《永远有多远》-QUANTO DURA UN'ETERNITÀ?
  2010-09-29 14:10:02  cri
QUANTO DURA UN'ETERNITÀ?

Tie Ning

Hai mai vissuto in un vicolo di Pechino? Sei stata bambina nei vicoli? Ti ricordi di quelle bambine dei vicoli sempre allegre, chiacchierone, a volte un po' sprovvedute?

Io in un vicolo pechinese ci abitavo, sono stata anch'io una bambina dei vicoli. Quelle ragazzine, non le ho mai dimenticate. Penso spesso che, senza di loro, i vicoli non sarebbero gli stessi. E Pechino non sarebbe più Pechino. Le mie parole forse non ti sono piaciute... Come, cosa? Sì, hai ragione. Pechino non è più quella di una volta, non è la città sobria e tranquilla, distaccata e cortese di allora. Ha imparato ad abbracciare, un abbraccio chiassoso un po' vero e un po' falso, ha accolto tra le sue braccia così tante persone venute da lontano. La parlata pechinese sbarazzina, secca e scoppiettante, dalla pronuncia un po' blesa, non è più la benvenuta da tempo – le bambine che una volta comparivano e scomparivano infilandosi tra i vicoli parlavano proprio a quel modo. Loro con i capelli sempre puliti, vestite in modo semplice ma mai sciatto, dal carattere generoso, senza troppe invidie, che davano sempre l'impressione di lasciarsi imbrogliare facilmente. Sono passati più vent'anni, ma ogni volta che vedo una ragazzina di Pechino mi sembra sempre una di quelle dei vicoli di allora. Se immaginiamo la città come una foglia, i vicoli che si intersecano fitti sulla superficie sono le sue venature. Quando la foglia appare lucida, brillante sotto il sole, è perché le ragazzine si spostano lungo le vene, loro sono la linfa della città. I vicoli le conducono attraverso Pechino, e loro la riempiono di vita, le rendono la pelle lucente e il volto turgido, dandole calore e sensualità. Ed è per loro che io, dovessero passare anche cent'anni, sarò sempre un'assidua spettatrice delle vicende di questo luogo.

Dopo aver lasciato Pechino, una volta diventata grande mi sono stabilita a B., ogni anno ho avuto modo di tornare varie volte nella mia città. Ho il compito di visitare gli scrittori di libri per ragazzi, alla ricerca di testi interessanti per la mia casa editrice, e mi ritrovo con i miei parenti, ma quella che vedo più spesso è mia cugina Bai Daxing. Spesso lei si confida chiedendomi consigli, che poi sistematicamente ignora. Per certi versi la considero ormai senza speranza, ma continuo lo stesso a incontrarla, che ci posso fare, sono sua cugina!

In un pomeriggio di giugno, ero seduta in un taxi, la visuale fuori dal finestrino offuscata da una pioggerellina fitta. Avevo appuntamento con Bai Daxing nel grande magazzino Shidu, non lontano dal suo hotel, il Kailun. Dopo la laurea, lei era stata assegnata in quell'albergo a quattro stelle come impiegata nel sindacato dei lavoratori, poi era diventata la direttrice dell'ufficio vendite.

Arrivato a Dengshi Xikou il taxi non andò più avanti, eravamo bloccati in un ingorgo. Decisi che era meglio scendere lì, lo Shidu non era lontano. Uscita dall'auto, prese a piovere più forte, mi accorsi che mi trovavo all'imboccatura di un vicolo, sotto i miei piedi c'erano due gradini di calcare; li risalii con lo sguardo fino alla falda del tetto coperto di tegole grigie. Una volta lì c'era stata una porta, l'avevano murata con i mattoni grigi, come qualcuno che ti sta dando le spalle. Salii le scale fino ad arrivare sotto la grondaia, con l'intento di ripararmi dalla pioggia. Ma non era la ragione più importante, volevo soltanto stare lì ferma per un po'. Tenevo i piedi su quegli scalini e mai come in quel momento sentii che ero tornata a Pechino, le due file di gradini dal bordo sbrecciato di pietra scura, e poi la porta ignota che mi volgeva la schiena, la falda svettante sulla mia testa, vecchia ma non squallida, mi avevano fatto ritrovare la mia città, mi ci avevano fatto sentire con i piedi a terra, dandomi le esatte coordinate di quell'attimo. Il grande magazzino One world, l'hotel Sunworld Dynasty, il mercato New Dongan, le Galeries Lafayette, il negozio Leimeng... non erano in grado di farmi capire che ero a Pechino, nessuno di loro superava quel paio di vecchi gradini nascosti all'imboccatura di un vicolo, nell'evocare in me quelle briciole di ricordi, così nitidi – come ad esempio la sensazione del freddo.

