Cari amici, oggi vi porteremo in visita in una città dal fascino particolare, Lhasa, il capoluogo della regione autonoma del Tibet, sulle orme di un personaggio speciale, il poeta Tsangyang Gyatso, il 6° Dalai Lama.
Quando ad oriente la luna
Si alza sulle alte cime dei monti
Il volto sorridente di Makie Ame
Riaffiora nel mio cuore.
Cari amici, avete appena ascoltato la più famosa poesia di Tsangyang Gyatso, e un brano della canzone da questa ispirata interpretata dal gruppo "Makie Ame", formato da sette giovani tibetani.
La poesia ci presenta le alte cime dei monti rocciosi a nord del Potala, a Lhasa, dove Tsangyang Gyatso viveva, su cui si alza la luna. Il Potala si trova nella parte ovest di Lhasa, a qualche chilometro di distanza dal tempio Jokang, nel centro storico della città, fondato nel settimo sec. d.C. Gli stretti vicoli del centro sono affiancati da case a due piani dalle pareti bianche, simili a fortezze, recentemente sottoposte ad un' intensa opera di restauro da parte del comune. Eccoci nel Barkor, il circuito sacro percorso dai pellegrini intorno al Jokang, ora affiancato da file di bancarelle di souvenir, negozi, case da tè e trattorie. Sul lato sud-est, un edificio dalle pareti gialle ospita il ristorante-casa da tè "Makie Ame", nel luogo che si dice abbia ospitato fra la fine del 17° e l'inizio del 18° secolo gli incontri clandestini di Tsangyang Gyatso con una ragazza chiamata Makie Ame. In realtà Makie Ame in tibetano significa "donna da cui non sono nato", col senso implicito di amante. Tsayang Gyatso era un poeta, il che, nonostante il suo ruolo religioso, lo portò a condurre una vita libera accanto alla gente comune. Frequentava spesso le osterie del Barkor, percorrendo a piedi o a cavallo la distanza che lo separa dal Potala, la sua residenza ufficiale sulla cima del Marpori, il Monte Rosso.
Negli anni trenta del secolo scorso, a Lhasa esistevano le matrici in legno di una sessantina di poesie di Tsangyang Gyatso, in cui egli riflette sulla precarietà della vita, sulle turbolenze della politica e società del tempo, sulle pulsioni della carne, sulla gente che lo circondava e sulla sua particolare posizione di leader religioso. In seguito gliene sono state attribuite altre centinaia, per lo più di argomento amoroso, ben lontane dalla purezza del suo stile e dalla profondità della sua riflessione. Il testo originale in tibetano era in realtà una lunghissima poesia, divisa in seguito dai traduttori in lingua cinese secondo il contenuto. Quindi è difficile risalire al numero esatto e all'autenticità delle sue composizioni.
Durante le sue scorribande notturne, Tsangyang Gyatso amava andare a piedi o a cavallo, trascurando la portantina ufficiale, e mescolarsi alla gente comune. Una sua poesia dice:
Mastino che guardi la porta
Devi essere più obbediente degli uomini
Non dire che esco di notte
E che ritorno sono all'alba!
Nei vicoli della vecchia Lhasa, specie nel Barkor, un tempo si aggiravano molti menestrelli e danzatori itineranti, che rallegravano i passanti con le loro canzoni. Negli Anni Cinquanta del secolo scorso, Bazhu Sudayagu era il più famoso menestrello del Barkor. Di lui si ricorda il seguente ritornello cantato alle donne di passaggio:
Il tuo viso è tondo come la luna piena
I tuoi fianchi sono sottili come un giunco
I tuoi capelli sono morbidi come l'erba
Sei bella come un fiore!
Cari amici, ora lasciamo gli anni Cinquanta e ritorniamo all'epoca moderna, ascoltando la "Canzone d'amore del 6° Dalai Lama", interpretata da Dadawa, nome d'arte di Zhu Zhiqin, una famosa cantante pop cinese. Il motivo ripresenta l'atmosfera di un appuntamento serale clandestino fra il giovane Tsangyang Gyatso e una bella ragazza di Lhasa, fra l'abbaiare dei cani, il vento, mantra e sospiri.
Cari amici, per rimanere nell'atmosfera incantata dell'appuntamento notturno nei vicoli della vecchia Lhasa, ecco un'altra poesia di Tsangyang Gyatso:
Al crepuscolo sono andato in visita al mio amore
All'alba c'è stata una forte nevicata
Mantenere o no il segreto è lo stesso
Le mie orme sono rimaste sulla neve…
Cari amici, Tsayang Gyatso, nato nel 1683 nei pressi di Tawang, nell'attuale Stato indiano dell'Arunachal Pradesh, era di etnia Monpa, e venne presto riconosciuto come reincarnazione del grande 5° Dalai Lama. Portato nei pressi di Lhasa dal reggente, venne ufficialmente insediato solo nel 1697. Per la complessa situazione politica del tempo e i lunghi anni trascorsi nell'adolescenza fuori dal Potala fra la gente comune, egli amava la vita libera, quindi usciva spesso in città vestito di abiti comuni, frequentando osterie e ragazze. Quando usciva dal Potala, adottava un altro nome, secondo la sua poesia:
Quando risiedo al Potala
Mi chiamano l'iniziato Tsangyang Gyatso
Quando scendo fra la gente di Lhasa
Sono il vagabondo Tenzin Wangbo.
