《18岁给我一个姑娘》- Ho 18 anni, datemi una ragazza (Feng Tang)
  2011-10-05 21:10:31  cri
Feng Tang

Ho 18 anni, datemi una ragazza.

1. Zhu Shang

Molto tempo prima di trasferirmi in questo palazzo, avevo sentito parlare della mamma di Zhu Shang da quel vecchio depravato di Kong Jianguo. Diceva che era il suo ideale di donna, una bellezza senza pari. La prima volta che incontrai Zhu Shang, decisi che avrei fatto di tutto per dividere con lei la mia vita.

A diciassette o diciotto anni non si ha il senso del tempo, quando si dice "vita" spesso si intende l'eternità.

2. Lezioni private

"Tu sei ancora giovane, per questo non capisci. È qualcosa di molto, troppo importante. Rifletti, quando avrai la mia età è probabile che ti chiederai, dalla mia infanzia ad oggi, durante tutta la mia vita, ho mai incontrato una ragazza con un viso, un corpo, delle movenze che me lo facevano venire duro per forza, e dovevo montarle sopra ad ogni costo? E poi avrebbero anche potuto staccarmelo o farmelo a fette, deportarmi o sbattermi in galera? Beh, quel genere di ragazza è la tua donna ideale. Uno solo tra mille uomini a questo mondo si pone questa domanda, e tra mille che se lo chiedono uno solo risponderebbe di sì, e tra mille che rispondono di sì uno solo è riuscito a farsela. E quello che c'è riuscito, poi ha scoperto che, dannazione, non ne valeva la pena. Ma tu devi lo stesso impegnarti a trovarla, e a portartela al letto, perchè questo è carattere, questo significa avere un ideale, questo è essere più fico di tutti".

Era un pomeriggio d'estate, mentre Kong Jianguo mi faceva questo discorso, stavamo seduti contro il tronco di un grosso albero di sofora, lo stridio delle cicale che a tratti si alzava e a tratti si spegneva, era l'unico segno dello strisciare del tempo. Ogni tanto soffiava un alito di vento fresco ma il sole continuava a picchiare inclemente, in chiazze che piombando sulla terra nuda sollevavano nuvole di polvere riarsa. Un gran numero di lombrichi verdi che noi chiamavamo "spettri degli impiccati" avevano filato lunghe bave dalle foglie mangiucchiate di sofora e pendevano a mezz'aria, i corpi grassocci ondeggianti nel vento. Quel vecchio depravato di Kong Jianguo si era appena svegliato, era a torso nudo, sul corpo che poteva ancora definirsi muscoloso si gonfiava il ventre con l'ombelico sprofondato nel mezzo. Una cicatrice da coltello spiccava bianca e benevola sul suo viso. La cinta di pelle gli stringeva i pantaloni di terital, c'erano quattro buchi più consumati degli altri che, come gli anelli di crescita degli alberi, registravano l'evoluzione della pancia di Kong Jianguo: quello più interno si era consumato nell'estate di alcuni anni fa, poi nell'inverno successivo, poi c'era quello dell'inverno dello scorso anno e quello più esterno segnava il punto attuale. Di sicuro si era sdraiato sul lato sinistro per fare la siesta, la stuoia di vimini gli aveva lasciato dei segni chiari sul corpo, dove era rimasta anche appiccicata qualche pagliuzza. Aveva i capelli arruffati, dopo la tirata di cui sopra, si era acceso una sigaretta Da Qianmen e aveva tirato una boccata con le sopracciglia aggrottate.

