Un'estate fa (Camilia Baresani)
  2010-09-29 12:43:05  cri

A Los Angeles Paula Wagner non c'era più. Aveva dovuto partire improvvisamente per non si sa dove. Allora andammo a trovare un'altra amica di Arnaldo, una produttrice di videoclip.

Tutti produttori.

Rita Bixbee, capelli rossi inselvatichiti, magrissima, trucco sbavato come capita alle miopi che non sanno né metterlo né toglierlo. La tipica americana you know you know. Lo diceva ogni poche parole, ed era la cosa che capivo meglio. Purtroppo è una frase insignificante, ossessivamente interlocutoria. Abitava lungo lo spiaggione di Venice, e sotto la sua casa passava un vialetto pedonale e ciclabile percorso instancabilmente da

maniaci del fitness, perlopiù accompagnati da un cane. Era una villa mignon, costruita da un giovane architetto canadese su commissione di Rita. La facciata del piano terra rialzato era una parete di vetro, e si poteva aprirla come una serranda basculante di garage, per poi mettersi seduti con le gambe penzoloni e guardare un metro più sotto lo spettacolo del viavai. Chiusa o aperta che fosse, quella vetrata dava modo a chiunque di guardar dentro e vedere qualsiasi cosa accadesse in casa: liti di Rita con Ralph (il figlio chitarrista scioperato), furiose grattate di pruriti irresistibili, disordini anche emotivi, ubriachezze, meste solitudini involontarie. La grande sala, nonostante la vetrata aperta sulla spiaggia, puzzava furiosamente di gatto, e contai almeno cinque o sei cassettine da escrementi sparse tra le stanze. Un pianoforte a coda bianco, un tavolo tondo Knoll col

piano di marmo grigio e le sedie pure bianche di Knoll dominavano scenograficamente la sala bianca della casa bianca e acciaio, tanto che li vedevi sin dalla spiaggia.

Verso l'imbrunire, ormai tutti con lo stato d'animo allentato da un considerevole numero di joint gentilmente passati dalla bocca tumida di Ralph a quella rossastra di Rita e infine alla nostra, madre e figlio improvvisarono per noi, gli innamorati, uno strepitoso concertino piano-voce-chitarra con pezzi memorabili dei Buffalo Springfield, degli Eagles e di James Taylor. Fuori, sulla passeggiata e sulla spiaggia, la gente si fermava

ad ascoltare; qualcuno si univa al coro, perlopiù stonando. In cucina, nel caos più inimmaginabile mai visto, c'era una strana pistola trasparente, che supponevo fosse ad acqua, usata magari per colpire i passanti nei momenti di malumore o di euforia. Chiesi a Rita cosa fosse. Lei me lo spiegò, e, nell'esaltazione del momento, mi parve un oggetto straordinario. Rita, con quello che la medesima esaltazione mi spinse a considerare

un supremo atto di generosità, me lo regalò, e ancora lo custodisco. È forse l'unica cosa concreta rimasta di tutta quell'estate, cara Roberta e caro anonimo, e questo per dire

che mai nulla è perduto, qualcosa ti resta sempre comunque, e, se oggi avessi solo un minimo di iniziativa, quell'oggetto potrei importarlo, visto che qui da noi non lo vendono, e magari farei un sacco di soldi, come nei sogni faciloni di Gerry. Non solo non è una pistola, è l'antitesi di una pistola: un oggetto gentile ed etico. È un risucchia-e-spara-insetti. Se vedi uno scarafaggio o un verme o una massa di formiche o una farfalla della pasta… be', ti avvicini, premi il grilletto e l'insetto viene aspirato; poi vai sul balcone o metti il naso fuori dalla finestra, premi nuovamente il grilletto e l'insetto viene sparato fuori, verso una nuova vita, lontana dalla tua.

Dormivamo a Malibu, in un albergo sulla spiaggia. Arnaldo aveva affittato un'auto e mi portò a vedere tutte le cose che bisogna riconoscere dal vivo dopo averle viste e lette su infiniti metri di pellicola e di carta stampata: Sunset Boulevard, Beverly Hills, lo Chateau Marmont dov'era morto John Belushi, la colossale scritta "Hollywood" sulle colline a est della città… Durante quel tour dei memorabilia losangelini, volle ripercorrere il racconto del nostro amore: "E dimmi, spiegami: perché noi due insieme siamo così speciali? Dài, raccontamelo." Erano momenti di totale autocompiacimento.