Nei pomeriggi d'estate di oltre venti anni fa, spesso io e mia cugina Bai Daxing venivamo mandate da nostra nonna a comprare la gazosa ghiacciata, con un termos in mano andavamo al chiosco che stava all'imbocco sud del nostro vicolo. Era chiamato Vicolo del principe consorte, a nord c'era il negozio di alimentari, con i dolci, i cibi in scatola, olio, sale, salse, aceto, maiale crudo e cotto, formaggio di soia, carni di manzo e montone, pesce spatola fresco. Fuori dalla porta vendevano le verdure, disposte l'una accanto all'altra su un banco di listelli di bambù giallo chiaro, le lasciavano lì anche di notte senza paura che qualcuno le prendesse. E perché avrebbero dovuto? Chi vuoi che avesse un bisogno impellente di verdura nel cuore della notte? Per ogni necessità, il negozio di alimentari era aperto appena faceva giorno. All'estremità sud c'era il chiosco di cui parlavo. Se andavamo all'alimentari, noi dicevamo semplicemente 'andiamo a nord'; se andavamo al chiosco allora era un conciso 'andiamo a sud'

Il chiosco a sud in realtà era una piccola taverna con quattro o cinque scalini molto alti, da piccola pensavo che se dovevi arrampicarti su tutti quei gradini per comprare qualcosa, beh, doveva essere veramente prezioso. A sud niente olio, sale, salse, aceto, lì c'erano alcolici, trippa, arachidi e testa di maiale cotta, d'estate c'erano anche i gelati, i ghiaccioli e la gazosa. Ai due piccoli tavolini rotondi nell'interno, coperti da un telo di plastica rigido che scrocchiava come la sfoglia secca di farina di fagioli, erano sempre seduti un paio di vecchietti a farsi un goccio accompagnandolo con le noccioline o la trippa. Penso che la mia predilezione per la trippa sia nata lì. Sai quando è che profuma di più? Nell'attimo in cui il commesso la mette sul bancone e con il coltello la taglia a fettine sottili. Io stavo accostata al banco inspirando profondamente, non c'era dubbio quella doveva essere la carne più fragrante del mondo. Quando il commesso ci chiese cosa volevamo, io mi riscossi. "Portaci la gazosa!" Così dicevano allora i bambini di Pechino, non "Voglio comprare..." ma "Portami..." "Portaci la gazosa" "La volete fredda?" "Fredda, gazosa al corbezzolo fredda!" Esclamavamo io e Bai Daxing in una voce sola alzando il termos. Io mi ero già ripresa dall'incantamento della trippa, in quel preciso momento la gazosa al corbezzolo, ghiacciata e zuccherina era decisamente più invitante. Vicino al tagliere, c'era la ghiacciaia, uno stipo bianco con dentro il ghiaccio vero. L'inserviente non fece in tempo a sollevarne il coperchio, che noi ci stavamo già sopra. L'aria fredda ne usciva in piccoli sbuffi di nebbia bianca, pugnetti che ci martellavano il viso dandoci una splendida sensazione, le bottiglie di gazosa rossa al corbezzolo erano lì, ammassate una sull'altra alla rinfusa, sepolte sotto una montagna di grossi blocchi di ghiaccio. Lui riempiva di gazosa il nostro termos, io e Bai Daxing uscivamo dalla taverna e scendevamo gli scalini, scalini di calcare come questi, poi senza riuscire più a controllarci svitavamo il tappo. Ero sempre io a bere per prima, anche se ero la più grande. Poi avrei scoperto che Bai Daxing lasciava sempre che gli altri fossero i primi, che siano stati familiari più anziani o la sua cugina maggiore. E così io, senza tanti complimenti, bevevo il primo sorso; non saprei descrivere la gazosa ghiacciata che mi entrava in bocca, rotolava sulla lingua, scendeva giù per l'esofago e arrivava allo stomaco, l'unica cosa che ricordo chiaramente era il cuoio capelluto che di colpo si raggrinziva, diecimila aghi che mi trafiggevano le tempie, le palpebre inferiori assalite dal freddo che pulsavano febbricitanti, di un dolore crudo. Ah, quello sì che era il freddo, il freddo di ghiacciaia. Quando i frigoriferi non esistevano ancora, tutti sapevano cosa fosse il freddo vero, poi sono arrivati loro e quella sensazione è sparita senza lasciare tracce. Il frigorifero non ha mai prodotto quel freddo assoluto che penetra nelle ossa, che punge con i suoi spilli. Dopo di me, Bai Daxing beveva avidamente un lungo sorso, io la vedevo rabbrividire tutta, sul suo braccio grassottello compariva la pelle d'oca. Con il fiato corto lei mi informava, forse le era uscita un po' di pipì! Allora io, ridendo forte, le strappavo di mano il termos e bevevo un altro sorso, di nuovo aghi nelle tempie, orbite doloranti, mi sentivo d'un tratto rinfrancata. Mi voltavo a guardare Bai Daxing, lei mi seguiva trotterellando lungo il vicolo deserto. Il suono dei nostri passi spaventava Niuniu, la gatta gialla del cortile numero nove, lei spesso attraversava i tetti per venire a trovare il nostro gatto Xiaoxiong. Noi correvamo nel vicolo e Niuniu ci seguiva in alto. Hai mai bevuto la gassosa ghiacciata, eh, Niuniu? Temo che a te non capiterà mai. Correndo, in un batter d'occhio ci ritrovammo in casa. Ah, quello sì che era il freddo, il vero freddo di ghiacciaia.

