Albert Museum di Londra e di altri famosi musei del mondo.
In mezzo a tanta eleganza, accanto a foglie di mais secche, che possono fare da piatto, spiccano due ceste, una colma di una polvere marrone e l'altra di blocchetti di sapone grezzo, cosa saranno? Ce lo spiegherà la stessa Ma Ke:
"Con la brand Wuyong, spero anche di spiegare dei concetti ecologici: questa polvere marrone è un detersivo naturale per stoviglie ricavato dalla lavorazione, durata mesi, dei semi della Camellia oleifera Abel, usati da secoli in Cina per preparare oli e saponi. La uso da tre anni a casa, e trovo che è un detersivo perfetto, che non lascia residui inquinanti. Molti visitatori sono stupiti che la venda insieme ai miei abiti, ma io dico: il bucato si fa nell' acqua, ma se l'acqua è inquinata, diventa impossibile. I semi di Camellia provengono dallo Hubei, e noi li lavoriamo e vendiamo a basso prezzo per un ideale, non per guadagno".
Quindi Ma Ke è sensibile ai problemi ambientali e, come vedremo fra poco, anche alla preservazione dell'artigianato tradizionale, alla base della sua attività di stilista. Ma com' è nato il marchio Wuyong?
"Nel 2006 ho lasciato Guangzhou per Zhuhai, io amo gli ambienti tranquilli, per delle divergenze con il socio della brand precedente, Liwai: io non miro alla produzione di scala e al puro guadagno, ma all'alto livello. Voglio esprimere lo spirito cinese, una cosa che adesso manca in Cina, in cui tutti mirano solo al denaro. E' il mondo che ha bisogno dei valori cinesi, e non la Cina che deve imitare la moda occidentale."
Zhuhai è una città costiera della provincia meridionale cinese del Guangdong, immersa nel verde. Il laboratorio di Ma Ke si trova nel grande giardino di una casa d'epoca, in cui l'equipe lavora senza pressioni, facendo esprimenti con i materiali. Prima infatti erano occupati con le collezioni di stagione, una cosa stressante, lasciate poi per il design di capi su ordinazione. Ma Ke ricorda che all'inizio erano solo in 2-3 persone, ma adesso sono più di 30, e lavorano e vivono in modo naturale, insieme a sei cagnolini, che hanno tutti un nome.
"Io e mio marito amiamo molto la campagna, non la città, e le varie forme di artigianato, che molti però definiscono roba inutile, anche gli artigiani: è roba passata, è storia, siamo nell'era industriale, artigianato è simbolo di povertà e arretratezza! Gli artigiani non riescono a vivere con il loro lavoro. Ma io non sono d'accordo, e trovo che il lavoro manuale sia la cosa più dolce. Amo tanto l'artigianato: quanto tocco un abito indossato da tre generazioni, mi vengono le lacrime agli occhi, perché è intriso di storie di vita, che lo rendono prezioso. Allora ho dato alla brand il nome 'Wuyong', inutile, per portare avanti la tradizione, lasciando giudicare al tempo se ho ragione o no".
Nel 2013 Ma Ke ha registrato la brand come impresa commerciale: la Spa di creazione culturale Wuyong, con sede a Zhuhai, in cui da allora lavora come stilista e designer: studia e registra la tradizione, per ricordare, e su questa base passa alla creazione. Ricorda che l'artigianato tradizionale è accettato dopo la rielaborazione, e in questo sta il valore dello stilista.
Ma Ke ama la campagna, perché, secondo lei, è qui che si può capire la vera cultura cinese. Le regioni montuose del Guizhou e dello Yunnan, non lontane da Zhuhai, sono le sue mete preferite, e qui ha scoperto molte donne delle minoranze etniche che sanno filare e tessere, e che ha portato nel suo laboratorio. Ella dice:
"Molte colleghe delle minoranze etniche non erano mai state in città, alcune sono analfabete, e hanno una mentalità semplice, non commerciale, che noi cerchiamo di proteggere. Lavoriamo in un giardino, perché il lavoro manuale necessita di un ambiente tranquillo. Occorrono dei mesi per realizzare un abito, dalla filatura, tessitura e tintura alla cucitura e al ricamo. Molti mi dicono: allora sono abiti costosi per pochi! E io rispondo: ognuno dei miei abiti richiede un lungo lavoro, per cui deve essere apprezzato a fondo, e servire non per una sola generazione, ma per più generazioni di una famiglia. Un oggetto che continua è la forma più alta di tutela ecologica, la qualità che dura nel tempo".