Gli altri argomenti, di fatto, ci annoiavano.

Non parlammo più del mio eventuale eccitante futuro di donna incinta, come se affrontare nei dettagli l'argomento gli togliesse poesia. Certo, da quando avevamo iniziato a fare l'amore, lui non aveva mai "preso precauzioni", come si suol dire con linguaggio piatto e spoetizzante. Io, d'altra parte, da

almeno quindici anni avevo deciso di fare a meno della contraccezione, come sorda forma di protesta alle prevaricazioni maschili, e se fosse venuto un figlio, chiunque fosse il disattento da cui proveniva, me lo sarei tenuto in barba a tutti. Ma non era venuto. Meglio così, forse: un aspirante suicida in meno, m'ero consolata.

Parlavamo invece di morte, noi due, più che di vita e di futuri bambini comuni.

Ci dilungammo sulla scomparsa improvvisa dei suoi genitori e sui ricordi che purtroppo non aveva – molto peggio che se ne avesse avuti. Mi raccontò del lavorio di anni e anni per tentare di ricostruire il poco tempo che aveva trascorso con loro, quando era troppo piccolo per fissare nella memoria alcunché. Parlammo di sua nonna, quella nonna rocciosa che l'aveva amato di un amore contadinesco, cui Arnaldo non era

stato capace di mostrare sufficiente apprezzamento. E della sorella, viva in Israele ma mezza morta – quanto meno emotivamente. Più che di aspiranti genitori, le nostre erano chiacchiere di chi non riuscisse ad affrancarsi dalla condizione di figlio.

Visitammo il Getty Museum, tra un'esclamazione di piacere e l'altra. Più che per le mirabili opere d'arte esposte, lo stupore era per la magnifica superbia di voler costruire una città ideale delle arti, che col suo incontaminato travertino bianco dominasse dall'alto la metropoli delle gang negre e messicane, della fatuità e della cartapesta. Dopo il millesimo capolavoro che t'è capitato di vedere nella vita, infatti, e dopo aver accumulato

un monte sale di museo quanto mai corposo, e un monte Picasso considerevole, e un monte Raffaello di tutto rispetto, e un monte Pollock da non scherzarci sopra, cominci

a considerare più il contenitore che il contenuto, ti attraggono i musei in sé (nelle proprie architetture e collocazioni) e non ti infiammi per le opere appese alle pareti.

"Ti amerei anche se mi avessi portato a Porretta Terme," gli dissi mentre salivamo sull'aereo che, dopo nove giorni e mezzo, ci riportava a casa. Lo pensavo davvero.

Più tardi, in volo, ripensai a quella frase. Se a suo tempo fossi stata capace di far capire a mio padre che la sua unica figlia, sangue del suo sangue, lo amava anche senza promesse di vacanze, di scorciatoie, di gioielli e vestiti… Se fossi stata capace di farglielo sapere… E invece a lui quella frase non l'avevo mai detta. E neanche pensata, a dire il vero. Perché solo molti anni più tardi, ben dopo il suicidio, mi ero resa conto che dietro le sue bugie non c'era un bugiardo ma un insicuro, un ansioso, uno che – poveretto – credeva di poter essere amato solo a condizione di continuare a produrre punti esclamativi e fuochi d'artificio.

A volte mi chiedevo: com'è possibile che non esista un club di figli dei suicidi? Ci sono gli Alcolisti Anonimi, con tutte le loro diramazioni specializzate in ogni possibile forma di dipendenza: come mai nessuno ha pensato di riunire i parenti stretti di chi si è tolto la vita, in modo che possano confrontare i propri devastanti sensi di colpa, e magari lenirne il peso? Gerry ne avrebbe fatto addirittura una professione. Ma era innegabile che il suo tema, quello della paternità offesa, fosse più diffuso e anche più ricco di appeal per trasformarlo in dibattiti, articoli, campagne d'opinione.