Mio padre mi aveva raccontato di aver ricevuto da piccolo un'istruzione privata, l'avevano ingozzato come le oche con Il classico dei tre caratteri, I cento cognomi, I mille poemi, i Quattro libri e i Cinque mantra, che lui aveva imparato a memoria e sapeva a menadito, senza aver capito una parola. Poi quando era diventato grande, gli erano tornati in mente, e poco alla volta li aveva compresi, come una mucca che rigurgita ruminando l'erba mangiata a mezzodì del giorno prima. Era molto fiero di sé quando adesso, scrivendo i rapporti per l'unità di lavoro, poteva infilarci dentro un paio di frasi del tipo "pensate allo scorrere dei secoli lungo il fiume del tempo", le sue colleghe di meno di venticinque o più di cinquanta gli riconoscevano un talento classico.

Quando quel vecchio depravato di Kong Jianguo mi aveva fatto il discorso, io non ci avevo capito un acca. Anch'io mi ero appena svegliato dalla siesta, nella mia testa c'era solo un pensiero: ammazzare le ore che mi separavano dalla cena. Le sue parole mi sembrarono particolarmente arcane. Se devi dire qualcosa dillo, ma senza tutte le domande retoriche, i parallelismi e le anadiplosi, che mi sembri un professore di lingua. Sì, era capitato anche a me, è come quando hai una smania nel cuore e ti viene l'impellenza di fare una cosa, quando ti scappa talmente che corri in punta di piedi per strada cercando un cesso, oppure hai cinque anni e muori dalla voglia di mangiarti uno dei biscotti Sachima che stanno sopra l'armadio, o quando per il tuo quindicesimo compleanno vorresti un paio di Nike alte da pallacanestro, in pelle bianca con il baffo blu.

Perciò a pensarci adesso trovo spaventoso che se non ci fossero state le lezioni private di quel vecchio depravato di Kong Jianguo, la mia donna ideale sarebbe stata come il bagno quando stai per fartela sotto, un pacchetto di biscotti o un paio di scarponcini Nike di pelle bianca.

3. Prendete la svergognata

Kong Jianguo era molto vecchio, avrà avuto venti o trent'anni più di me. Come per gli attori dell'opera, il momento di grazia di un delinquente dura quattro o cinque anni. Spesso succede che il vecchio che ai suoi tempi era stato in auge venga rimpiazzato dal giovane della generazione successiva, lo fanno diventare scemo con una mattonata, lo trapassano con un forcone, allo stesso modo in cui succede tra gli attori. Facendo un calcolo di età, secondo le regole della mala tra me e Kong Jianguo passavano almeno cinque o sei generazioni.

All'epoca avevo diciassette o diciott'anni, proprio il momento che se i miei mi dicevano di andare a est, tu potevi star sicuro che correvo a ovest.

Prima di trasferirmi nel palazzo, mia madre aveva sottolineato varie volte che la maggior parte degli inquilini erano brave persone, con loro si poteva essere gentili senza problemi, chiamarli nonno e nonna, zio e zia, prendere i dolci che ti davano e intascare i soldi se te ne offrivano, nessun rischio. Se i loro figli volevano attaccare briga, potevo usare il mio raziocino per valutare se ci guadagnavo qualcosa, e poi buttarmi nella mischia, niente colpi in viso ma mirare sotto la cintola e poi giù botte da orbi. C'erano però due gruppi da evitare accuratamente.

Il primo era composto da due gemelle di minoranza coreana che facevano di cognome Che, le sopracciglia arcuate disegnate col pennello come colline in primavera e gli occhi lunghi e a mandorla, due punti con l'inchiostro. Di viso si somigliavano parecchio, portavano tutte e due i capelli lunghi oltre le spalle, ma erano molto diverse fisicamente. Una era piccola e delicata, con le curve al punto giusto. L'altra robusta, con un petto fuori misura. Così avevamo soprannominato la piccola "Che numero due" e l'altra "grande Che". Eravamo all'inizio della riforma e dell'apertura economica, le due sorelle non si vestivano come gli Han ma in modi strani e fogge diverse, mia madre con quel suo sguardo acuto si era anche accorta che "portavano i braccialetti alla caviglia, che scampanellavano malevoli dingdang ".