Per strada io bevevo molta più gazosa di lei, Bai Daxing di questo non mi ha mai perdonato, come non ho mai pensato di darle la precedenza? Mi tornò in mente la volta che io e Bai Daxing dovevamo lavarci i capelli prima di andare a vedere il film La visita di Sihanouk in Cina, l'acqua era pronta e io dovevo per forza lavarmeli per prima. Era shampoo al tuorlo d'uovo e ne aveva il colore e la consistenza, costava otto centesimi a bustina e profumava di limone. Io avevo monopolizzato il bacile e continuavo a insaponare e a risciacquare, e quando finalmente arrivò il turno di Bai Daxing il film era quasi iniziato. Nonna le diceva di sbrigarsi, io con i capelli già puliti, le mettevo fretta in tono minaccioso, come se quella di volersi lavare i capelli fosse da parte sua una pretesa irragionevole. Alla fine lei, senza sciacquarsi bene la testa, venne insieme a noi a vedere il film. Io le camminavo dietro, vidi chiaramente che su una ciocca alla nuca era ancora attaccato un bioccolo di shampoo giallo uovo, grosso quanto un fagiolo di soia. Lei senza sapere niente, per tutta la strada continuò a far ondeggiare la chioma al vento per asciugarla al più presto. Sapevo che lo shampoo sulla testa di Bai Daxing era colpa mia, sono passati più di vent'anni ma a me sembra ancora di vedere quel bioccolo sulla sua nuca. Ho una gran voglia di parlarle di quell'incidente passato, ma Bai Daxing è fatta così, non si renderebbe conto che ci sia qualcosa di cui scusarsi, facendo fallire ogni mio tentativo di discolpa. Quindi è meglio tenere la bocca chiusa, lasciamo che Bai Daxing, Bai "grande consapevolezza", rimanga invece "nella grande ignoranza".

Lì nel vicolo di Dengshi Xikou, sotto la falda di tetto abbandonata io pensavo alla gazosa ghiacciata e allo shampoo giallo uovo fino a che, poco alla volta, non smise di piovere. Dovevo smetterla, era ora di andare allo Shidu.

Mi misi nel caffè al secondo piano ad aspettare Bai Daxing. Quel posto mi piaceva. Le poltrone vicino alle finestre con le vetrate che arrivavano al pavimento, che ti facevano sentire sospesa a mezz'aria, materializzando per un attimo un effimero, artificiale senso di privilegio. Sentivi che i tuoi orizzonti si erano allargati, potevi alzare il mento e estendere lo sguardo verso le facciate in vetro, scintillanti di rosa ai raggi del tramonto e le costruzioni di granito dall'aspetto surreale, oppure abbassare gli occhi e osservare la folla di gente che silenziosamente scorreva dentro e fuori dal gran magazzino. Prima o poi mia cugina Bai Daxing sarebbe apparsa in quel fiume di persone.

Era ancora presto per l'appuntamento, avevo tempo per starmene seduta ferma qui. Bevuto il caffè, avrei potuto vagare tra l'abbigliamento femminile del secondo piano, e nella zona degli oggetti per la casa al quarto, in particolare mi piacevano gli asciugamani di grandezze e disegni diversi, le salviette da bagno, quando ero di fronte a quegli oggetti non riuscivo a staccarmi facilmente. Ordinai il caffè in una "tazza spagnola", la grossa tazza spessa di porcellana tra le mani dava una sensazione più appagante di quella del cappuccino. Mentre bevevo, gettavo occhiate casuali ai visitatori dello Shidu che mi passavano a fianco, ripensando a ciò che Bai Daxing mi aveva detto una volta. Che preferiva guardare le cose di profilo, un palazzo, un'auto, un paio di scarpe, una sveglia, comprese le persone, il profilo di un uomo, quello di una donna. Una sua abitudine che mi faceva sorridere di nascosto, che la rendeva differente dagli altri. In fondo però cosa avrà avuto di diverso, soltanto un cuore ricolmo di inutile generosità fuorimoda, lei che si innamorava perdutamente degli uomini, senza mai esserne ricambiata. Fin da piccola era sempre stata una bambina assennata dall'aspetto banale, dal carattere docile. Come diceva nonna Zhao del cortile numero nove, una bambina generosa e sensibile...

