Le mie brevi raccomandazioni sul rapporto vitale tra Europa e Cina
  2015-03-12 23:47:55  cri

Poi c'è l'altro problema del trasporto aereo, che tocca turismo e merci. Non a tutti è noto quanto fossi andato vicino ad un accordo - discutendone con il primo ministro cinese mio collega a quei tempi, Wen Jiabao - fra l'Italia e Air China. Accordo che semplicemente ritenevo di grande interesse cinese, perchè forniva ai cinesi un ingresso in Europa, un hub per l'Africa ma fuori dall'Africa e un punto di passaggio per l'America Latina. Specularmente era grande interesse dell'Italia essere la porta di ingresso dei turisti cinesi. Poi le cose sono andate diversamente, il mio governo è andato via, però... resta il problema di fare sistema a livello di Paese e segnare una strada per gli investimenti e i trasporti fra i due Paesi, perché noi possiamo ancora essere la porta dell'Europa per la Cina. E i rapporti politici così buoni, così forti, sono qualcosa che anche ai cinesi è gradito, pur senza voler mai sovrastimare il ruolo e la dimensione del mio Paese, che tanto amo.

Tutto quanto ho detto sinora è propedeutico ad un altro capitolo che mi preme sfogliare: Italia e Cina possono lavorare insieme nel Terzo Mondo, in Africa. Noi abbiamo un'expertise su numerosi paesi africani e la Cina è l'unico Paese al mondo che ha una politica africana a livello continentale, con grandi successi e anche grandi problemi. Una cooperazione italiana in Paesi terzi è importante soprattutto adesso che è nata una banca destinata sicuramente ad un grande sviluppo, la banca dei Brics. Attenzione, questo è un altro cambiamento globale, che porta del pluralismo tra le grandi banche pubbliche internazionali: non c'è più solo la Banca Centrale Europea o la Banca Europea degli Investimenti ma anche una terza banca (la Banca dei Brics, cioè di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) che vede nella Cina la maggiore forza propulsiva. I confini di questa banca e la sua operatività non sono ancora ben definiti: la vedo però avanzare con un'energia e una dimensione che non mi attendevo. Ecco un altro layer di cooperazione che dobbiamo utilizzare.

Inoltre la Cina, se leggiamo l'ultimo Piano Quinquennale e i dibattiti successivi, sta, diremmo noi con linguaggio politico italiano, "cambiando modello di sviluppo", cioè sta articolando in modo molto forte un politica economica verso i consumi, guidata anche dal processo di urbanizzazione che vedrà nei prossimi 10 anni un fortissimo spostamento di masse dalle campagne alle città, creando quindi consumi diversi. Tutti immaginano che di questi maggiori consumi beneficeranno anche le imprese italiane esportatrici, ma ci sono già ora consumi molto elevati ai quali noi italiani abbiamo qualcosa da offrire – e parlo non solo dei beni di lusso, dei nostri raffinati prodotti agricoli e della meccanica strumentale. Voglio parlare della sanità. Ho fatto numerosi seminari in Cina in cui ho osservato che l'Italia spende nella sanità fra il 7 e l'8 % del prodotto nazionale lordo, gli Usa spendono fra il 17 e il 18%, la Germania il 13-14%... ma noi italiani viviamo 5 anni più a lungo degli americani. Avremo pure qualcosa di buono da insegnare... penso proprio di sì!

Quanto ho sommariamente elencato sono le cose che un Paese che sappia organizzarsi come tale può offrire e che rivestono un'importanza enorme per i legami futuri. Esse servono anche ad aiutare la Cina a progredire in modo equilibrato e a non fermare il proprio sviluppo che ancora corre il rischio di grandi squilibri.

Sono questi secondo me i grandi capitoli che dobbiamo studiare, affinché questa amicizia diventi, da commerciale e culturale, anche un legame globale e veramente ci porti a sviluppare rapporti molto profondi, indispensabili per il nostro futuro e, consentitemi di dirlo, anche per il futuro della Cina.

Il rapporto con l'Europa è secondo me vitale per la Cina. L'Europa ha ultimamente perso tanto, certamente. Sono passati più o meno dieci anni, ed ancora ricordo i miei incontri annuali di presidente della Commissione europea col presidente cinese, che era assolutamente affascinato dall'euro come un grande evento politico e non come strumento dei banchieri. Le cose in Europa sono andate in questa giusta direzione per un po', poi ci si è fermati. Ricordo bene una frase del presidente cinese: "noi compreremo tanti euro quanti dollari e li metteremo nelle nostre riserve, perché se accanto al dollaro ci sarà l'euro ci sarà anche più posto per la Cina nel mondo". Era un'affermazione di straordinaria importanza, ma poi noi abbiamo perduto la nostra visione europea. Oggi siamo ancora forti, ma senza la capacità di essere un interlocutore politico.

Termino queste mie brevi raccomandazioni, che non sono un'analisi scientifica, così: sono sei anni che in Cina insegno alla business school di Shanghai, la China Europe International Business School. E' un altro legame tra noi, in cui però il partner China sta diventando sempre più grande e quello Europe sempre più piccolo, mentre la scuola cresce, cresce, cresce... In ogni periodo di insegnamento ho sempre tenuto dei seminari sull'Europa, sui rapporti Europa-Cina, sulla Via della Seta, a volte anche sull'Italia, nei momenti in cui c'erano dei passaggi sensibili, ma per la prima volta quest'anno nel mio programma non c'è più un seminario sull'Europa. Non interessa più... Stiamo attenti, questo è gravissimo! Mi hanno chiesto di parlare dei rapporti fra Usa e Cina come se fossero Atene e Sparta di fronte ai problemi del Peloponneso. Un approccio indubbiamente molto raffinato ma... dal mio programma è scomparso il seminario sull'Europa.

Questo va contro la storia, va contro il nostro interesse e va contro la mia passione personale.

(L'autore è stato Presidente della Commissione Europea e Primo ministro in Italia)


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