Loro uscivano ed entravano sempre insieme, quando si infilavano nel portone, io mettevo giù il libro o il quaderno dei compiti, correvo al balcone e mi affacciavo per vedere il loro strano abbigliamento, per sapere chi si stavano portando in casa, per vedere la scriminatura netta dei capelli, con la bianca pelle della cute e le chiome lucide e lisce come l'olio sui due lati. A quell'epoca non c'era ancora lo shampoo "Head & shoulders" e dove ora hanno costruito il quartiere residenziale Jingsong c'erano i campi coltivati. D'estate noi ci andavamo a caccia di libellule tra le piante di riso e gli ufficiali e i soldati della polizia armata ci allevavano i maiali e le pecore. Io mi lavavo i capelli con il sapone da bucato marca Faro, che quando ti strofinavi la testa ti sembrava fosse un pennello di setola di maiale n.1, quello della misura più grande. Eppure ricordo con chiarezza che le sorelle Che non avevano la minima traccia di forfora, i loro capelli erano come messi lucide su un campo fertile concimato bene. Su quei capelli lisci, l'occhio cadeva e non poteva non scivolare verso il basso. Il mio sguardo dai capelli scendeva sui loro petti bianchi come la neve che passavano lampeggiando e nella mia testa canticchiavo: "I piccoli coniglietti bianchi, oh così bianchi, con quelle orecchie ritte in alto". E sapevo bene che a rizzarsi non erano certo le orecchie.

A quel tempo mio padre si dava un gran daffare nell'unità di lavoro, lui rappresentava le masse e stava fuori tutto l'anno a farsi i suoi interessi guadagnando soldi. Mia sorella era una ragazzina posata che si era tagliata i capelli a spazzola per tener fresco il cervello. Era diligente da morire, ma non riusciva mai a essere la prima della classe. Anche se si fosse tagliata i capelli ancora più corti non sarebbe mai diventata quella che i suoi compagni definivano "una bestia da soma" (le secchione erano tutte chiamate "bestie da soma") perciò lei stava a testa a bassa e sgobbava. Mia madre veniva da una famiglia di contadini, una volta cresciuta aveva trovato il modo di venire in città a fare l'operaia, diventando parte della classe dirigente del nostro Paese. Si portava a casa i guanti da lavoro di filo di cotone bianco che distribuivano in fabbrica e li disfaceva per farci delle magliette, che non riparavano dal vento né avevano la minima elasticità. Lei infilava il guanto che stava smontando sulla zampa di una sedia capovolta, poi ci si metteva seduta davanti, siccome si annoiava a morte a fare quel lavoro, cercava sempre qualcuno con cui chiacchierare. Il nostro televisore a quell'epoca era un 9 pollici in bianco e nero, a mia madre non piaceva guardare la televisione, il lunedì, il mercoledì e il venerdì diceva che i presentatori erano dei deficienti, il martedì, il giovedì e il sabato diceva che avevano la testa piena di merda. Mia sorella stava sempre a fare i compiti, quindi mia madre aveva soltanto me per spettegolare. Io ero un campione della ciancia inutile. Mia madre diceva, che la ragazza che un giorno mi avrebbe sposato sarebbe stata fortunata, ascoltando me non aveva bisogno di guardare quella televisione per ritardati, così avrebbe risparmiato la corrente e non si sarebbe mai annoiata.