(dalla raccolta Quanto dura un'eternita?, People's Literature Press, 2006)

Traduzione di Patrizia Liberati

铁凝

《永远有多远》

你在北京的胡同里住过吧?你曾经是北京胡同里的一个孩子吧?胡同里那群快乐的、多话的、有点缺心少肺的女孩子你还记得吧?

我在北京的胡同里住过,我曾经是北京胡同里的一个孩子。胡同里那群快乐的、多话的、有点缺心少肺的女孩子我一直记着。我常常觉得,要是没了她们,胡同还能叫胡同么?北京还能叫北京么?我这么说话会惹你不高兴——什么什么?你准说。是啊,如今的北京已不再是从前,她不再那么既矜持又恬淡、既清高又随和了。她学会了拥抱,热热闹闹、亦真亦假的拥抱,她怀里生活着多少北京之外的人啊。胡同里那些带点咬舌音的、嘎嘣利落脆的贫北京话也早就不受戴见了——从前的那些女孩子,她们就是说着这样的一口贫北京话出没在胡同里的。她们头发干净,衣着简朴(却不寒酸),神情大方,小心眼儿不多,叫人觉得随时都可能受骗。二十多年过去了,每当我来到北京,在任何地方看见少女,总会认定她们全是从前胡同里的那些孩子。北京若是一片树叶,胡同便是这树叶上蜿蜒密布的叶脉。要是你在阳光下观察这树叶,会发现它是那么晶莹透亮,因为那些女孩子就在叶脉里穿行,她们是一座城市的汁液。胡同为北京城输送着她们,她们使北京这座精神的城市肌理清明,面庞润泽,充满着温暖而可靠的肉感。她们也使我永远地成为北京一名忠实的观众,即使再过一百年。

当我离开北京,长大成人,在B城安居乐业之后,每年都有一些机会回到北京。我在这座城市里拜访一些给孩子写书的作家,为我的儿童出版社搜寻一些有趣的书稿,也和我的亲人们约会,其中与我见面最多的是我的表妹白大省(音xing)。白大省经常告诉我一些她自己的事,让我帮她拿主意,最后又总是推翻我的主意。她在有些方面显得不可救药,可我们还是经常见面,谁让我是她表姐呢。

现在,这个6月的下午,我坐在出租车上,窗外是迷蒙的小雨。我和白大省约好在王府井的世都百货公司见面,那儿离她的凯伦饭店不远。她大学毕业后就分配在四星级的凯伦,在那儿当过工会干事,后来又到销售部做经理。有一回我对她说,你不错呀刚到销售部就当领导。她叹了口气说哪儿呀,我们销售部所有的人都是经理,销售部主任才是领导呢,主任。我明白了,不过这种头衔印在名片上还是挺唬人的:白大省,凯伦饭店销售部经理。

出租车行至灯市西口就走不动了,前方堵车呢。我想我不如就在这儿下来吧,"世都"已经不远。我下了车,雨大了,我发现我正站在一个胡同口,在我的脚下有两级青石台阶;顺着台阶向上看,上方是一个老旧的灰瓦屋檐。屋檐下边原是有门的,现在门已被青砖砌死,就像一个人冲你背过了脸。我迈上台阶站在屋檐下,避雨似的。也许避雨并不重要,我只是愿意在这儿站会儿。踩在这样的台阶上,我比任何时候都更清楚我回到了北京,就是脚下这两级边缘破损的青石台阶,就是身后这朝我背过脸去的陌生的门口,就是头上这老旧却并不拮据的屋檐使我认出了北京,站稳了北京,并深知我此刻的方位。"世都""天伦王朝""新东安市场""老福爷""雷蒙"……它们谁也不能让我知道我就在北京,它们谁也不如这隐匿在胡同口的两级旧台阶能勾引出我如此细碎、明晰的记忆——比如对凉的感觉。

从前,二十多年前那些夏日的午后,我和我的表妹白大省经常奉我们姥姥的吩咐,拎着保温瓶去胡同南口的小铺买冰镇汽水。我们的胡同叫驸马胡同,胡同北口有一个副食店,店内卖糕点罐头、油盐酱醋、生熟肉豆制品、牛羊肉鲜带鱼。店门外卖蔬菜,蔬菜被售货员摆在淡黄色竹板拼成的货架上,夜里菜们也那么摆着不怕被人偷去。干吗要偷呢?难道有人急着在夜里吃菜么?需要菜,天一亮副食店开了门,你买就是了。胡同南口就有我说的那个小铺。如果去北口副食店,我们一律简称"北口";要是去南口小铺,我们一律简称"南口"。