L'uso prolungato di un oggetto è un concetto contadino, in città è diverso, si pensa solo ad abbassare i costi e a risparmiare tempo, il che porta ad una bassa qualità di vita e a processi di lavorazione inquinanti. Quelli di campagna invece sono sani e durevoli, e il lavoro è fatto con impegno e dedizione. Ma Ke aggiunge:
"In realtà, non abbiamo bisogno di tante cose nella vita, basta qualche vestito, qualche mobile. Propongo che anche in città si viva una vita semplice e sostenibile, senza pensare alla moda e agli acquisti, gettando via il vecchio. Se i sette miliardi di abitanti del pianeta vivessero all'americana, non basterebberotre Terre!"
Ma Ke ricorda che la cultura cinese è diversa da quella americana. Legge molto, e apprezza la modestia e il risparmio, che sono valori tipici cinesi. Della donna occidentale la moda mette in risalto le curve, ma in oriente la bellezza femminile è interiore, l'attrazione fisica è modesta e bisogna scoprirla, non è sfolgorante come in occidente. Ma le ragazze cinesi attuali non sono così: Ma Ke dice che solo una minoranza di cinesi la capisce, ma è fiduciosa che in futuro sarà diverso. Quindi chi sono i suoi clienti?
"All'inizio erano i miei amici. Adesso lavoro solo su ordinazione e non ho negozi, perché sono contraria all'idea della moda di stagione. Le donne del mio laboratorio sanno chi indosserà l'abito che stanno cucendo.Di seguito, se è necessario, li rammendiamo o tingiamo di nuovo, garantendo un servizio continuo. I miei abiti sono fatti per l'uso nel tempo. I miei clienti sono gente abbiente e con cultura, non certo gli arricchiti in una notte, che scelgono solo le brand più famose."
Infatti, chi ama la brand Wuyong, apprezza la vita semplice e il pensiero elevato proposti da Ma Ke. I suoi abiti sono per uomo, donna e bambino, ma non per un tipo particolare, perché la personalità richiede molti abiti e spese per caratterizzarsi. Ma Ke dice:
"Apparteniamo tutti alla stessa tribù, la personalità è differenza, concorrenza, ma Wuyong dice: amo questo abito perché ci sto bene, e basta".
Per i suoi abiti, Ma Ke utilizza materiali organici prodotti solo per lei.E' un'ambientalista convinta: ama gli animali e la natura, e legge libri buddisti, confuciani e taoisti, perché il Buddismo aiuta la vita personale, e il Taoismo aiuta la riflessione sull'arte e sulla natura, ed è vicino al suo credo di massima semplicità.
Per i suoi abiti, Ma Ke usa pochi colori, e la tintura è tutta vegetale, un campo su cui fa delle continue ricerche, perché in Cina la tecnica è venuta meno già al tempo della Repubblica Nazionale, un secolo fa. Nel suo giardino a Zhuhai ha creato un piccolo orto di erbe da tintura, che coltiva con le colleghe, per la cui maturazione occorrono al minimo sei anni. Anche qui occorre del tempo. Ma Ke ama la coltivazione naturale su terra non inquinata, che dà prodotti sani, perché se tutto l'ambiente è inquinato, l'uomo si ammala e perde tutto.
"Propongo un approccio armonioso con la natura. Lo sviluppo dell'uomo non deve distruggerla. In campagna ho scoperto che il mondo naturale ci offre un'infinità di risorse. Non ci sono rifiuti in natura, tutto serve, animali e piante morti servono ancora, ma i nostri prodotti non riciclabili, borse di plastica e batterie, no".
Secondo Ma Ke, il futuro dell'abbigliamento è questo, perché gli abiti tinti in modo chimico inquinano nel lavaggio, ma non quelli con tintura vegetale. Ha fatto un esperimento: ha gettato l'acqua del bucato di un abito con tintura vegetale nella vasca dei pesci, e questi hanno continuato a nuotare felici! Osserva che il problema ambientale è ormai di portata mondiale, e tocca tutti i settori e l'intera società. Con l'acquisto di prodotti industriali, si inquina. L'acquisto equivale a votare: acquistando prodotti di una società che non inquina, la si sostiene, ma comprare a caso senza pensare al processo inquinante alle spalle, non è un atteggiamento responsabile.