Appena arrivata a Milano, andai a trovare mia madre. Era d'un bianco verdognolo, come la polpa di una mela, con lo stomaco gonfio e acquoso dei pesci appena pasturati. Non era quasi mai uscita, nemmeno per andare alle sue amate feste rionali. Non stava bene: respirava a fatica, molto lentamente, e diceva sempre le stesse cose – come del resto faceva da anni, ma adesso non si curava nemmeno di alternare i consueti usurati

argomenti. Era un problema di calura estiva o stava per venirle un ictus? O le era già venuto? Dopo aver cambiato sacchetto e filtro dell'aspirapolvere, avvitato un'anta scardinata della cucina, grattato via un po' di calcare dal contorno dei rubinetti, il tutto tenendola continuamente d'occhio, decisi di portarla in ospedale.

Per chiedere consiglio di fronte ai vari dubbi che mi si presentavano

(serviva davvero una visita urgente? meglio l'ospedale di Melzo o un ospedale di Milano? telefonare invece al suo medico della mutua?) chiamai sempre e solo Arnaldo. È

amore, pensai. Ormai il mio uomo è lui, Giacomo ha perso il posto. Mi si strinse il cuore, per Giacomo e per mia madre che invecchiava. Altri due che mi avrebbero lasciato, dopo che già mio padre l'aveva fatto. Le mie radici si sarebbero dissolte in un nonnulla. Sarei diventata come gli americani, che esistono solo qui e ora.

Passai la notte nella poltrona accanto al suo letto, in cardiologia. Restammo lì due giorni, aggrappate l'una all'altra pur nella totale diversità di gusti e di carattere e di vita, perché eravamo l'una l'identità dell'altra, e se fosse venuto a mancare un pezzo del nostro binomio ci saremmo trasformate in futili atomi solitari. La lasciarono andare a casa, con la richiesta di nuovi accertamenti ambulatoriali. Il ritmo dei suoi battiti sfiorava il limite oltre il quale ti mettono il pacemaker. Dopo una vita di tachicardia, era improvvisamente divenuta bradicardica: il suo cuore andava troppo adagio.

Il giorno dopo, verso sera, la accompagnai a un "evento", come lo chiamava insistentemente lei, dell'estate melzese. C'era un gruppo dialettale che si esibiva cantando e sciorinando aneddoti. C'erano bancarelle che vendevano ciarpame equo e

solidale, alternate a bancarelle che vendevano ciarpame di Legambiente. Accovacciati per terra, poi, c'erano i soliti venditori di occhiali e borse con marchi falsificati, pronti a scappar via in caso di incursione dei vigili, per tornare subito dopo. C'era una folla sgraziata per fattezze e abbigliamento, che si aggirava ciondolando con bebè ululanti, leccando gelati enormi dai colori sintetici, mangiando patate fritte puzzolenti, schiamazzando tra un bar e un fast food. Inaudita la quantità di negozi di vestiti e scarpe e mutande, tutta merce incredibilmente brutta e stereotipata. I mariti avevano pantaloni a pinocchietto e ciabattoni e canottiere e ciuffi di peli che spuntavano dalle ascelle, vestiti come se andassero in un campo a raccogliere le angurie. Le mogli arrancavano su assurdi tacchi di sedici centimetri, vestite da entraîneuse e strattonando bambinetti incolpevoli. Ma guardatevi prima d'uscire! Decidetevi! Lui trasandato, lei tirata a lucido, tutta lustrini e scosciature e tacchi. Tornai a casa amareggiata. Volevo solo rifugiarmi in cardiologia, dove tutti, almeno, avevano una bella divisa bianca. Al confronto, quello dell'ospedale era un mondo rassicurante. Con più compassione, più garbo, più grazia.

Solo dopo pensai che quella violenta sensazione di disgusto era la somma di tanti disgusti, non solo quello di Melzo. Il disgusto per gli obesi americani che barcollano per le strade mangiando e soprattutto bevendo, ficcandosi automaticamente qualcosa in bocca a intervalli regolari, in una catena di montaggio del rimpinzarsi. E il disgusto per la cucina fusion-macina-avanzi che avevo ingurgitato nei dieci giorni americani, in versione più o meno lussuosa, e che ancora stentavo a digerire. Ma soprattutto il disgusto di essere tornata a casa; di avere un buon marito e dover decidere cosa farne; di avere una madre

con attitudini e desideri molto diversi dai miei e di cui presto avrei dovuto occuparmi assiduamente, magari portandola a vivere con me. Il disgusto di essere lontana da Arnaldo, e aspettare sue notizie, e non poterlo raggiungere finché non avesse a propria volta chiarito che le sue case erano sue case e che quella Stella non poteva occuparle a piacimento, come stava facendo. E il disgusto dell'attesa, improduttiva perché unicamente concentrata sul conto alla rovescia del nostro appuntamento di sedici giorni dopo, per raggiungere insieme Cortina, noi due, gli stratosferici, la nuova coppia avvolta nel manto regale di un amore di quelli che non capitano mai. Ecco di che genere erano le cose che rimuginavo, alla fine di luglio di un'estate fa.