"南口"其实是一个小酒馆,台阶高高的,有四五级吧,让我常常觉得,如果你需要登这么多层台阶去买东西,你买的东西定是珍贵的。南口不卖油盐酱醋,它卖酒、小肚、花生米和猪头肉,夏天也兼卖雪糕、冰棍和汽水。店内设着两张小圆桌,铺着硬挺的、脆得像干粉皮一样的塑料台布的桌旁,永远坐着一两位就着花生米或小肚喝酒的老头。我觉得我喜欢小肚这种肉食就是从"南口"开始的。你知道小肚什么时候最香吗?就是售货员将它摆上案板,操刀将它破开切成薄片的那一瞬问。快刀和小肚的摩擦使它的清香"噗"地迸射出来,将整间酒馆弥漫。那时我站在柜台前深深吸着气,我坚信这是世界上最好闻的一种肉。直到售货员问我们要买什么时,我才回过神儿来。"给我们拿汽水!"这是当年北京孩子买东西的开场白,不说"我要买什么",而说"给我们拿……""给我们拿汽水!""冰镇的还是不冰镇的?""给我们拿冰镇的,冰镇杨梅汽水!"我和白大省一块儿说,并递上我们的保温瓶。我已从小肚的香气中回过神儿来了,此时此刻和小肚的香气相比,我显然更渴望冰凉甘甜的杨梅汽水。在切小肚的柜台旁边有一台白色冰柜,一台盛着真冰的柜。当售货员掀开冰柜盖子的一刹那,我们及时地奔到了冰柜跟前。嗬,团团白雾样的冷气冒出来,犹如小拳头一般打在我们的脸上痛快无比,冰柜里有大块大块的白冰,一瓶瓶红色杨梅汽水就东倒西歪地埋在冰堆里。售货员把保温瓶灌满汽水,我和白大省一出小酒馆,一走下酒馆的台阶——那几级青石台阶,就迫不及待地拧开保温瓶的盖子。通常是我先喝第一口,虽然我是白大省的表姐。以后你会发现,白大省这个人几乎在谦让所有的人,不论是她的长辈还是她的表姐。这样,我毫不客气地先喝了第一口,那冰镇的杨梅汽水,我完全不记得汽水是怎样流入我的口中在我的舌面上滚过再滑入我的食道进入我的胃,我只记得冰镇汽水使我的头皮骤然发紧,一万支钢针在猛刺我的太阳穴,我的下眼眶给冻得一阵阵发热,生疼生疼。啊,这就是凉,这就叫冰镇。没有冰箱的时代人们知道什么是冰凉,冰箱来了,冰凉就失踪了。冰箱从来就没有制造出过刻骨的、针扎般的冰凉给我们。白大省紧接着也猛喝一大口,我看见她打了一个冷战,她的胖乎乎的胳膊上起了一层鸡皮疙瘩。她有点喘不过气似的对我说,她好像撒了一点儿尿出来!我哈哈笑着从白大省手中夺过保温瓶又喝了一大口,一万支钢针又刺向我的太阳穴,我的眼眶生疼生疼,人就顿时精神起来。我冲白大省一歪头,她跟着我在僻静的胡同里一溜小跑。我们的脚步惊醒了屋顶上的一只黄猫,是九号院的女猫妞妞,常串着房顶去找我们家的男猫小熊的。我们在地上跑着,妞妞在房顶上追着我们跑。妞妞呀,你喝过冰镇汽水么?哼,一辈子你也喝不着。我们跑着,转眼就进了家门。啊,这就是凉,这就叫冰镇。

白大省从来也没有抱怨过在路上我比她喝汽水喝得多,为什么我从来也不知道让着她呢?还记得有一次为了看电影《西哈努克访问中国》,我和白大省都要洗头,水烧开了,我抢先洗,用蛋黄洗发膏。那是一种从颜色到形状都和蛋黄一样的洗发膏,八分钱一袋,有一股柠檬香味。我占住洗脸盆,没完没了地又冲又洗,到白大省洗时,电影都快开演了。姥姥催她,洗好头发的我也煞有介事地催她,好像她的洗头原本就是一个无理的举动。结果她来不及冲净头发就和我们一道看电影去了。我走在她后边,清楚地看到她后脑勺的一络头发上,还挂着一块黄豆大的蛋黄洗发膏呢。她一点儿也不知道,一路晃着头,想让风快点把头发弄干。我心里知道白大省后脑勺上的洗发膏是我的错误,二十多年过去,我总觉得那块蛋黄洗发膏一直在她后脑勺上沾着。我很想把这件往事告诉她,坦白大省是这样一种人;她会怎么也弄不明白这件事你有什么可对她不起的,她会扫你要道歉的兴。所以你还是闭嘴吧,让白大省还是白大省。

我就这样站在灯市西口的一条胡同里,站在一个废弃的屋檐下想着冰镇汽水和蛋黄洗发青,直到雨渐渐停了,我也该就此打住,到"世都"去。

我在"世都"二楼的咖啡厅等待白大省。我喜欢"世都"的咖啡厅。临窗的咖啡座,通透的落地玻璃使你仿佛飘浮在空中,使你生出转瞬即逝的那么一种虚假的优越感。你似乎视野开阔,可以扬起下巴颏儿看远处夕阳照耀下的玻璃幕墙和花岗岩组合的超现实主义般的建筑,也可以压着眼皮看窗外那些出入"世都"的人流在脚下静静地淌。我的表妹白大省早晚也会出现在这样的人流里。

