I chip, Calvino e il calcio
di Qin Bei
Qin Bei, nato nel 1981, si è laureato all’Istituto di cultura militare presso la National Defence University of People's Liberation Army e ha maturato una lunga esperienza di lavoro nel settore dei semiconduttori. Le sue opere Il ritorno del cuore e Sono eroe sono state pubblicate su diverse riviste di letteratura cinese tra cui “Contemporanea”.
Qualche decina di anni fa partecipai per la prima volta ad una conferenza stampa organizzata da STMicroelectronics cui presero parte anche due speaker, un direttore tecnico italiano e un suo collega francese.
Le aziende di chip più avanzate al mondo sono principalmente americane e anche per questo motivo ero piuttosto interessato a partecipare ad un’attività organizzata da aziende non statunitensi. Inoltre, questa aveva per metà sangue italiano e ciò mi rese ancora più curioso.
Il direttore tecnico era un tipico italiano che, con i suoi gesti e la sua espressività traboccante, riuscì in un attimo a catturare la mia attenzione. Dopo averlo osservato per una decina di minuti ebbi l’impressione di riuscire a “capire” completamente la sua lingua.
Calvino disse che gli stranieri che hanno frequenti contatti con gli italiani possono scoprire che loro, quando parlano, spesso si fermano a metà frase. A quel tempo ero uno straniero senza molta esperienza di lavoro con gli italiani e ascoltando di nuovo - attentamente e per intero - le sue parole ho scoperto di essere stato fuorviato dal suono prodotto dalla sua lingua.
In quegli anni STMicroelectronics aveva appena costituito la sua sede generale nella zona di Greater China, a Shanghai, e in soli 10 anni gli introiti ottenuti sul mercato cinese arrivarono ad occupare un quarto del totale.
Inoltre, in quel decennio presi parte a diverse altre attività di STMicroelectronics nel corso delle quali conobbi diversi amici italiani, tuttavia fu quel direttore tecnico ad aver lasciato in me l’impressione più profonda: era come un personaggio di un libro di Italo Calvino, vivace e figurativo.
Non intendo ora dare troppo spazio a figure letterarie poiché vorrei concentrarmi su un altro argomento discusso in passato da Calvino: l’industria.
In un articolo scritto nel 1962, proprio sul tema dell’industria, Italo Calvino indicò che sebbene fossero poche le opere letterarie ambientate nelle fabbriche o che parlassero della condizione degli operai, era comunque importante ricordare che, sia le fabbriche che gli operai, avevano occupato un posto molto importante nella storia del pensiero degli ultimi cento anni.
Nello stesso articolo, Calvino aggiunse che il ruolo degli operai, come protagonisti della storia e della filosofia, hanno guadagnato una posizione di assoluta priorità nella storia della cultura, influenzando fino ad oggi tutte le definizioni del concetto di vita operaia anche nell’ambito dell’arte poetica.
Da queste parole è possibile percepire l’insoddisfazione dello scrittore italiano nei confronti del fatto che la letteratura fosse rimasta indietro nella trattazione di diversi temi, compreso quello della cultura industriale. Gli anni ‘60 del XX secolo rappresentano una fase di tumultuoso sviluppo per l’industria; in quel periodo, mentre lavorava alla redazione della rivista Menabo con Vittorini, Calvino organizzò un’importante discussione su “letteratura e industria” per esplorare una nuova forma di romanzo capace di far conoscere alle persone il tema della trasformazione degli esseri umani nella società moderna.
Sono passati circa 60 anni dal tentativo e dall’impegno di Calvino su questo argomento. Un ciclo composto da 6 decenni è chiamato in Cina con il nome di “Yijiazi”; in questo ultimo “Yijiazi” l’industria ha portato profondi mutamenti al nostro pianeta, alle nazioni, ai popoli, modificando addirittura la sorte e la condizione degli individui. Un aspetto ancora più importante è che in questo periodo di tempo l’industria è stata caratterizzata da una trasformazione più incisiva.
STMicroelectronics nacque proprio all’epoca in cui Calvino organizzò la discussione sul rapporto tra letteratura e industria. Aziende di questo tipo rappresentano ancora oggi la punta di diamante dell’industria, mentre i loro prodotti, i chip, stanno inducendo il sistema industriale inferiore ad adottare modalità di produzione sempre più automatiche e intelligenti: in questo modo sarà possibile creare un coordinamento maggiore tra macchine e robot con una sempre minore presenza di manodopera. Tuttavia è anche possibile osservare come, in concomitanza con la liberazione delle persone dai lavori pesanti, le macchine e i robot stanno diventando avversari in grado di lanciare una sfida difficile all’esistenza stessa degli esseri umani.