Mia madre diceva, mettiti tranquillo a fare i compiti e smetti di correre al balcone ogni volta che fiuti un sbuffo di profumo. Io le dicevo, le anatre stanno per tornare, faccio esercizio per gli occhi, dall'alto contemplo il mondo in lontananza, mi sto riposando e poi, controllo chi va in visita, per vedere che non ci sia anche mio padre camuffato, in modo da fare rapporto a mia madre. Allora lei diceva, in quella casa non ci vanno le brave persone. Io le rispondevo, a me sembrano tutti pezzi grossi, anzi non so se mio padre sarebbe all'altezza. Mia madre diceva, ti proibisco di frequentarle. Io replicavo, sono loro che ignorano me, loro sono agenti speciali, io solo una piccola guardia rossa. Non sono certo un rosso caposquadra degli studenti, né un segretario di sezione o un direttore, il mio grado non è abbastanza alto, a meno che non abbia nella cintola un messaggio segreto con le piume di gallina, quelle non mi toccano nemmeno. Mia madre diceva, e se ti mettono in mezzo e dicono che ce l'hai? E insistono a volersi occupare di te, tu cosa fai? Io rispondevo: "Mi metto a gridare: zietta, sono ancora troppo piccolo". Lei continuava: "E se continuano, che fai?" "Io strillo: zia, ho paura". "E se loro non mollano?" "Allora mi metto a ululare: prendete la svergognataaaa".

C'erano ancora tre paia di guanti rimasti, il filo non era ancora stato srotolato tutto, le magliette non erano terminate e le chiacchiere andavano avanti a oltranza, continuavamo a mantenere lo stato di massima allerta. Ero ancora un bambino e l'aria era piena di bacilli del raffreddore e le strade pullulavano di persone malvage. Se non c'erano delle persone cattive in assoluto, bastava decidere chi era un po' meno buono, appioppargli un marchio d'infamia e farlo diventare perfido.

E io speravo di incontrare il bacillo del raffreddore, tanto e quanto speravo di imbattermi in un cattivo. Con il raffreddore non si andava a scuola, mia madre prendeva un permesso al lavoro e mi comprava lo yoghurt da bere. Lo vendevano in vasetti di coccio, sigillati con la carta bianca tenuta ferma da un elastico rosso, si beveva con una cannuccia di plastica che bucava la carta facendo puff. La vecchia dottoressa aveva la faccia piena di rughe, era pulita e scheletrica come una strega, la giovane infermiera portava un berretto bianco di traverso che le copriva i capelli lisci come olio. Spesso loro nascondevano quattro quinti del viso sotto la mascherina, i loro occhi non mi guardavano mai, erano fissi sulle mie chiappe. La tintura di iodio sfrigolava evaporando sul mio sedere, sentivo lievi soffi di frescura, "piccoli coniglietti bianchi, oh così bianchi, con le orecchie ritte in alto…" e sapevo che la puntura stava arrivando.

Ma l'agente speciale donna, con la sigaretta al lato delle labbra e i capelli impomatati, mostrava le sue grazie solo nei film, e le sorelle Che non mi diedero mai l'opportunità di gridare "prendete la svergognata".

冯唐

《18岁给我一个姑娘》

1 朱裳

我早在搬进这栋板楼之前,就听老流氓孔建国讲起过朱裳的妈妈,老流氓孔建国说朱裳的妈妈是绝代的尤物。我和朱裳第一次见面,就下定决心,要想尽办法一辈子和她耗在一起。

十七八岁的少年没有时间概念,一辈子的意思往往是永远。

2 私塾教育

"你现在还小,不懂。但是这个很重要,非常重要。你想,等你到了我这个岁数,你没准也会问自己,从小到大,这辈子,有没有遇见过那样一个姑娘,那脸蛋儿,那身段儿,那股劲儿,让你一定要硬,一定要上?之后,哪怕小二被人剁了,镟成片儿,哪怕进局子,哪怕蹲号子。这样的姑娘,才是你的绝代尤物。这街面上,一千个人里只有一个人会问这个问题,一千个问这个问题的人只有一个有肯定的答案,一千个有肯定答案的人只有一个最后干成了。这一个最后干成了的人,干完之后忽然觉得真他妈的没劲儿。但是你一定要努力去找,去干,这就是志气,就是理想,这就是牛逼。"