Quindi Ma Ke è una stilista pienamente responsabile verso l'ambiente e la società. E chi la apprezza, apprezza anche i suoi ideali. Fra i suoi clienti affezionati, c'è anche la first lady cinese, Peng Liyuan, di cui Ma Ke realizza gli abiti per le visite all'estero.
"La first lady è molto bella eha stile, è un'artista, una cantante di formazione. La conosco da anni e apprezza il mio stile di design. Si interessa da sempre alle attività benefiche: già prima di diventare first lady ha fatto molto, per esempio, per la tutela del Fiume Giallo, per i terremotati di Wenchuan, ecc. Abbiamo gli stessi ideali, quindi la sostengo, e per me non è una star. Ama profondamente il suo paese, la Cina, e segue i problemi dell'ambiente. Il suo abbigliamento è tipicamente cinese, nelle stoffe e nei modelli, ed esprime il concetto cinese di bellezza. Dietro l'estetica, il design è espressione di un concetto di valore: semplicità, modestia, ed un'eleganza raffinata che dura nel tempo."
Ma Ke ha fatto delle riuscite sfilate a Parigi nel 2007 e nel 2008, ma nessuna in Italia, è stata però a Milano, e ama molto le città italiane del Medioevo e i laboratori familiari che continuano la tradizione nel tempo. Nel 2007 alla Fashion Week di Parigi ha presentato la collezione Tudi, terra, con grande successo, scoprendo che francesi capivano più dei cinesi i concetti della brand Wuyong. Lei era conscia che i suoi abiti non erano affatto "di moda", ma una sfida, ma i commenti sono stati ottimi, al punto che è stata invitata alla Settimana dell'alta moda di Parigi del 2008, in cui ha presentato la collezione "Shechi de qingpin", una lussuosa semplicità. E' stata definita non più stilista, ma artista, e le sue creazioni sono state chiamate opere d'arte, e sono finite nelle collezioni del Victoria and Albert Museum di Londra, e di altri musei di Olanda, Usa, ecc.
Quindi Ma Ke è passata da stilista di moda a stilista di abbigliamento, a designer, artista... e poi più nulla, secondo la sua definizione. Dopo il 2008 avrebbe potuto cullarsi nelle glorie raggiunte, facendo l'artista e creando in mezzo alle adulazioni del pubblico, ma ha fatto una scelta diversa e responsabile, per via della sua storia personale. Ascoltiamo:
"Sono nata nei primi anni '70, quindi appartengo ad una generazione fortunata, che ha avuto un'infanzia semplice e naturale in un contesto di parità di condizioni economiche. I miei genitori insegnavano all'Università di Magistero del Nord-est di Changchun, nel cui campus ho trascorso l'infanzia e la giovinezza. Non avevamo giocattoli, ma vivevamo nella natura".
Al tempo dell'università, a cavallo del 1990, è iniziata l'influenza dell'occidente. Prima i cinesi non avevano desideri materiali, e la vita semplice era la maggiore soddisfazione. Con l'apertura, sono arrivati i MacDonand's, i Kentacky, e i negozi di moda.
Ma Ke ama la pittura e il lavoro manuale: ricorda che la madre il sabato cuceva gli abiti della famiglia con la macchina da cucire a pedali, e lei la guardava affascinata. Da giovane, ha sempre indossato i suoi abiti. Di conseguenza, all'università ha scelto il corso design di abbigliamento, diplomandosi nel 1992 all'Istituto industriale della seta di Suzhou.
Un'altra persona che nell'infanzia ha molto influenzato Ma Ke è la nonna, presso la quale trascorreva le vacanze estive. Andava in montagna con gli amichetti, a nuotare, a raccogliere ghiande per i maiali, e poi funghi e patate, che facevano arrostire sulla brace. La vita in campagna era creativa e felice, anche senza tante cose materiali, ma la famiglia era unita e pranzava insieme ogni giorno. La nonna mungeva le capre e faceva bollire il latte, e Ma Ke ricorda ancora adesso il profumo nella stanza. Invece il latte del supermercato non ha sapore. Ma ora ridiamole la parola:
"Una volta cresciuta, avrei potuto diventare stilista di moda, ma con questi ricordi per me era impossibile. Non mi sono lasciata prendere dal materialismo, dal mondo del fashion, ne sono rimasta fuori, perché una voce interiore mi diceva che questa non era la mia vera strada. Traggo ispirazione dalla vita semplice, non dal mondo sfolgorante della moda.Il business origina cose false, ma la vita non è così".