                                                                                                                                          (da Un'estate fa)

节选自"一个夏天前"

卡米拉•巴莱萨尼

保拉•瓦格纳(Paula Wagner)已经不在洛杉矶了,她突然去了谁也不知道的地方。于是我们去找阿纳尔多(Arnaldo)的另一个朋友,她是一位视频短片制片人。

这些人都是制片人。

她叫丽塔•比克斯比(Rita Bixbee),一头充满野性的红发,整个人瘦到极点,脸上画的妆很粗糙,就如同一个近视眼不知该怎么把化妆品抹在什么地方、也不知该怎么卸妆一样。她说话的语气是典型美国式的,每几个字中间就会加上两个"You know you know(你知道你知道)",这也是我听得最明白的单词。不过这几个词却没有任何含义,只有过度的疑问语气。她住在维尼司的沙滩边,房子下面有一条步行街,许多跑步健身的人不知疲倦地来来往往,不少人身边还跟着狗。丽塔的房子是一幢袖珍别墅,是她委托一个年轻的加拿大建筑师设计的。别墅的底层离地面有一定的高度,它的正立面大部分由玻璃组成,可以像开车库的大门一样把整个正面打开,房子里面的人就可以翘着两腿看下面熙熙攘攘的人群。那面玻璃墙不论是打开还是关闭着,外面的人都能清清楚楚地看到屋内发生的一切:丽塔跟拉尔夫(Ralph)(就是那个不再弹吉他的儿子)的争吵,混乱的情感宣泄、醉态、悲伤的孤独感,还有几只猫难以遏制地四处抓挠。别墅的客厅虽然有面向沙滩的大玻璃窗,却充满了猫的骚臭味,我数了一下,在几个房间里散落着五六个猫粪盒。客厅里摆放着一架白色的三角钢琴,一个白色大理石面的Knoll牌圆桌和几把椅子占据了这座白色别墅的白色大客厅,人们从很远的沙滩上就能看到大厅里的一切摆设。

黄昏的时候,我们所有的人都有些陶醉了,因为丽塔跟她的儿子拉尔夫为我们这对恋人即兴演奏弹唱了很多歌曲,这些曲子有的从拉尔夫厚厚的嘴唇中传出,有的来自丽塔大红的嘴,还有的则来是我们的合唱。在钢琴、吉他的伴奏中,我们唱了Buffalo Springfield, Eagles还有James Taylor这些歌手或乐队的经典曲目。外面的沙滩上和步行街上,都有不少人驻足聆听这场喧闹的音乐会,有的人还跟我们一起合唱,虽然大部分人都唱跑了调。在乱作一团的厨房里,我看到了一把奇怪的透明手枪,我猜测那是一把水枪,没准是在高兴过度或者发泄怒气的时候用来袭击过路人的。我问丽塔这到底是什么东西,她给我解释了一番,在当时那种兴奋状态下,我觉得那真是一件不同寻常的东西,于是她就把那把枪送给了我,同样在那种兴奋状态之下,我当时觉得丽塔真是慷慨之至,直到现在我还保存着它。亲爱的罗贝塔和亲爱的无名氏,它或许是那个夏天留给我的唯一具体的东西,因此也可以这么说,什么都不会失去,总会有一些东西留给你,今天假如我有一点儿进取精神的话,我就会进口这种东西,既然我们这里还没有人销售,没准可以像杰瑞(Gerry)异想天开的梦想中那样,我可以靠它发一笔财。其实它可不是手枪,而是手枪的对立面:善良而合乎伦理,它是一种吸捕—释放昆虫的工具:如果你在自己家里发现了一只蟑螂、一条小虫、一堆蚂蚁或者小飞虫,那你就拿着这个工具贴近它们,一扣扳机,虫子就会被吸到它里面,然后你走到阳台上或者把它伸到窗外,再一扣扳机,虫子就被射到外面,远离你的生活,开始自己的新生活。