现在离约定时间还早,我有足够的时间在这儿稳坐。喝完咖啡我还可以去二楼女装区和四楼的家庭用品部转转,我尤其喜欢各种尺寸和不同花色的毛巾、浴巾,一旦站在这些物质跟前,便常有不能自拔之感。我要了一份"西班牙大碗",这厚敦敦的大陶杯一端起来就显得比"卡普契诺"之类更过瘾。我喝着"西班牙大碗",有一搭无一搭地看身边过往的逛"世都"的人,想起白大省告诉过我,她看什么东西都喜欢看侧面,比如一座楼,比如一辆汽车、一双鞋、一只闹钟,当然也包括人,一个男人或一个女人。白大省的这个习惯有点让我心里发笑,因为这使她显得与众不同。其实她有什么与众不同呢,她最大的与众不同就是永远空怀着一腔过时的热情,迷恋她喜欢的男性,却总是失恋。从小她就是一个相貌平平的乖孩子,脾气随和得要死。用九号院赵奶奶的话说,这孩子仁义着呐。

   

白大省在70年代初期,当她七八岁的时候,就被胡同里的老人评价为"仁义"。在70年代初期,这其实是一个陌生的、有点可疑的词,一个陈腐的、散发着被雨水洇黄的顶棚和老樟木箱子气息的词,一个不宜公开传播的词,一个激发不起我太多兴奋和感受力的词,它完全不像另外一些词汇给我的印象深刻。有一次我们去赵奶奶家串门,我读了她的孙女、一个沉默寡言的初中生的日记。当时她的日记就放在一个黑漆弓腿茶几上,仿佛欢迎人看似的。她在日记中有这样几句话:"虽然我的家庭出身不好,但我的革命意志不能消沉……"是的,就是那"消沉"二字震撼了我,在我还根本不懂消沉是什么意思时,我就断定这是一个奇妙不凡的词,没有相当的学问,又怎能把这样的词运用在自己的日记里呢。我是如此珍视这个我并不理解的词,珍视到不敢去问大人它的含义。我要将它深埋在心,让时光帮助我靠近它明白它。白大省仁义,就让她仁义去吧。

白大省也确实是仁义的。她上小学一年级的时候,就曾经把昏倒在公厕里的赵奶奶背回过家(确切地说,应该是搀扶)。小学二年级,她就担负起每日给姥姥倒便盆的责任了。我们的姥姥不能用公厕的蹲坑,她每天坐在屋里出恭。我们的父母当时也都不在北京,那几年我们与姥姥相依为命。白大省小学三年级的时候,中国很多城市都在放映一部名叫《卖花姑娘》的朝鲜电影,这部电影使每一座电影院都在抽泣。我和白大省看《卖花姑娘》时也哭了,只是我不如她哭得那么专注。因为我前排的一个大人一边哭,一边痛苦地用自己的脊梁猛打椅子背,一副歇斯底里的样子。他弄出的响动很大,可是没有人抱怨他,因为所有的人都在忙着自己的哭。我左边那个大人,他两眼一眨不眨地盯着银幕,任凭泪水哗哗地洗着脸,一条清鼻涕拖了一尺长他也不擦。我的右边就是白大省,她好像让哭给呛着了,一个劲儿打嗝儿。就是从看《卖花姑娘》开始,我才发现我的表妹有这么一个爱打嗝儿的毛病。单听她打嗝儿的声音,简直就像一个游手好闲的老爷们儿。特别当她在冬天吃了被我们称为"心里美"的水萝卜之后,她打的那些嗝儿呀,粗声大气的,又臭又畅快。"老爷们儿"这个比喻使我感到难过,因为白大省不是一个老爷们儿,她也不游手好闲。可是,就在《卖花姑娘》放映之后,白大省的同学开始管她叫"白地主"了,只因为她姓白,和《卖花姑娘》里那个凶狠的地主一个姓。有时候一些男生在胡同里看见白大省,会故意大声地说:"白地主过来喽,白地主过来喽!"