Ecco di seguito una poesia che esprime la contraddizione fra pulsioni amorose e aspirazioni religiose:
Quel giorno
Ad occhi chiusi fra il fumo degli incensi
Ho sentito all'improvviso
Le sacre parole della tua preghiera.
Quel mese
Ho fatto girare tutti i mulini di preghiera
Non per espiare i peccati
Ma solo per toccare la polvere delle tue dita.
Quell'anno
Ho percorso genuflettendomi i sentieri di montagna
Non per un'udienza
Ma solo per toccare la tua dolcezza.
Quell'era
Ho girato intorno a monti, fiumi e pagode
Non per prepararmi a una migliore rinascita
Ma solo per incontrarti lungo la via.
Cari amici, avete appena ascoltato una canzone interpretata dalla cantante tibetana Yangjin Lamu, intitolata "Canzone d'amore". Lo Shambala, di cui è originaria Yangjin Lamu, è una zona montuosa del nord dello Yunnan famosa per la bellezza delle sue vallate e dei suoi laghi immersi nei boschi. Chiamata fino a qualche anno fa Zhongdian, ha adottato il nome Shambala in riferimento al mitico paradiso tibetano, ed in effetti lo è, specialmente in maggio, quando le vallate sono ricoperte di azalee in fiore. Ad ovest di Shambala si aprono le vallate che portano in Tibet, passando accanto al meraviglioso monte innevato Meilixueshan. A un migliaio di chilometri di distanza, i locali non capiscono affatto il dialetto di Lhasa, per darvi un'idea dell'enormità della zona abitata dall'etnia tibetana in Cina.
Ascoltiamo ora "La persona più cara", un motivo sempre interpretato da Yangjin Lamu.
Cari amici, ora ritorniamo a Lhasa, capoluogo del Tibet, una città antica e moderna dominata dalla mole imponente del Potala, dove Tsangyang Gyatso visse alcuni anni. Oggi è ancora possibile visitare la sua sala di preghiera, ma non la sua pagoda funeraria, infatti egli morì lontano da Lhasa, pare accanto al Lago Qinghai, mentre era diretto a Beijing per presentarsi a Kangxi, l'imperatore cinese del tempo. Al momento della morte aveva solo 26 anni. Nel corso di una recente visita al Potala, la guida Senjie ci ha detto: Eccoci nella sala di preghiera del 6° Dalai Lama, Tsangyang Gyatso, poeta e musicista, di cui nel Potala non esiste la pagoda funeraria. Infatti alla morte del 5° Dalai Lama, la notizia venne tenuta nascosta a lungo dal reggente. Era un'epoca molto difficile, ed il 6° Dalai è stato una vittima del tempo. Era un poeta, quindi si sentiva molto triste qui, ed usciva di nascosto fra la gente comune per capirne la vita, scrivendo delle poesie molto amate dai tibetani. Le canzoni moderne tibetane e anche cinesi usano i suoi versi, ed i giovani tibetani usano spesso le sue parole nel linguaggio amoroso.
Cari amici, avete appena ascoltato il motivo "Ragazza, ti amo", interpretato da Sulang Zhaxi, un giovane tibetano della zona di Aba, nel Sichuan. Il motivo è rimasto per 3 mesi al terzo posto nella classifica mondiale delle canzoni in lingua cinese, per indicare il livello del successo raggiunto sia in Cina che all'estero. Il testo dice fra l'altro: Capelli lunghi e occhi neri, mi sembra di averti già vista; i fiori sui monti si sono aperti, voglio coglierne uno per te. Ragazza, ti amo, lasciami entrare nel tuo mondo…
Cari amici, le poesie di Tsangyang Gyatso sono pervase dalle contraddizioni dell'amore, come la seguente quartina:
Primo, la cosa migliore è non incontrarsi
Così non ci si innamora
Secondo, la cosa migliore è non conoscersi
Così non si soffre di nostalgia.
Nella leggenda tibetana, Tsanyang Gyatso non morì accanto al lago Qinghai, sulla via per Beijing per presentarsi all'imperatore Kangxi, ma peregrinò a lungo in Mongolia interna, in India ed in Nepal. La cosa interessante è che nella leggenda egli condusse una vita religiosa, occupandosi solo della propagazione del Buddismo, ormai lontano dalle passioni amorose. In un piccolo monastero della zona di Alashan, in Mongolia interna, si trova la sua pagoda funeraria, simbolo di una sua possibile presenza nella zona. Una delle sue ultime poesie dice:
Gru bianca nei cieli
Prestami le tue ali
Non volerò lontano
Andrò solo a Litang, e ritornerò.
In effetti, il bambino in cui si reincarnò Tsangyang Gyatso, il 7° Dalai Lama, venne trovato proprio a Litang, una cittadina tibetana nell'ovest del Sichuan, posta su delle infinite, verdi praterie a 4000 metri di altezza.