我们住在马利布(Malibu)海滨的一家宾馆里。阿纳尔多租了一辆车,带我去亲身感受那些只是在电影和杂志上看过无数遍的地方:日落大道、贝弗利山、约翰•贝鲁西(John Belushi)去世时下榻的马蒙特城堡酒店、城东部山丘上巨大的"Hollywood"……在那趟游览洛杉矶名胜之地的旅行当中,他不断谈论我们的爱情:"告诉我,你给我解释一下:我们在一起的感觉为什么如此特别?快说啊。"他说这些话的时候完全陷入一种自我陶醉的状态,而其它的时候,我们都觉得有些无聊。

我们不再谈论假如我成了一个怀孕的女人该是一件如何让人兴奋的事,似乎谈到这些细节会让我们的关系失去诗意。当然,我们一开始做爱的时候就从来没有"采取谨慎措施",这当然是一种平淡、毫无诗意的说法。而我至少有十五年都不使用避孕手段,这样做等于是对男性滥用自己身体的一种无声抗议;就是怀上了孩子,不论是来自哪个不小心的男人,我都会对所有的人保持沉默。但我从来没有怀上过,我安慰自己道,或许这样更好,这世界上就会少一个尝试自杀的人。

而我们两个人经常谈到死亡,而不是生命和未来共同抚育的孩子。

我们时常谈论他父母的突然过世,谈论那些他觉得很遗憾不曾拥有的回忆,这种感觉要比真正拥有那些回忆痛苦很多。他向我讲述自己多少年来都在尝试追忆那些跟父母度过的有限时光,但当时他的年龄太小,无法在记忆中固定住任何东西。我们谈起过他的奶奶,一个以农民特有的方式爱过他的、如岩石般的女人,而阿纳尔多仍然无法对自己奶奶表现出足够的感恩之情。我们还谈到过他生活在以色列的姐姐,但从情感上来说,她对阿纳尔多来说跟去世了差不多。从聊天的内容来看,我们两个人与其说梦想成为人之父母,倒不如说难以摆脱为人之子的心态。

我们在难以抑制的惊叹声中参观了盖蒂博物馆,一方面是为里面陈列的令人赞叹的艺术品,但更多的是钦佩博物馆的创办者建立这座艺术之城的豪情壮志,白色大理石构成的建筑群傲视这座遍布由黑人和墨西哥人组成的黑帮、充满平庸和虚假的大都市。实际上当你看过成千上万件艺术杰作、参观过大量藏品丰富的博物馆、大量毕加索的重要作品、大量拉斐尔的名画、大量波洛克的抽象画之后,你开始更加关注这些艺术品的容器而不是它们的内容,博物馆的建筑外观及其地理位置对你的吸引力更大,而墙上挂的作品已经不会感打动你。

"即使你只是带我去了波雷塔•泰尔梅(Porretta Terme)这样的小地方我也爱你。"九天半之后,当我们登上返程的飞机时我对他这样说道。我也确实是这么想的。

后来在飞机上,我反复思考这句话。假如父亲在世的时候我要是能让他明白,他唯一的女儿,他的亲生骨肉,即使没有得到去度假、获得人生捷径、珠宝、衣服等等这些许诺或者东西,也一样会爱他……假如我能够让他明白这一点……而这样的一句话我却从来没有对他说过,说实话,连想都没有想过。因为只是在很多年以后,在他自杀后的很长一段时间,我才明白在他谎言的背后并不是一个说谎的人,而是一个没有自信、焦虑的人,可怜的他认为,只有不断带来让人惊喜和灿烂的东西才会被人所爱。

有时我问自己:怎么没有自杀者后代的社团?既然有匿名酗酒者社团,而且还扩展到任何形式的依赖症患者,为什么没有人想到把自杀者的亲属们聚集在一起,能让他们抒发一番心中难熬的负罪感呢?或许这还能减轻大家的心理负担。杰瑞甚至还有可能把这种事变成自己的职业,但不可否认的是,他所关心的父权遭受侵害的问题更为普遍,更有吸引力,更容易将其转变为辩论会、文章和让人们发表意见的活动。