这绰号让白大省十分自卑,这自卑几乎将她的精神压垮。胡同里经常游走着一些灰色的大人,那是一些被管制的"四类分子"。他们擦着墙根扫街,哈着腰扫厕所。自从看过《卖花姑娘》,白大省每次在胡同里碰见这些人,都故意昂头挺胸地走过,仿佛在告诉所有的人:我不是白地主,我和他们不一样!她还老是问我:哎,除了和白地主一个姓,你说我还有哪儿像地主啊?白大省哪儿也不像地主,不过她也从未被人比喻成出色的人物比如《卖花姑娘》里的花妮,那个善良美丽的少女。我相信电影《卖花姑娘》曾使许多年轻的女观众产生幻想,幻想着自己与花妮相像。这里有对善良、正义的追求,也有使自己成为美女的渴望。当我看完一部阿尔巴尼亚影片《宁死不屈》之后,我曾幻想我和影片中那个宁死不屈的女游击队员米拉长得一样,我惟一的根据是米拉被捕时身穿一件小格子衬衣,而我也有一件蓝白小格衬衣。我幻想着我就是米拉,并渴望我的同学里有人站出来说我长得像米拉。在那些日子里我天天穿那件小方格衬衣,矫揉造作地陶醉着自己。我还记住了那电影里的一句台词,纳粹军官审问米拉的女领导、那个唇边有个大黑痦子的游击队长时,递给她一杯水,她拒绝并冷笑着说:"谢谢啦,法西斯的人道主义我了解!"我觉得这真是一句了不起的台词,那么高傲,那么一句顶一万句。我开始对着镜子学习冷笑,并经常引逗白大省与我配合。我让她给我倒一杯水来,当她把水杯端到我眼前时,我就冷笑着说:"谢谢啦,法西斯的人道主义我了解!"

白大省吃吃地笑着,评论说"特像特像"。她欣赏我的表演,一点儿也没有因无意之中她变成了"法西斯"就生我的气,虽然那时她头上还顶着"白地主"的"恶名"。她对我几乎有一种天然生成的服从感,即使在我把她当成"法西斯"的时刻她也不跟我翻脸。"法西斯"和"白地主"应当是相差不远的,可是白大省不恼我。为此我常作些暗想:因为她被男生称作了"白地主",日久天长她简直就觉得自己已经是个地主了吧?地主难道不该服从人民么?那时的我就是白大省的"人民"。并且我比她长得好看,也不像她那么笨。姥姥就经常骂白大省笨:剥不干净蒜,反倒把蒜汁沤进自己指甲缝里哼哼唧唧地哭;明明举着苍蝇拍子却永远也打不死苍蝇;还有,丢钱丢油票。那时候吃食用油是要凭油票购买的,每人每月才半斤花生油。丢了油票就要买议价油,议价花生油一块五毛钱一斤,比平价油贵一倍。有一次白大省去北口买花生油,还没进店门就把油票和钱都丢了。姥姥骂了她一天神不守舍,"笨,就更得学着精神集中,你怎么反倒比别人更神不守舍呢你!"姥姥说。

在我看来,其实神不守舍和精神集中是一码事。为什么白大省会丢钱和油票呢,因为九号院赵奶奶家来了一位赵叔叔。那阵子白大省的精神都集中在赵叔叔身上了,所以她也就神不守舍起来。这位姓赵的青年,是赵奶奶的侄子,外省一家歌舞团的舞蹈演员,在他们歌舞团上演的舞剧《白毛女》里饰演大春的。他脖颈上长了一个小瘤子,来北京做手术,就住在了赵奶奶家。"大春"是这胡同里前所未有的美男子,二十来岁吧,有一头自然弯曲的卷发,乌眉大眼,嘴唇饱满,身材瘦削却不显单薄。他穿一身没有领章和帽徽的军便服,那本是"样板团"才有资格配置的服装。他不系风纪扣,领口露出白得耀眼的衬衫,洋溢着一种让人亲近的散漫之气。女人不能不为之倾倒,可与他见面最多的,还是我们这些尚不能被称作女人的小女孩。那时候女人都到哪儿去了呢,女人实在不像我们,只知道整日聚在赵奶奶的院子里,围绕着"大春"疯闹。那"大春"对我们也有着足够的耐心,他教我们跳舞,排演《白毛女》里大春将喜儿救出山洞那场戏。他在院子正中摆上一张方桌,桌旁靠一只略矮的机凳,机凳旁边再摆一只更矮的小板凳,这样,山洞里的三层台阶就形成了。这场戏的高潮是大春手拉喜儿,引她一步高似一步地走完三层"台阶",走到"洞口",使喜儿见到了洞口的阳光,惊喜之中,二人挺胸踢腿,做一美好造型。这是一个激动人心的设计,这是一个激动人心的场面,是我们的心中的美梦。胡同里很多女孩子都渴望着当一回此情此景中的喜儿。洞口的阳光对我们是不重要的,重要的在于我们将与这卷发的"大春"一道迎接那阳光,我们将与他手拉着手。我们躁动不安地坐在院中的小板凳上等待着轮到我们的时刻,彼此妒忌着又互相鼓励着。这位"大春",他对我们不偏不倚,他邀请我们每人至少都当过一次喜儿。惟有白大省,惟有她拒绝与"大春"合作,虽然她去九号院的次数比谁都多。