Nel 2000 Ma Ke ha iniziato ad andare spesso in campagna dai contadini e dagli artigiani, e le scene di povertà che ha visto in certe zone remote l'hanno molto colpita.Allora ha cominciato a pensare: posso aiutare ad alleviare queste situazioni tragiche con il mio lavoro? Certo, con l'artigianato, che può dare un reddito ai poveri, con cui possono far studiare i figli, invece di mandarli a fare i pastori, e curarsi in caso di malattia.
Quindi con il messaggio della brand Wuyong Ma Ke vuole anche aiutare ad eliminare il divario fra città e campagna e il disprezzo della gente di città per i contadini e per la loro semplicità di vita. Fra l'altro, Ma Ke ha seguito un volontario, Weiran, di cui vi ho parlato in un programma tre anni fa, a Dingxi, una zona molto povera del Gansu, visitando le famiglie descritte nel suo libro "Liangmin" (gente dei cereali), che a suo tempo ha fatto molto scalpore in Cina. Dalle sue visite nelle campagne povere, Ma Ke ha capito che si può vivere anche senza fashion e senza computer, in fondo i computer esistono solo da alcune decine di anni, prima se ne poteva fare benissimo a meno. Secondo lei, bisogna cambiare modo di pensare, rivalutando il passato.
"Mi piace pensare: come vivevano i cinesi al tempo della dinastia Tang, come cucinavano, come si vestivano? Da loro possiamo imparare molte cose di valore. Penso che solo conoscendo il passato si possa capire il presente e creare il futuro. min Studiando il passato della nostra nazione, sono convinta che le cose 'inutili' in futuro saranno sempre più utili, e voglio registrarle e trasmetterle. Non dico che si debba vivere da monaci, ma le poche cose che si hanno devono essere di qualità, lasciando spazio per la vita interiore: questo è il mio messaggio".
Ma Ke fa notare che i giovani cinesi attuali non sono interessati all'artigianato, il che è un grosso problema. Vogliono il computer, l'HT, e guadagnare molto subito, non hanno pazienza, e non sopportano la solitudine e i tempi lunghi. Ma per padroneggiare un mestiere occorrono anni. Quindi, con il nuovo spazio aperto a Beijing, Ma Ke vuole attirare i giovani con il fascino della tradizione, creando una piattaforma, in modo che anche loro si affezionino.
"Quando propongo ai giovani delle lunghe permanenze in campagna, mi rispondono: ma ho la famiglia, gli amici, posso fare dell'editing in città... Ma di gente così ne troviamo tanta, noi abbiamo bisogno di gente che faccia delle ricerche sul territorio. E' difficile, lo so, senza TV e computer, bisogna cercare, camminare, insistere, commuovere i locali e convincerli a comunicare la loro arte, e ad accettarti come un amico fidato. Un processo difficile. Certi artigiani non trasmettono all'esterno la loro arte per paura di 'perdere la ciotola di riso'. Ma bisogna convincerli lo stesso, altrimenti l'arte si perde. Molte forme di artigianato sono nelle mani di gente di 70 anni, ma i figli non sono interessati, e loro non si fidano degli esterni, per cui occorrono entusiasmo e resistenza."
Ma Ke ha molti progetti: la fabbricazione a mano di carta vegetale per scrivere, da imballaggio, ecc., e di terracotte e ceramiche, tipiche della Cina, ma adesso arretrate rispetto al Giappone e a Taiwan. Con tutti questi progetti, Ma Ke non si sente più una stilista, ma una designer, che risolve i problemi di vita in armonia con la natura.
"Non è significativo? La gente ha già tanti vestiti, e ne vuole ancora di sempre più strani, e nessuno pensa ai problemi veri, rassegnandosi all'idea che non si possono risolvere. Da uno studio risulta che gli abiti nei magazzini delle brand di tutto il mondo basterebbero per dieci anni, senza più farne di nuovi. Io percorro una strada diversa: poche cose di qualità, sicure, che durano nel tempo, l'obiettivo di Wuyong. Per questo ho bisogno di giovani che mi aiutino."