Proprio come nel corso di un ciclo “Yijiazi”, l’aspetto principale che le persone esprimono è la loro “ansia di sopravvivenza”. Mentre 60 anni fa si trovavano a fronteggiare questioni politiche, oggi si trovano davanti al tema della tecnologia e della lunga ombra che il capitale getta su di essa.
Quando osservo e descrivo le persone che lavorano nel settore dei semiconduttori, mi viene sempre in mente quel direttore tecnico italiano. È possibile che in futuro diventi il personaggio di un mio libro e farò come disse Calvino: “Appena l'immagine è diventata abbastanza netta nella mia mente, mi metto a svilupparla in una storia, o meglio, sono le immagini stesse che sviluppano le loro potenzialità implicite, il racconto che esse portano dentro di sé.”
Com’è nata la storia su quell’italiano? È stata una cosa curiosa, com’era curioso il forte accento che emergeva dal suo inglese. Durante l’intervallo decisi di fare due chiacchiere con lui; iniziammo a parlare di calcio, una delle ragioni per cui già da allora mi piaceva tanto l’Italia. Fu in effetti la squadra nazionale italiana che partecipò alla Coppa del Mondo del 1994 che sostituì il “bianco e nero” con cui a quel tempo osservavo il calcio con un tocco di “azzurro”.
Quel direttore tecnico mostrò stupore per le mie conoscenze sul calcio italiano. Io gli dissi che sin dalla fine degli anni’80 la televisione nazionale cinese trasmetteva le registrazioni delle partite o alcuni video delle azioni salienti delle gare di Serie A. Questo spiegava perché sia la nazionale italiana che le squadre di club avevano in Cina molti tifosi, proprio come me.
Il calcio ha immediatamente accorciato la distanza tra noi, così come è stato calcio in tempi recenti ad avvicinare l’Italia alla Cina. Ricordo che non parlammo di Italo Calvino; non sapevo se a lui piacevano i suoi libri, né se si rendesse conto della distanza che crea separazione tra gli esseri umani nella nostra epoca moderna.
Per la gente di oggi sembra che il calcio sia passato da puro divertimento a passatempo confortante con cui rispondere all’alienazione portata dalla società contemporanea. Il calcio stesso non si riesce a staccarsi dal controllo e dall’alienazione imposti sia dalla tecnologia che dal capitale.
Sulla questione del potere della tecnologia e del capitale, immagino che anche quel direttore tecnico abbia il suo proprio modo di sentire. È inoltre possibile che ami Calvino e che sia a conoscenza dei problemi di cui si è parlato prima. Forse il suo viaggio in Cina si è trasformato in una storia scritta da lui, ed io – una persona che ha visto solo una volta – sono diventato un personaggio della sua storia.
Naturalmente, sebbene Calvino fosse preoccupato per l'alienazione dell’essere umano, è riuscito ad uscire dal labirinto pessimista e negativo del modernismo scrivendo non solo del senso di perdita e di decadenza che coinvolge l’umanità, ma anche del risveglio e della lotta delle persone. Si tratta di una cosa molto utile per noi poiché ci aiuta ad avere una visione più oggettiva di questo mondo.
La tecnologia e il capitale hanno effettivamente imposto al mondo la loro volontà, ma lo hanno anche migliorato attraverso la produzione industriale che ha portato benefici tangibili ad un gran numero di persone. In qualità di cinese, questo tema ha esercitato su di me un’influenza profonda.
In un chip possono essere inserite tutte le informazioni presenti in una libreria e il nuovo millennio è molto diverso da quello passato. Tuttavia quando Calvino parlò del millennio alle porte nel luogo di nascita della terza rivoluzione industriale, non si preoccupò troppo della fine della letteratura e dei libri nella cosiddetta era post-industriale della scienza e della tecnologia, poiché secondo lui vi erano alcune cose che solo la letteratura avrebbe potuto offrire.
Dunque, abbiamo ancora bisogno di portare avanti la discussione su “letteratura e industria” che potrebbe corrispondere ad un tema tipico della nostra epoca: l’industria 4.0 nata dal 5G e dall’intelligenza artificiale sovvertirà il concetto di industria che abbiamo attualmente. Se il risultato finale sarà quello di una “fabbrica automatica senza operai”, quale strada si troverà a percorrere l’umanità?
Alla vigilia della quarta rivoluzione industriale siamo in attesa di una luce intelligente e calda che potrebbe donarci speranza.
Questa speranza sarà data agli esseri umani ma anche alla letteratura, in particolare la speranza che la letteratura non sia più “seduta”, ma in cammino o di corsa, come in una partita di calcio… oppure potremmo davvero giocare a calcio, perché per gli scrittori, sempre davanti ad un tavolo, costringere il proprio corpo in uno stato non naturale può essere considerato come una forma di alienazione.