为了每天晚饭后能够尽快到九号院去,白大省几次差点和姥姥发火。因为每天这时候,正是姥姥出恭的时刻。白大省必得为姥姥倒完便盆才能出去。而这时,九号院里《白毛女》的"布景"已经搭好了。啊,这真是一个折磨人的时刻,姥姥的屎拉得是如此漫长,她抽着烟坐在那儿,有时候还戴着花镜读大32开本的《毛主席语录》。这使她显得是那么残忍,为什么她一点儿也不理会白大省的心呢?站在一边的我,一边庆幸着倒便盆的任务不属于我,又同情着我的表妹白大省。"我可先走了"——每当我对白大省说出这句话,白大省便开始低声下气而又勇气非常地央求姥姥:"您拉完了吗?您能不能拉快点儿?"她隔着门帘冲着里屋。她的央求注定要起反作用,就因为她是白大省,白大省应当是仁义的。果然门帘里姥姥就发了话,她说这孩子今天是怎么啦,有这么跟大人说话的吗?怎么养你这么个白眼儿狼啊,拉屎都不得消停……

白大省只好坐在外屋静等着姥姥,而姥姥仿佛就为了惩罚白大省,她会加倍延长那出恭的时间。那时我早就一溜烟似的跑进了九号院,我内疚着我的不够仗义,又盼望着白大省早点过来。白大省总会到来的,她永远坐在一个不起眼的角落,虽然她是那么盼望"大春"会注意到她。只有我知道她这盼望是多么强烈。有一天她对我说,赵叔叔不是北京户口,手术做完了他就该走了吧?我说是啊,很可惜。这时白大省眼神发直,死盯着我,却又像根本没看见我。我碰碰她的手说,哎哎,你怎么啦?她的手竟是冰凉的,使我想起了冰镇杨梅汽水,她的手就像刚从冰柜里捞出来的。那年她才十岁,她的手的温度,实在不该是一个十岁的温度,那是一种不能自己的激情吧,那是一种无以言说的热望。此时此刻我望着坐在角落里的白大省,突然很想让"大春"注意一下我的表妹。我大声说,赵叔叔,白大省还没演过喜儿呢,白大省应该演一次喜儿!赵叔叔——那卷发的"大春"就向白大省走来。他是那么友好那么开朗,他向她伸出了一只手,他在邀请她。白大省却一迭声地拒绝着,她小声地嘟囔:"我不,我不行,我不会,我不演,我不当,我就是不行……"这个一向随和的人,在这时却表现出了让人诧异的不大随和。她摇着头,咬着嘴唇,把双手背到身后。她的拒绝让我意外,我不明白她是怎么了,为什么她会拒绝这久已盼望的时刻。我最知道她的盼望,因为我摸过她的冰凉的手。我想她一定是不好意思了,我于是鼓动似的大声说你行你就行,其他几个女孩子也附和着我。我们似乎在共同鼓励这懦弱的白大省,又共同怜悯这不如我们的白大省。"大春"仍然向白大省伸着手,这反而使白大省有点要恼的意思,她开始大声拒绝,并向后缩着身子。她的脑门沁出了汗,她的脸上是一种孤立无援的顽强。她僵硬地向后仰着身子,像要用这种姿态证明打死也不服从的决心。这时"大春"将另一只手也伸了出来,他双臂伸向白大省,分明是要将她从小板凳上抱起来,分明是要用抱起她来鼓励她上场。我们都看见了赵叔叔这个姿态,这是多么不同凡响的一个姿态,白大省啊你还没有傻到要拒绝这样一个姿态的程度吧。白大省果然不再大声说"不"了,因为她什么也说不出来了,"咕咚"一声她倒在地上,她昏了过去,她休克了。

很多年之后白大省告诉我,十岁的那次昏倒就是她的初恋。她分析说当时她恨透了自己,却没有办法对付自己。直到今天,三十多岁的白大省还坚持说,那位赵叔叔是她见过的最好看的中国男人。长大成人的我不再同意白大省的说法,因为我本能地不喜欢大眼睛双眼皮的男人。但我没有反驳白大省,只是感叹着白大省这拙笨之至又强烈之至的"初恋"。那个以后我们再也未曾谋面的赵叔叔,他永远也不会知道,当年驸马胡同那个十岁的女孩子白大省,就是为了他才昏倒。他也永远不会相信,一个十岁的女孩子,当真能为她心中的美男子昏死过去。他们那个年纪的男人,是不会探究一个十岁的女人的心思的,在他眼里她们只是一群孩子,他会像抱一个孩子一样去抱起她们,他却永远不会知道,当他向她们伸出双臂时,会掀起她们心中怎样的风暴。他在无意之中就伤了胡同里那么多女孩子的心,当他和三号院西单小六的事情发生后,那些与他"同台"饰演喜儿的小女孩才知道,他其实从来就没有注意过她们,他倾心的是胡同里远近闻名的那个西单小六。为什么一个十岁的小女孩能为一个大男人昏过去呢,而西单小六,却几乎连正眼都不看一下那"大春",就能弄得他神魂颠倒。

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