那是一个夏天的午后,老流氓孔建国和我讲上述一席话的时候,背靠一棵大槐树,知了叫一阵停一阵,昭示时间还在蠕动。偶尔有几丝凉风吹过,太阳依旧毒辣,大团大团落在光秃秃的土地上,溅起干燥的浮尘。很多只名叫"吊死鬼"的绿肉虫子从咬破的槐树叶子上拉出长长的细丝,悬在半空,肉身子随风摇摆。老流氓孔建国刚刚睡醒,赤裸着上身,身子还算精壮,但是小肚子已经渐拱,肚脐深深凹进去,脸上一道斜挂的刀疤显得苍白而慈祥。一条皮带系住"的确良"军裤,皮带上有四个排在一起的带扣磨得最旧,像年轮一样记录老流氓孔建国肚皮的增长:最里面一个带扣是前几年夏天磨的,下一个是前几年的冬天,再下一个是去年冬天,最外边是现在的位置。老流氓孔建国午觉儿一定是靠左边睡的,左边的身子被竹编凉席硌出清晰的印子,印子上粘着一两片竹篾儿。老流氓孔建国头发乱蓬蓬的,说完上述这番话,他点了棵"大前门"烟,皱着眉头抽了起来。

我爸爸说,他小时候上私塾,填鸭似的硬背《三字经》、《百家姓》、《千家诗》、四书和五经,全记住了,一句也不懂。长到好大,重新想起,才一点点开始感悟,好像牛反刍前天中午吃的草料。我爸爸总是得意,现在在单位做报告,常能插一两句"浮沉千古事,谁与问东流"之类,二十五岁以下和五十岁以上的女性同事通常认为他有才气有古风。

当老流氓孔建国说上述这番话的时候,我一句也听不懂。我也是刚刚睡完午觉,脑子里只想如何打发晚饭前的好几个钟头。我觉得老流氓孔建国少有的深沉。说话就说话吧,还设问,还排比,还顶真,跟语文老师似的。心里痒痒、一定要做的事情,我也经历过,比如被尿憋凶了踮着脚小跑满大街找厕所,比如五岁的时候渴望大衣柜顶上藏着的萨其马,比如十五岁生日的时候想要一双皮面高帮白色带蓝弯钩的耐克篮球鞋。

所以现在我想起来后怕,如果没有老流氓孔建国对我的私塾教育,我这一生的绝代尤物将一直是便急时的厕所、萨其马和皮面高帮耐克鞋之类的东西。

3 抓女流氓

老流氓孔建国已经很老了,比我大出去二三十岁。和唱戏的类似,流氓四五岁一辈儿人。常有出了大名头的老流氓被隔了一辈儿的小流氓灭了,一板砖拍傻了,一管叉捅漏了,这也和唱戏的类似。按年龄算,从道上的辈份上论,我和老流氓孔建国足足差出五六辈儿。

我当时十七八岁,正是爹妈说东,我准往西的年纪。

搬进这栋板楼之前,我老妈反复强调,这楼上楼下,绝大多数是正经本分人,可以放心嘴甜,滥叫爷爷奶奶叔叔阿姨,给糖就要,给钱就拿,不会吃亏。他们家的孩子找茬,我可以自行判断,如果有便宜占,就放手一搏,别打脸,瞄准下三路,往死里打。但是有两组人物,我必须躲着走。

其中两个人物是一组,姓车,是朝鲜族的一对孪生姐妹,眉毛春山一抹,眼睛桃花两点。脸蛋长得挺像,一样的头发过肩,但是身材有别。一个小巧,跌宕有致。一个健硕,胸大无边。所以小的叫二车,大的叫大车。刚刚改革开放,大车、二车就仗着非我族类而奇装异服,我老妈眼尖,看见她们"脚脖子上都戴金镯子,叮当坏响"。