一到米兰我就去找我的母亲。她苍白的脸上泛着苹果一样的淡绿色,因为刚刚吃完鱼,她的肚子鼓涨。她几乎从不出门,连最喜欢的社区聚会也对她失去了吸引力。现在她的情况不太好,呼吸困难而缓慢,总是在重复同样的话,虽然这些年她一直都是这样,但现在她连那些话题都懒得转换一下。是因为天气太热还是中风的前兆?或者她已经中风了?我一面照看着她,一面做了一些家务活:更换吸尘器的过滤器和垃圾袋、把一扇橱柜门的螺丝拧紧、去除水龙头上的水垢,最后我还是决定带她去医院。

面对一大堆的问题(是否需要挂急诊?是去附近的梅尔佐医院还是去米兰市内的医院?还是先给她的医疗合作社医生打电话?),我总是只给阿纳尔多打电话,我想这就是爱情,如今我的男人就是他,贾科莫(Giacomo)在我心中已不复存在,我的心头隐隐作痛,既因为他也因为我日渐衰老的母亲。在父亲离开我之后,这两个人也终将离我而去,我的根将化为乌有,我将变得像美国人一样,只生活在此时此地的现实之中。

我在医院心脏病病房的躺椅上陪母亲度过了一夜,虽然我们两人的生活品味和性格截然不同,但在住院的两天里,我们却几乎片刻不离地依偎在一起,感觉彼此都是对方的影子,似乎如果这种密切关系缺失了一块,我们都将会变成没有任何意义、孤独的原子。后来医院让母亲回家养病,只要求她定期到医院复诊。她的心律已经到了最低限度,差一点就必须植入起搏器;她这一辈子都是在心跳过速的状态下生活,而现在却心跳过缓。

回到家里的第二天,天近傍晚的时候,我陪她去参加一场"活动",这是她对在梅尔佐这个地方举行的露天聚会的固定说法。那里有一群人用方言唱歌、讲述奇闻轶事;还有一些卖各种闲置物品和环保协会义卖的货摊;此外还有那些买假冒名牌眼镜和箱包的小贩,他们蹲在地上,随时提防着前来突击检查的警察们并跟其玩捉迷藏的游戏。那里还有一群举止和衣着都俗不可耐的人,带着吵闹的小孩东游西逛,有的人边走边舔着充满色素的巨型冰激凌,吃着气味难闻的炸薯条,在酒吧和快餐店之间喧闹地游荡。从来没有见过有那么多的服装店、鞋店和内衣店都在卖样式陈旧、难看的东西;那些拖家带口的男人们穿着短裤背心,大把的毛从腋下冒出来,他们这种打扮就如同要下地摘西瓜一样;他们的妻子则脚蹬十六公分高的高跟鞋,穿得像女主子一样,不时地猛拽着身边无辜的小孩。这些人出门前为什么不好好看看自己的形象!然后再做决定!男人衣着不得体,女人满身光亮、露着大腿、鞋跟夸张地高。我沮丧地回到家,只想躲回到医院里去,至少那里的人都穿着漂亮的白大褂,与刚才看到的一切相比,医院给人以安全感,而且更温馨、彬彬有礼甚至优雅。

后来我才意识到这种强烈的厌恶感是许多厌恶感累积的结果,梅尔佐的所见所闻只是其中的一部分;我厌恶那些肥胖的美国人在大街上边走边吃边喝,像生产线的机器一样每隔一段时间就往自己的嘴里塞东西;我厌恶在美国的十天中吃过的那些混合-磨碎-过量的食物,虽说多多少少算得上是奢华版的食物,但直到现在我还没有完全消化;但更让我感到厌恶的是回到家里那个好丈夫身边,不得不要做出自己的决定;厌恶自己很快就必须辛苦地照顾生活习惯和态度都跟自己完全不同的母亲,或许还要把她接到自己身边一起生活。我厌恶远离阿纳尔多、等待他的消息,在他没有弄明白哪些房子属于他之前、在那个叫斯泰拉(Stella)的女人不能再像现在那样随意占据这些房子之前,我无法跟他相聚;我讨厌这种徒劳的等待,因为我的注意力完全都放在十六天后在科尔提纳(Cortina)的约会上,时间在倒计时中度过,期待着那一天我们被那种前所未有的爱情氛围包裹着、冲上幸福的九天云霄。这些就是我在去年夏天七月底苦思冥想的一切。

                                                                                                                                                  (曹金刚 译)

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