大车、二车总是双宿双飞,她们驶进楼里的时候,我总是放下手里的教科书和作业本,跑到阳台,扒着张看她们的奇装异服,看她们又拉来了什么人物,看她们一清二楚的头发分际,分际处青青白白的头皮,分际两边油光水滑的头发。当时还没有"海飞丝",劲松小区还是庄稼地,夏天可以在稻田里捉蜻蜓,武警官兵在周围养猪放羊。我洗头用一种"灯塔"牌的肥皂,涂上去感觉自己的脑袋像个大号的猪鬃刷子,但是我记得清清楚楚,大车、二车的头发没有一点头皮屑,茁壮得像地里施足肥料的油绿绿的庄稼。那种油光水滑,眼珠子掉上去,也会不粘不留地落到地上。我的眼睛顺着她们的头发滑下去,她们雪白的胸口一闪而过,我的心里念着儿歌:"小白兔白又白,两只耳朵竖起来。"可我知道,竖起来的不是耳朵。

那时候我爸是单位里的忙人,代表群众的利益,出门挣钱,常年在外。我姐姐是老实孩子,剃个寸头,促进大脑散热。用功无比,还是老拿不了第一,把头发剪得再短,也当不了她班上男生心目中的第一大牲口(学习好的女生都是牲口),于是头也不抬,更加用功。我老妈小时候是农民,长大混到城市当了工人,是国家的领导阶级。我老妈把劳保发的白棉线手套带回家,然后拆成白棉线,然后替我和我姐姐织成白棉线衣,一点风不挡,一点弹性也没有。我老妈拆棉线织线衣的时候,被拆的手套戳在一把倒过来的椅子腿上,她坐在对面,她穷极无聊,总想找人聊天。那时候的电视是九寸黑白的,老妈不爱看,她一三五说电视主持人弱智,二四六说电视主持人脑子里有屎。姐姐总在做功课,我妈就来和我贫。我极能臭贫。我妈说,将来嫁给我的女孩子有福气,找了我,有人说话,不用看弱智电视,省电,一辈子不烦。

我妈说,安心功课,别闻见香风就窜到阳台上去。我说,鸿雁将至,我保护视力,我登高望远,我休息休息,看看乘客是谁,看看有没有我爸乔装打扮混在其中,好报告我妈。我妈说,乘车的都不是好人。我说,乘车的好像都是街面上挺得意的人,不知道我爸够不够级别。我妈说,不许你搭理她们。我说,是人家不搭理我,人家是女特务,我才只是个红小兵,远不到红队长、红支书、红主任的级别,除非我腰里掖着鸡毛信,否则人家才不会摸我呢,我的级别差得远了。我妈说,人家要是就诬陷你腰里掖着鸡毛信呢?人家要是偏要搭理你怎么办呢?我说,我就喊"阿姨我还小"。我妈说,人家要是还搭理你怎么办呢?我说,我就喊"阿姨我怕怕"。我妈说,人家要是还搭理你怎么办呢?我说,我就喊"抓女流氓啊,啊———啊———啊"。

还有三双手套剩着,我妈的棉线没拆完,线衣没织成,就总是没完没了,警惕性很高。我还是个孩子,所以空气里永远有感冒病毒,街上永远有坏人,即使没有特别坏的人,也要从好人中确定比较坏的人,然后给他们戴上帽子,他们就特别坏了。

我像期待感冒病毒一样期待着坏人,得了重感冒就不用上学了,我妈也不用上班了,还给我买酸奶喝。酸奶是瓷瓶装的,瓶口罩张白纸,用根红皮筋绷了,喝的时候拿一根塑料管捅进去,噗地一声。医院里有来苏水的味道,老女医生老得一脸褶子,又干净又瘦像个巫婆,年轻女护士歪戴着个小白帽,遮住油光水滑的头发。她们通常用口罩糊住五分之四个脸,眼睛从不看我的眼睛,只是盯着我的屁股。碘酒在我屁股上丝丝蒸发,我感到一丝丝凉意,"小白兔白又白,两只耳朵竖起来",我知道那一针就要来了。

但是女特务永远叼着烟卷抹着头油鲜艳在电影里,大车、二车始终也没有给我机会,让我高喊"抓女流氓"。

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